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(ioi$i) ALLA SCUOLA DI PIANOFORTE DEI PROFESSORI BOERIO, FERRARIA E GILARDINI DI TORINO ì . 1 AL LETTORE La vasta opera intorno all'arte del Pianoforte^ che Luigi Alberto Villanis si proponeva di compiere come sèguito aitarle del Clavicembalo (i), obbedendo allo stesso principio ordinatore^ sarebbe apparsa divisa e disposta, salvo qualche modificazione di lieve importanza^ nei seguenti volumi: Libro I. — Italia. „ II. — Francia. „ III. — Belgio, Olanda, Alsazia e Svizzera. „ IV. — Germania ed Austria. „ V. . — Boemia e Moravia, Polonia, Ungheria. „ VI. — Svezia e Norvegia, Danimarca, Fin- landia e Russia. „ VII. — Inghilterra, Scozia, Irlanda, Ame- rica del Nord. Un doppio concetto guida i diversi raggruppamenti : affinità di stile o meglio di scuola e di tendenze; divi- sione proporzionata dei singoli libri. L'Arte dei Pianoforte in Italia sarebbe stato così il primo volume: ciò giustifica il maggior sviluppo della parte generale, comune ai vari libri, in relazione allo studio speciale per P Italia. (i) L. A. Villanis, VarU dtl Clavicembalo, — Torino, Bocca, 1901. I' CAPITOLO I. LE PREMESSE, LE SCUOLE, L'INDIRIZZO DEL PERIODO CONSIDERATO §1- Lo sviluppo deirumana attività, sia esso considerato nella scienza, nell'arte o nelle volgari manifestazioni della vita, presenta all'osservatore aspetti diversi a se- conda dei tempi: e sono queste varie apparenze che, •osservate a distanza, sembrano segnare un netto distacco fra runa èra e l'altra, fra l'uno e l'altro momento della via sociale. Si ripete nella storia quel fenomeno che tutti avvertiamo, non appena da lungi si vada conside- rando una vasta catena di monti. Le creste più aguzze ■campeggiano nel cielo, separate dalle gole più profonde •e dalle più estese vallate: onde quelle e queste sole ci ■colpiscono, e delle une e delle altre serbiamo facile memoria dietro le semplici indicazioni di una guida. Tuttavia, se ci appressiamo a quei monti e ne ten- tiamo l'ascesa, tutto un mondo prima ignorato ci si apre dinanzi, tutta una serie di picchi e vallette e burroni si rivela allo sguardo. I rapporti di distanza e di eleva- jzione, così semplici e perspicui nella prima fase della nostra conoscenza, ora si annebbiano e si complicano : i confini tra valle e monte a grado a grado si fanno incerti : e quanto più a lungo il nostro viaggio si indugia su quelle terre, tanto più salda sorge in noi la convin- zione che la prima conoscenza, affatto schematica, non l'arte del pianoforte in ITALIA rispondeva alla realtà delle cose. Ora noi possediamo- l'esatta topografia dei siti: e sappiamo per prova che una linea matematica di confine non esiste in natura, e- solo può sorgere quale frutto di convenzioni umane. Di tal fatta è la storia del periodo artistico su cui ver- tono le nostre ricerche. Chi leggermente osservasse, potrebbe credere che per delineare la storia dell' arte- pianistica fosse necessario e sufficiente il prendere le mosse dalla sola invenzione del pianoforte : e la biografia del Cristofori nostro, il saggio sui modelli che segnano le fasi della sua scoperta, l'accenno ai competitori costi' tuirebbe in tal modo un punto netto di partenza per lo studioso. Senonchè l'arte del pianoforte, quale attual- mente esiste, non può scindersi dal ciclo glorioso del clavicembalo, come questo a sua volta non potrebbe essere conosciuto da chi non avesse riguardo alla prima genesi delle forme istrumentali. È una tra le conseguenze di quella evoluzione che regge tutti i fenomeni dell'esi* stenza, per cui anche nella vita dell'arte Natura non facit saltus. Così per lungo tempo le forme pianistiche sono coeve a quelle che sulla tastiera a becco di penna trillavano ancora ostinate e pettegole, rifiutando i chia- roscuri dovuti all'effetto dinamico del martello, cinci- schiando il disegno con gli agréments della passata tradizione. Così pure durante un periodo di tempo non indifferente i compositori, nel licenziare alle stampe le proprie opere, segnano sulla copertina l'indicazione: per clavicembalo o pianoforte. Gli stessi abbellimenti^ filiazione gioconda del clavicembalo, perdono solo a malincuore l'attrattiva un giorno esercitata: onde allor- quando con Mozart e Clementi l'èra nuova si afferma, ci accorgiamo di aver valicato una punta di altezza mira- bile, ma non possiamo ancora dire quale sia stato il momento preciso in cui cominciò la discesa nel versante novello. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI Dati questi principi, l'arte del pianoforte, anziché stac- carsi con taglio netto dall'era passata, ad essa in gran parte si riannoda: anziché prendere cronologicamente le mosse da un punto fisso, costituito dalla logica ine- sorabile d'una data, ha duopo di appoggiarsi sopra un postulato, e di allenarsi con preparazione speciale. Il primo coefficiente suppone che il lettore già siasi reso padrone dello sviluppo assunto dalla tastiera profana sotto l'impero del clavicembalo : il secondo esige la cono- scenza sia dell'ambiente artistico verso cui ci inoltriamo, sia ancora dei nuovi orizzonti e delle nuove tendenze sociali. Vediamo brevemente l'uno e l'altro fattore. § n. Lo sviluppo assunto dall'arte del clavicembalo nell'ul- tima sua fase, e propriamente in quella parte che venne intitolata da / Successori, rappresenta quasi il momento storico del nuovo periodo, e costituisce la premessa necessaria per lo studio da noi intrapreso. Infatti, come già il Condor cet osservava (i), ogni periodo storico è figlio dei periodi che lo hanno precorso, ed alla sua volta influisce su quelli che lo seguiranno; o in altri termini, secondo l'espressione più moderna di Ippolito Taine (2), nello studio di ogni fatto sociale è necessario tener conto strettissimo della velocità che il moto degli spiriti ha raggiunto. Questa velocità alla sua volta ci indica la direzione verso cui le tendenze dell'ambiente si sono a grado a grado orientate, ci rivela l'energia ch'esse potranno sviluppare per il conseguimento dei loro ideali: e nel caso nostro comprende la somma di lavoro spesa nella graduale trasformazione dei piccoli ed imperfetti saggi primitivi, tentati sulla tastiera a becco di penna, sino all'apogeo che le forme ad essa affidate (i) Exquisse d'un tableau historique des progrès de Vesprit humain. Génes, Gravier, 1798: ediz. 4*. (2) Histoire de la littérature anglaise, préface. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI hanno raggiunto sotto gli sforzi di un Purcell in Inghil- terra, d'uno Scarlatti in Italia, d'un Couperin in Francia, dei carilloneurs fiamminghi nei Paesi Bassi, dei Bach nelle terre germaniche. Per tal modo " TArte del clavicembalo „ , cui rimando il lettore (i), diviene la premessa necessaria del nostro studio : ed il sistema generale in essa seguito e le par- ticolari suddivisioni qui si riproducono, come cerchi mag- giori di onda originati da un unico centro di scotimento iniziale. A quel modo che il primo paragrafo dell'opera comprendeva in breve ciclo gli incunaboli della tastiera a becco di penna, così le fasi di sviluppo da essa subite costituiscono alla loro volta gli incunaboli dell'arte, che nel pianoforte si manifesta. È l'eterna legge dell'evolu- zione che d'uno in altro moto trascina le manifestazioni vitali ; e poiché nel progressivo differenziarsi degli orga- nismi la struttura generale si complica, così vediamo ampliarsi in questo nuovo studio la serie delle premesse necessarie per l'esatto apprezzamento dello sviluppo artistico contemporaneo. In quelle ère lontane, da noi descritte, la tastiera a becco di penna si era dapprima industriata pazientemente a fine di sfruttare tutte le risorse che i modesti mezzi di espressione fornivano all'artista. In seguito nell'opera di un grande virtuoso aveva raggiunto lo sviluppo mag- giore : finché, allorquando il virtuosismo era fiorito alla massima altezza, tentava di allargare la sfera della sua azione, creando quadri musicali ove la fantasia dell'ar- tista sembrava vagheggiare le risorse dell'orchestra. In quest'ultima fase l'opera d'arte già si informava ad ideali maggiori : ma l'essenza puramente pianistica delle opere (i) ViLLANis L. A., L'arte del Clavicembalo, Bocca, Torino, 1901. IO l'arte del pianoforte in ITALIA rinunziava ai suoi veri caratteri, tentando un'invasione nei terreni dell'orchestra (i). Orbene, in quest'ultima fase per l'appunto si apre il regno del pianoforte. La tastiera a martelli non ha più dovuto lottare, come l'antica, per la trasformazione delle forme imperfettissime che con immensa difficoltà si scio- glievano dalla tradizione vocale imperante, dai saggi organar!, dalla tecnica del liuto e del violino. Essa ha trovato una ricca falange e compatta di forme già costi- tuite, ha mosso i primi passi in un ambiente saturo di geniali tesori. E così avvenne che, erigendosi a conti- nuatrice del ciclo trascorso, potè per proprio conto pro- seguire il suo viaggio trionfale nelle terre conquistate, ampliando sempre più i modelli già elaborati dai cla- viccmbalisti: e riuscendo alla produzione di opere, ove spesso si intuiscono gli orizzonti d'un'arte puramente orchestrale. * * Siamo così penetrati nel campo delle scuole, con cui s'apre il nuovo periodo. Già nelle ultime decadi del set- tecento la immensa facilità acquistata da Haydn e Mozart nel trattare l'orchestra aveva lasciato traccia nelle loro creazioni per clavicembalo e per pianoforte. Una maggior ampiezza di forme, per chi finemente osservi, ed una più sicura distribuzione delle sonorità offerte dalla corda bat- tuta già in essi apparisce, con criterio ignoto ai prede- cessori. Non è raro il caso in cui le opere da essi lasciate assumano quasi il carattere di schizzi quartettistici : e (i) V. L'arte del Clavicembalo, § I, pag. ii. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI II poiché rinsegnamento pratico di Carlo Filippo Emanuele Bach alla sua volta si era staccato dai severi andamenti polifonici del padre e già sanzionava sul pianoforte quello stile che potremo dire " lirico „ , ne riusciva singolar- mente semplificato il passaggio alla fase novella della tastiera. Il metodo del giovane Bach insiste sulla neces- sità di ottenere un buon canto sul pianoforte ; l'arte mo- zartiana con questi principi collima: e sull'ultimo de- cennio del secolo XVIII la tecnica crescente di Muzio Clementi, Dussek, Steibelt, Mailer e Cramer accentua il progresso dell'arte pianistica per modo, da costituire due gruppi ormai nettamente fra loro determinati : l'uno capitanato dal Clementi, l'altro dal Mozart, e comune- mente appellato " scuola di Vienna „. Chi arrestasse lo sguardo alla sola tecnica della com- posizione, avrebbe già dati sufficienti per riconoscere l'un gruppo dall'altro. Mozart, ampliando le forme hayd- niane, mira ancora essenzialmente alla sostanza musicale dell'opera creata: onde l'idea e la sua traduzione pia- nistica si succedono quasi come due momenti ben deter- minati nella composizione. Clementi per contro,, cono- scitore perfetto non solo della tecnica pianistica ma ancora di tutto il meccanismo inerente alla costruzione del pianoforte, pensa come la tastiera esige e supera l'autore del Don Giovanni sia nel carattere brillante degli effetti, sia ancora nell'estensione che le opere sue sulla tastiera assumono. E per verità chi esamini le so- nate di Haydn e Mozart, le trova racchiuse per lo più nell'estensione di 5 ottave, che talvolta si eleva a 5 e mezza, e raramente raggiunge 6: mentre in Clementi l'estensione di 6 è quasi normale, e non di rado si spinge fino a 6 e mezzo. Inoltre i contemporanei soiio concordi nell'asserire la superiorità sua sotto l'aspetto della pie* nezza di sonorità, della rapidità fulminea di attacco, della maschia efficacia espressiva : ed il Pauer non esita a col- 12 l'arte del pianoforte in ITALIA locare le sue sonate fra i modelli più puri che la com- posizione pianistica possa ancor oggi vagheggiare, tutto in esse concorrendo a condensare nella pagina creata una falange di effetti sicuri. Tali differenze erano ancora accentuate per lo spirito d'esecuzione che animava le due scuole : ed esso, quasi a riconfermare con un nuovo esempio la verità di quanto osservammo suir influsso d'ambiente, più che da vero sentire personale era derivato dalla qualità dei pia- noforti adottati. Clementi si valeva di strumenti in- glesi in cui la maggior caduta del martello strap- pava alle corde una sonorità più vigorosa: inoltre la chiarezza cristallina del suono, unita con questa pie- nezza di voce, vibrava imponente nei rapidi passaggi di terze e seste e ottave ripetute, nel fiero attacco e preciso di interi accordi ribattuti o seguentisi in rapida successione. Mozart per contro ed i successori si per- fezionavano sui pianoforti viennesi, più dolci e carezze- voli e siffattamente sensibili al tocco, da rispondere alla minima pressione del tasto. Qualche cosa dell'antico clavicembalo, per quanto si riflette alla grafia femmi- nile delle sonorità, riviveva in questi prodotti : e mentre la cedevolezza somma del tasto guidava spontanea alla leggerezza del tocco, la minor tenuta di voce delle corde suggeriva una maggior rapidità nelle successioni del canto, un alternare di arpeggi, un giocherellare di abbel- limenti che con grazia squisita trillavano nella vocina gentile di quegli strumenti, e circondavano di sonorità ideali le pagine eseguite. Di fronte a questa soave snel- lezza, che rivive in parte nelle opere di Hummel e Moscheles, la poderosità dello stromento inglese gui- dava gli studiosi e gli interpreti a forza maggiore mu- scolare ed a più vibrata sicurezza di attacco : ed in pari tempo l'esecuzione del " cantabile „ riusciva facilitata dalla tenuta di voce, creando a poco, con questi vari PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 13 coefficienti in apparenza trascurabili, tutto uno stile d'interpretazione e tutta una gloriosa falange di con- certisti. Questo vocabolo rappresenta al vivo il tipo dominante della scuola clementina. Mentre il carattere più intimo del pianoforte viennese si sposava mirabilmente alla musica per camera, la veste brillante che i seguaci del Clementi rinvenivano nel pianoforte, meglio rispondeva a voli maggiori. Così quell'elemento orchestrale, che Parte di Haydn e Mozart quasi inconsciamente e timi- damente infiltra nelle creazioni per la tastiera, ora viene di proposito ampliato : il virtuosismo a sua volta spinge i fabbricanti ad accrescere le risorse del nuovo stro- mento : e Parte clementina, riaffermata negli allievi, im- pronta tutto il ciclo iniziale cui si rivolgono le nostre ricerche. Più delicata, meno atta alle battaglie sonore del nuovo periodo, la scuola viennese presto tramonta, dopo la morte di Mozart. Quell'equilibrio mirabile, che egli aveva saputo ottenere fra la tecnica e l'elemento ideale, nei successori si turba a tutto scapito di quest'ul- timo fattore; e dopo aver raggiunto altezze peregrine in Moscheles ed Hummel, con Voelfl, Steibelt, Czerny ed Herz scorda il primo carattere. Invece la tecnica del Clementi si sparge lontana nell'insegnamento, suscita Cramer, Field, Berger, Klengel, ha nuovi riflessi in Kalkbrenner e Mayer; finché, allorquando nella piena fioritura dell'arte nostra le due correnti sembrano quasi riunirsi nella rude e personale efficacia di Beethoven, ancora il ricordo dementino rivive non solo nell'alta stima che dei suoi precetti questi faceva, ma ancora nella tecnica pianistica che imprime alle opere del grande un fiero suggello orchestrale. In due modi in ispecie gli artisti dell'era moderna sembrano aver vagheggiato questo sogno. Talvolta il compositore, piena la fantasia dei caratteri che contrad- 14 l'arte del pianoforte in ITALIA distinguono le varie famiglie di corde^ legni ed ottoni, si propone di darci la riproduzione diretta di queste sonorità complesse; ed allora lo sviluppo robusto del ripieno sorge dall'attacco diretto della nota, dalla distri- buzione reale degli accordi che volentieri risuonano in posizione ristretta ed in serie ribattute. Ciò conferisce -airassieme un carattere alquanto massiccio che per l'ap- punto ritroviamo nell'opera beethoveniana, e nello stesso Brahms lascia traccio sensibili; e si riconnette col periodo <:lassico dell'arte pianistica, derivando in modo diretto dalla tecnica di Muzio Clementi. Altra volta invece il compositore si accontenta di farci presentire tali effetti, senza in realtà curarne la ripro- duzione diretta sulla tastiera; e ci troviamo allora di fronte all'arte elegantissima e schiettamente personale di Chopin, ove la posizione lata degli accordi, \\ carat- tere arpeggiante della loro struttura, uniti al giuoco del pedale, suscitano il ripieno degli armonici, vibranti con un effetto che invano si tenterebbe ottenere dalla nota realmente battuta, e che suggerisce l'incanto di ac- cordi misticamente tenuti dalle batterie dei legni in un'or- chestra ideale, mentre gli archi martellano il disegno melodico, e la rude potenza degli ottoni tratto tratto prorompe con fascino passionale. Quest'ultima forma, più moderna, si svolgerà con Chopin ad insuperabile altezza, trasformando in gran parte la trattazione pianistica passata. Entrambe poi concorsero a suggerire nuovi effetti alle stesse compo- sizioni strumentali. La sonorità delle corde vibranti per simpatia sotto l'impero del pedale ha infatti riscontro nelle lunghe armonie destinate a reggere ed a riscal- dare il disegno della composizione, su cui riposa tanta parte degli effetti strumentali moderni; e spesso nel corso del presente volume saremo tratti a ricordare quest'influenza decisiva, da cui abbiamo nuovo insegna- PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 15 mento sulla complessità delle cause, onde il fatto arti- stico risulta (i). (i) Sulla modernità di vedute che negli stessi clavicembalisti ap- parisce, V. KiSTLER C, Die Klassiker und ihre Harmonie^ in Neue Musik-Zeitung, 1895, n*» 12. Per altre note sul carattere pianistico v. Reinecke C, The Beethoven pianoforte Sonatas in Monthly Musical Record, Londra, 1897. Eccellente lo studio del Pauér nel Diz. del Grove, voce Pianoforte (Pianoforte-Music : Pianoforte-Playing), Infine, suU'apparire della personalità arti- stica nell'opera di Sebastiano Bach, v. Schering A., Back's Text- behandlung, Lipsia, C. F.Kant, 1900; Schweitzer A., J. S. Bach, le musicien poète. Lipsia, Breitkpf u. Hàrtel, 1905. § III. La conoscenza tuttavia delle scuole, appartenenti an- ch'esse al momento storico in cui muove il nostro studio, non sarebbe guida sufficiente alla indagine critica. Essa infatti ci rivela la velocità che gli spiriti avevano assunto in tale periodo, la direzione verso cui tendevano, la somma di energìe che l'èra scorsa loro tramandava; ma questa velocità e queste energie alla loro volta si movevano in un mezzo, atto a moderarne con partico- lari attriti lo slancio, od a facilitarne con energie con- cordi il cammino. Eccoci per tal modo ricondotti allo studio dell'am- biente; quadro vasto e complesso in cui varie correnti si intrecciano e per diversa via concorrono allo sviluppo delia produzione. Alcuni fattori riguardano il solo am- biente pianistico, e possono riassumersi nelle influenze dovute sia alle risorse orchestrali, sempre pronte a suggestionare l'artista, sia ancora ai coefficienti d'espres- sione propri della nuova tastiera. Tutti poi sono assor- biti dal grande ambiente sociale, ove le mutazioni poli- tiche ed ì nuovi ideali filosofici campeggiano con dominio esclusivo. Anzitutto, allorquando con Clementi e Mozart le scuole di pianoforte si affermavano, le risorse orchestrali consi- PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 17 derevolmente accresciute e la riforma gluckiana venivano trascinando alla loro volta i compositori su nuovo sentiero. All'iniziativa di Lully ed all'impulso di Rameau, intesi a ripristinare sulla scena l'espressione drammatica che il virtuosismo dei cantori minava nelle sue fondamenta, si era già unita l'azione gioconda degli operisti buffi italiani : e questo sangue giovanile che riscaldava le vene dell'opera nazionale, contrapponeva l'espressione sin- cera della vita ai gorgheggi sia degli elefanti canori, come li appellava il Parini, sia delle cantarìne mirabili, contro cui si era scagliata la satira spiritosa del nostro Marcello (i). L'opera semiseria talvolta aveva fatto pal- pitare gli episodi comici, caricature brillanti della vita quotidiana, nella compagine fossile dell'opera seria; tal'altra aveva regalato a questa i nuovi modelli creati , ove l'aria in forma di rondò, il pezzo d'assieme costrutto con intenti drammatici ed il finale concertato variavano la grandiosa, ma stereotipa successione delle arie con il ^ da capo „ di origine scarlattiana (2). Sorgeva frattanto il nuovo indirizzo del Gluck e verso la metà del settecento la riforma si affermava più viva nel campo dell'opera. L'elaborazione artistica degli ita- liani, creando la forma completa della grande aria, aveva additato ai compositori un alto elemento di bel- lezza musicale; ma questa, che in forma fissa e solida- (i) // teatro alla Moda. Venezia, 1720: ristampe veneziane, 1727» 33. 38; ristampa fiorentina, 1741. Una bella riproduzione mo- derna fu fatta dal Ricordi. (2) Su questa struttura formale e inalterata dell'opera antica, riesce interessante la conoscenza delle varie forme tipiche assunte éùiiVAria, Vedi per questo punto lo studio di Jenks F.H., nel Grove, voi. II, voce Opera, in ispecie dove definisce i caratteri delle cinque categorie cardinali: Aria cantabile^ Aria di portamento ^ Aria di mezzo carattere^ Aria parlante. Aria di bravura: pagg. 509, 510 e 511. L. A. ViLLANis, Varie dd pianoforte in ItaUa. 2 l8 l'arte del pianoforte in ITALIA mente costrutta racchiudeva un senso completo, riusciva dannosa all'espressione drammatica, poiché ai cangia- menti impensati che un testo poetico poteva suggerire, sostituiva la condotta sistematica da cui sono rette le forme della musica pura. A quel modo che la sonata, il quartetto, la sinfonia classica tendono ad una bellezza formale di cui sino ad un certo punto possiamo stabi- lire a priori la struttura schematica, così quella fioritura melodica perfettissima s'imponeva anche sul palco ai compositori. Onde Cristoforo Gluck, ispirandosi ad un concetto che già si era affermato sin dagli inizi del- l'opera in musica, poteva dire che " sull'atto del com- porre si dimenticava di essere musicista „ perchè come tale non avrebbe potuto negare il fascino di quella forma di per sé completa e creatrice di una pura bellezza for- male: mentre, seguendo più strettamente il valore del testo poetico, la preoccupazione di tale bellezza passava in seconda linea e lasciava più libero il campo all'ele- mento passionale. L'orchestra, obbligata a colorire e commentare il recitativo espressivo, disciplinava le voci molteplici, sorpresa tratto tratto dalla sua stessa efficacia drammatica che i grandi italiani avevano pre- sentito, e su cui era sceso il velo del semplice accom- pagnamento. Le falangi strumentali s'accrescevano nel numero, si perfezionavano nella valentìa degli esecutori, si specificavano nelle funzioni e nell'uso degli strumenti. Il pubblico sempre più s'accostava all'arte, ne risentiva la suggestione, ne bramava l'incanto: la vita del palco famigliarizzava col popolo. Tutti questi fattori erano presenti ai musicisti che ne subivano l'influsso. Simili ad apparecchi registratori della pressione morale, noi avvertiamo le variazioni ed i tra- passi che l'ideale subisce nel mezzo in cui viviamo : che se la costituzione privilegiata del nostro essere ci guidi a riversare all'esterno in un simbolo la corrente riflessa PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI Ip ■ delle eccitazioni subite, allora nell'opera d'arte rivivono quelle stesse tendenze, da cui la concezione nostra venne fecondata. Ciò che si appella creazione, più acconcia- mente potrebbe definirsi una elaborazione felice e spesso inconscia di quel materiale, che l'ambiente ha fornito: ìmagine lucente e suggestiva ove^ quasi per forza di lente, si raccolgono le radiazioni perdute della luce diffusa. Aggiungete ora la potenza espressiva dei nuovi giuochi di chiaroscuro che la tastiera offriva all'artista : fate che questi, già per tante influenze condotto a drammatiz- zare le sue creazioni, si trovi sotto le dita i molteplici effetti di piano e di forte, pressoché sconosduti al vecchio clavicembalo: alle sonorità evanescenti di una corda, pizzicata dal becco di penna, sostituite il canto ora rude ■e potente nell'attacco, ora dolce e carezzevole della corda battuta: condannate all'oblìo i saltarelli pettegoli del meccanismo detronizzato e col nostro Cristofori mettete arditamente in onore il martelletto: ampliate a grado a grado le dimensioni del nuovo pianoforte, dategli le gradazioni infinite di voce che suscitino l'incanto d'un ripieno orchestrale: e avrete un tal cumulo di coeffi- cienti suggestivi, da comprendere come l'arte nuova si trovasse trascinata verso il nuovo orizzonte étWespres- sione, già ricercato dai predecessori, ma solo in questo periodo elevato sino al trionfo del vero elemento psi- cologico, sino al graduale abbandono del classicismo per le romantiche manifestazioni dell'ultima ora. * * Eccoci giunti per tal modo, s'io non m'inganno, alla definizione del carattere che dominerà l'intero ciclo da -Xi- 20 l'arte del pianoforte in ITALIA noi abbracciato, e che si riassume nella ricerca pro- fonda di stati d'animo, nell'asservimento graduale delle formule classiche all'espressione di quelV " io „ pressoché indefinibile che si agita nell'anima delFartista. Senonchè alla sua volta la visione di quest' " io „ è subordinata allo stato . generale degli spiriti e delle coscienze: onde^ ultimo anello d'una catena di indagini, gli sguardi nostri si debbono ora indirizzare all'ambiente sociale ed alla ricerca delle tendenze filosofiche, ove la tradizione len- tamente dileguava, e la psicologia a grado a grado si svolgeva dalla filosofia dogmatica delle ère trascorse. <♦» § IV. Col cadere del settecento l'Europa era corsa da uno spig- rito nuovo di libertà che, per varie vie diffondendosi, trascinava al periodo delle rivoluzioni. I moti del 1789 in Francia, quelli del 1820 in Ispagna, del 21 e degli anni successivi in Piemonte e negli altri stati d'Italia, del 48 in Austria e Germania tendevano alla proclama- zione della sovranità popolare. È bensì vero che i go- verni a base di parlamenti male rispondono e in modo - imperfetto allo scopo: ma in ispirito essi costituivano la dichiarazione più chiara e decisiva dei nuovi prin-^ cipi. L'uguaglianza, almeno in teoria, era sostituita alle Caste e ai privilegi: la libertà eretta a sistema: la par- tecipazione alla cosa pubblica man mano estesa alle masse: e sopratutto quel gran bene, e quel male im- menso dell'istruzione, a grado a grado invadeva l'uni- verso europeo. Così il risveglio che l'opera degli Illuminati, dei Liberi pensatori, degli Enciclopedisti aveva da tempo iniziato nelle diverse regioni, acquistava veste ufficiale: la ca- duta di alcuni principi autoritari guidava ad abbatterne altri : l'intelletto umano accresceva la fede nelle proprie indagini, la ricerca e lo studio dei fatti guidava alla sco- perta di nuove leggi, l'associarsi di queste cacciava fatai- 32 LARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA mente gli spiriti sul sentiero del positivismo. E per l'ap- punto questo positivismo reggerà l'intero ciclo da noi studiato, manifestandosi in quelle stesse forme che più sembrino allontanarsi dalle sue vestigia: perchè la ri- cerca positiva, invadendo il campo delle scienze filoso- fiche, conduceva alla psicologia: e l'espressione affan- nosa di stati psicologici, la rivelazione musicale d'ansie e di sogni. e pensieri evanescenti nel sogno costituisce la genesi del nuovo romandcbmo pianìstico, si eleva a creatrice di una nuova poesia musicale : la poesia del dolore. Dopo tanto architettare di sistemi metafisici, di fronte alla rifioritura delle scienze per opera di indagine posi- tiva, anche gli spiriti filosofanti si chiedevano se la ricerca a posteriori non potesse meglio del metodo aprioristico guidare alla conoscenza delle cause finali. Tolte le premesse fondamentali della metafìsica, anche il mondo dell'umana conoscenza vacillava: quindi si cercò un terreno meno incerto per l'editìcazione dei nuovi sistemi. Ora unico punto di certezza che 1'" io „ . potesse rintracciare appariva essere quello della propria esbtenza: ciò aveva rivelato il Descartes, ciò risultava dalle indagini dei posteriori sensisti. 11 mondo infinito dei fatti estemi si riduceva alla pura apparenza feno- menica, era una semplice rappresentazione interiore: base di ogni conoscenza era la sola coorte dei fatti intemi, senza cui ogni concezione esteriore non avrebbe orbine. E da questo punto la psicologia positiva si im- poneva allo studioso, la vita psichica umana abbando- nava definitivamente il paradiso delle origini divine per ridursi a semplice risultato della vita sensoriale. Ora tali tendenze che, per mille gradì accentuate, ci colpiscono nei filosofi, erano lentamente maturate nello spirito dei tempi, saturando l'ambiente e trascinando nel vortice dell'evoluzione la coscienza del popolo. Onde PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 23 anche Tartista si rìsentìva dì questo spirito nuovo: ed a quel modo che nelle prime decadi del 1800 un caldo soffio di romanticismo rimutò la letteratura europea, così un nuovo bisogno pressoché inconscio guidava i compositori a cammino dianzi quasi ignorato. Le forme classiche in questo trapasso non si alterano se non con grande lentezza : solo, in cambio di essere come per il passato meta a se stesse, divengono il mezzo di cui Far* tista si vale per tentare l'espressione oscura di stati d'animo, la rivelazione di un mondo passionale. In altri termini la forma sopravvive, il contenuto si altera: e Riccardo Wagner, commemorando Beethoven nel 1870, potrà dichiarare che tutta l'arte del grande sinfonista consiste nell'aver asservito le formule classiche alla espressione di quell' '^ io „ latente che si agita in fondo all'anima creatrice (i). £ poiché la scontentezza prevale (i) Wagner R., Beethoven (traduz. Lasvignes). Vsirìgi, Fisch- bacher, 1902. Per lo sviluppo generale dei mezzi tecnici espressivi, V. RiEMANN H., Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahr- hundert, Leipzig, 1898: e più specialmente Rietsch H., Die Ton- kunst in der zioeiten Hai/te des neunzehnten Jahrhunderts, Leipzig, 1900. Per quello riflettente le nuove correnti pianistiche, V. Mathews W. S. B., The evolution of the pianoforte etude. « Music » a Monthly Magazine, Chicago, gennaio 1899: The piano- forte and piano music in the XIX Century; id. ibid., marzo 1900, Per Tevoluzione generale della musica nel secolo XIX**, v. Parry C, The evolution of the Art of Music ^ 2* edizione. London, Triibner, 1897. Henderson W. J., How music developed: a criticai and explanatory account of the growth of modem music, Murray, London, 1899. Riemann H., Geschichte der Musik seit Beethoven. Berlino e Stuttgart, 1901. V. pure il sunto d'una lettura fatta dal NiECKS, Su lo sviluppo dello stile musicale da Mozart alla fine del secolo X1X° in Musical TimeSy febbraio 1903, pag. 93 e seg. Ottime le notizie contenute nel Grove, Diction. of Music and MusicianSf art. Scholl of Compositions e Pianoforte Music. Su questa orientazione dello spirito musicale è noto quanto Bettina d'Arnim nel 18 io scriveva a Goethe, riportando alcune parole di 24 L^ARTE DEL PIANOrORTE IN ITALIA in questo periodo, il tramonto della fede sparge il dubbio nei cuori, la caduta di ogni principio autoritario lascia libero corso ai desideri il cui appagamento imperfetto crea delusioni e dolori: così il contenuto della compo- sizione si ottenebra, la malinconia pervade l'opera d'arte, il pessimismo si erige a carattere pressoché preponde- rante delle nuove creazioni» Solo Goethe, che apprez- zava e comprendeva la musica in quanto si prestasse ad associarsi con imagini presenti al suo spirito, poteva ancora sosteniere nel 1829, con TEckermann, che il suo Fa^tst sarebbe riuscito pressoché intraducibile nell'arte dei^uoni.; " Gli accenti duri, penosi, terribili che la mu- sica dovrebbe contenere — egli osservava — sonò in pièna ^apposizione coi nostri tèmpi. La musica dovrebbe essere nel carattere del Don Giovanni: Mozart l'avrebbe potuta stendere-,,. Ma, quasi a ^sbugiardare questo pre- teso bisogno di dolcezza, già era nato Schumann che, nella stessa Germania, potentemente impersona il nuovo spirito musicale. Una riprova interessante di questo evolvere d'ideali Beethoven. 11 grande sinfonista avrebbe detto: » Lo spirito umano l;ende ad una universalità senza confini, ove tutto costituisce quasi un ietto al sentimento, nato nel semplice pensiero musicale,. ed im- possibile ad afferrarsi allMnfuori di questa fusione. Ecco l'origine dell'armonia, ecco ciò che le mie Sinfonie vorrebbero esprinìere: qui le diverse forme si precipitano e si fondono in un unico scopo... La musica... è il presentimento, l'ispirazione dèlia scienza celeste, e le sensazioni che Io spirito nostro ne riceve costituiscono quasi la materializzazione della conoscenza La musica è un terreno ove lo spirito vive, pensa, lavora ». La nota scrittrice soggiunge che, letta questa lettera a Beethoven, egli ne rimase sorpreso, dicendo: «Ho io detto tutto ci6? In tal caso avrò avuto un rapimento d'estasi » (« dann hab' ich eJnen Raptus gehabt » : questa espressione, come il Wegeler insegna, era abituale al Maestro). V. De Lenz, Beethoven et ses trois styles^ pag. 112. Lavinée, Parigi, 18$ $. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 25 sorge dairesame di una forma novella, in altri tempi sconosciuta. Parlo dello " Studio „ : opera originaria- mente consacrata alla pura meccanica, e che tuttavia sotto il nuovo impulso dei tempi e Talito d'intima poesia che il romanticismo sollevava giunse a, piegare gli ar- peggi, le scale, gli artifizi tutti della tecnica a dire le cose più pure che l'anima sappia intendere. Spesso, su questo punto, dovremo indugiarci, rilevando il carattere proprio a tali composizioni: veri schizzi che, a somi- glianza del primo abbozzo cui il pittore consegna l'im- pressione genuina e pressoché schematica d'un'emozione subita, recano una schiettezza ed una grazia tutta par- ticolare. Qui solo ricordo la cosa; notando come il Gradus ad Parnassum del Clementi, e via via le opere 70 e 95 di Moscheles, gli Etudes Poésies dell'Haberbier, VArte del fraseggiare di Heller op. 16, i Rhythmische Studien di Hiller op. 56, VArt du Chant applique au Piano di Thalberg, fino alla collezione ricchissima di Chopin, Henselt, Schumann, Liszt, Rubinstein segnino questo luminoso progresso dello spirito, anelante a dire sulla tastiera le poche dolcezze, i lunghi e profondi e tor- inentosi dolori. Quanto sono lontane, sotto questo punto di vista, le nuove pagine da quelle che il periodo aureo dei clavi- cembalisti ideava! Il riso aperto, grassoccio^ comunica- tivo della novella boccaccesca, l'arguzia birichina ed epicurea del Berni sono scomparsi: la grossa burla scol- lacciata di Onorato Balzac non trova imitatori: e l'au- tore dei Contes drolatiques potrebbe ripetere per l'arte musicale nel suo vecchio francese che nous ne rions que enfans ety à tnesure que nous voyageonsy le rire s'esiainct et despérit comme Vhuile de la lampe, 11 fresco giocherellare di forme e movenze ritmiche, cui Wagner spietatamente riduceva l'arte haydniana, si erige sempre a modello riverito dalla teoria, ma nel fatto è sconfes- 20 l'arte del pianoforte in ITALIA sato dalla pratica: e se non tutti ripetono palesemente col Leopardi: Amaro e noia La vita: altro mai nulla, questa negra visione del mondo lascia tuttavia tracce sensibili in tutta Tarte. Da Beethoven in poi, i rappre- sentanti maggiori del secolo XIX riflettono questa intima scontentezza: anzi, si potrebbe dire che quanto più spic- cata si rivela la personalità nel compositore, quanto più individuale è lo stampo dell'invenzione, tanto più forte riesce questo senso di oscuro pessimismo che dal colosso di Bonn a Schumann, da questo allo stesso Chopin, a Liszt, a Raff, a Brahms pervade la tastiera. Che se tratto tratto l'olimpica serenità dei classici tenta un nuovo sorriso, tosto l'originalità della creazione si intorbida, o come lucida sorgente rispecchia i modelli dell'imitazione. In Mendelssohn, tempra felicissima di musicista, il ri- torno al passato è nascosto in parte dalla tranquilla espansione d'un'anima pressoché ignara dei dolori del mondo : si direbbe basti la visione di un sogno o la sono- rità misteriosa degli echi di Fingal per tornarla alla pace dell'era perduta. Ma nei continuatori suoi, fra cui col Riemann potremo classificare Hiller e Gade e Bennett e lo stesso Reinecke, la compostezza tradisce un acco- modamento a modelli passati: come tra le rocce tor- mentate dal soffio della tempesta il tiepido alitare dello scirocco rivela l'influenza di plaghe lontane e riconduce il pensiero alla contemplazione d'altri orizzonti (i). (i) Una guida preziosa attraverso a questa gradevole evoluzione, in cui dal dramma, nel percorso del secolo XIX, si scende a con* siderare il trasformarsi progressivo di tutte le forme strumentali e della stessa tecnica pianistica, troverà lo studioso ìuDannreutherE., The Romantic feriod (volume sesto della History of Music). Oxford, at the Clarendon Press., 1905. CAPITOLO II. LE FORME §!• Quando con Muzio Clementi e Volfango Amedeo Mozart l'arte della tastiera muove nelle regioni del pianoforte, le forme musicali sono già complete. Più: nulla in esse rivela quella sproporzione e queir imper- fetta corrispondenza, da cui sono caratterizzati gli orga- nismi in formazione. La diteggiatura perfezionata, la sonorità maggiore degli strumenti per im lato facilitano- i passi più ardui, per Taltro ricacciano indietro i melismi ed i giochetti sonori assorbenti, che avevano caratte- rizzato tutto il periodo del clavicembalo. Allo staccato- leggero ed al rapido succedersi di note, su cui specu- lava l'arte del virtuoso in abito di broccato, si sosti- tuisce il legato potente di Beethoven, cui già nel sette- cento vagheggiava l'anima bachiana: il ricco sistema degli abbellimenti, riassunto con tanta larghezza e rego- lato dal Marpurg che li classificava in nove gruppi cardinali, è ridotto dal Clementi a quei tre soli che tuttora sopravvivono. \J appoggiatura, il gruppetto, il trillo (i) : ecco in quali miti confini si è ristretto l'arma- (i) Per rapida notizia sul valore di questi abbellimenti nei diversi' autori, oltre alle opere relative citate nella bibliografia annessa al capitolo sugli Abbellimenti nell'^r/e del Clavicembalo, dell'autore: di questo libro, v, le voci relative nel Diz. del Grove. 30 l'arte del pianoforte in ITALIA mentario del pianista moderno. Si direbbe che lo sparire delle gale e delle ^gge ricercatissime dinnanzi al vestire borghese dell'era nuova, abbia avuto ancora una volta il sud contraccolpo sull'uso e sull'abuso di questi abbelli- menti, vero lusso dell'ente musicale: legittimando le •conclusioni cui giungevamo nello studio sul clavicembalo, -e connettendosi con le teorie del giuoco nell'arte dei ^uoni (i). Lo spirito moderno, che nei dubbi tormentosi si compiace, male risponderebbe alle gioconde fioriture •del passato: alla carezza degli agréments evanescenti •egli preferisce il ruvido attacco della corda, od il canto profondo ed espressivo della lirica contemporanea. In pari tempo l'arido preludio passato, la polifonia •dello stile canonico e la rigidezza delle prime forme per spinetta sono scomparsi. Già i Vivaldi, gli Scarlatti, ì Bertoni, i Martini e la falange operistica avevano loro recato un colpo fatale: ora la classica forma tripartita, •che nella sonata ha raggiunto l'apogeo, si estende ed invade man mano il campo della produzione pianistica. Di fianco però a questa forma dotta ed ormai trasfor- mata nella crescente evoluzione, l'ambiente popolare •continua ad essere il vivaio di nuovi germi vitali, la fonte inesauribile di nuovi argomenti per l'elaborazione futura. Assistiamo anche in questo caso ad un fatto che trova il suo riscontro nel concetto generale della vita. Mentre le esistenze adulte raggiungono la pienezza dello sviluppo, avviandosi fatalmente alla decadenza, sorgono vivaci e pieni di freschezza nuovi enti, che anch'essi anelano a crescere e trasformarsi: ed in questo pas- saggio dall'omogeneo all'eterogeneo, dal semplice al •complesso, l'opera riflessa dello studioso rappresenta (i) V. L'arte del Clavicembalo^ libro II, § VI, « I successori », pag 219. Dello stesso autore, // moto nella musica, parte III: •« Il moto aggiunto ». Torino, Lattes e C, 1905. PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 3I la fase adulta, il momento in cui la specificazione evolu- tiva raggiunge la maggiore evidenza. Nello studio sul clavicembalo la genesi delle forme strumentali ci ha rivelato due correnti, fra cui oscillano irrequieti i com- positori, ora attratti dalla tradizione dotta dei preludi e dello stile vocale ed organarlo, ora per contro influen- zati dall'arte bamboleggiante, ma tutta sangue e vita che loro offriva inconscio il popolo (i). Orbene, l'identico dualismo riappare nel periodo contemporaneo. Le forme dotte sono ormai complete, e vivono sulla tastiera nei nomi molteplici che loro ha affibbiato la scuola e Fuso : ma nello stesso tempo T idealizzazione dei temi di danza e l'imitazione dei canti popolari lanciano nuova materia da elaborare. E dinnanzi ad essi l'artista s'inchina am- mirando, come s'egli intuisse la voce eterna delle gioie e degli umani dolori che, mutando veste col mutare dei secoli, ripetono in queste forme innocenti l'eterno poema delle generazioni. * « Nella pleiade di tali forme già elaborate, ove i com- positori per pianoforte attingono, a piene mani, possiamo distinguere due grandi categorie. La prima comprende quelle che diremo/orme sempiici, perchè constano sostan- zialmente di un solo tema in vario modo svolto e ritmato : la seconda abbraccia forme complesse, alla cui costru- zione concorrono due o più soggetti musicali, alternati con distribuzione ingegnosa. Le forme semplici rappre- sentano lo sviluppo iniziale del pensiero, le fasi arti- stiche incipienti ove il trapasso dall'omogeneo all'etero- (i) Of, cit.y libro I, § III, « Le prime forme strumentali e gli strumenti a tastiera ». 32 l'arte del PIAHf torte in ITALIA geneo, dal semplice al complesso già tenta imporsi ; e coi saggi modesti delle piccole quadrature suggerite dall' irtfluenza popolare, quali già apparvero negli incu- naboli della tastiera a becco di penna presso la scuola inglese, possono trascinarci fino alla grazia mirabile di alcuni Schizzi per pianoforte, delle minuscole Romanze senza parole, delle Pagine d'album. Le seconde invece rivelano la fase di associazione, il periodo ove il pen- siero dalla proposizione rudimentale già tende ad unirsi in catena maggiore di frasi e periodi : ed allora si vale della materia elaborata nelle prime forme monotema- tiche, unendo insieme due o più temi la cui vitalità per- metta nuove ampiezze di sviluppo organico a mano a mano crescente. A questa seconda categoria possono ancora riferirsi le composizioni cicliche y costituite cioè dall'unione di singole creazioni già sufficientemente determinate per propri caratteri melodici e ritmici, e che tuttavia, sotto la pressione dello spirito organizzatore, vengono rac- chiuse in un solo quadro prestabilito, lumeggiandosi a vicenda e concorrendo in un'imità estetica finale. Assi- stiamo a nuovo specificarsi dell'ente sonoro, a nuovi trapassi dall'omogeneo all'eterogeneo, a nuove fasi evolu- tive: onde fra la sonata ed i vari tempi che la com- pongono intercede quello stesso rapporto che passa fra ogni tempo ed i singoli temi dalla cui elaborazione esso risulta: ed alla loro volta i temi cardinali dei singoli tempi stanno ai periodi da cui sono formati, in quello stesso rapporto, in cui i periodi stessi si trovano di fronte al motivo ossia al gruppo fondamentale, le cui ripercussioni simmetriche generarono quella prima unità musicale. Con tale concetto il riostro studio si riconnette ancora una volta al principio generale dello sviluppo che si palesa in ogni forma di vita. La trattazione sistematica PARTE PRii lOTIZIE GENERALI 33 delle forme potrebbe condurci a coordinarle sotto i vari punti di vista ora indicati, a definirne in modo preciso la struttura schematica, offrendo ancora allo studioso i modelli migliori e più caratteristici per ogni singolo caso. Ciò tuttavia esorbita dai limiti d'uno studio sull'arte del pianoforte: ed è perciò che, in cambio dell'esposizione analitica, toma forse non inutile la classificazione sinte- tica sotto il principio generale dell'evoluzione. Essa ci ricorda l'unione profonda, il lento trapasso ed oscuro, ma incontrastabile, per cui le forme musicali dall'imo all'altro momento di sviluppo si rincorrono e si allac- ciano in crescente catena: figlie d'una stessa potenza germinativa, come le attitudini più disparate dello spi- rito sono frutto della vita sensoriale : sempre bisognose di accrescimento, come l'attività organica non contrastata da potenze nemiche (i). (i) Per la .conoscenza particolare delie varie forme e delle leggi tecniche da cui ciascuna è retta, oltre alle voci speciali (lied, toc- cata, sonata) nei dizionarii di musica (Riemann, Grove, ecc.), V. anzitutto le opere maggiori: Baumann e., Les grandes formes de la musique. L'oeuvre de C. Saint-Saéns. Paris, Ollendorf, 1906. BussLER L., Musical Form, Berlin, Habel, ^^89$. Cremers e., Vanalyse et la composition mélodique. Paris, Fisch- bacher, 1899. Goepp Ph. H., Symphonies and their meaning, Philadelphìa and London, Lippincott C, 1905 (per lo studio delle forme cicliche). Habert J. Ev., Beitràge zur Lehre voti der musikalischen Coni' position. Leipzig, Breitkopf u. Hàrtel, 1899. Jadassohn S., Les formes musicales dans les chefs-d* oeuvre de l'art. 1900, traduz. francese del Mojtillet. Kling H., Populàre Kompositionslehre. Annover u. London, Oertel, 1896. LoBE J. Chr., Lehrbuch der musikalischen Komposition, 1850- 1867, quattro volumi: nuova ediz. 1884-1887 riveduta dal Kretz- L. A. ViLLAKis, Varie d£l pianoforte in Italia. 3 34 l'arte del pianoforte in ITALIA scHMAR : ediz. francese, tradotta da Sandré G. Paris, Fischbacher, 1898. — Katechismus der Cotnpositions-lehre. Leipzig, Weber, 1895. Marx A. B., Die Lehre von der musikalischen Komposition, 1837- 1847, quattro volumi, ripubblicati in parte dal Riemann, 1887- 1890. Le altre opere del Marx hanno importanza per quanto con- cerne la tecnica della composizione. V. nei Diz. — Musiker «. ihre Werke (di autori diversi). Nebst einer Einlei- tung, etc. von Pochhammer A., Frankfurt a. M., Bechhold, 1899. Prout Eb., Ftrw, 1893. Applied FormSy 189$. RiCHTER Alf., Die Lehre von der Form in der éMusik. Leipzig, Breitkopf u. Hàrtel, 190$. — Die Lehre von der thematischen Arbeit mit praktischen Uè- bungen verbunden. Leipzig, Breitkopf u. Hàrtel, 1896. RiEftANN H., Katechismus der Kompositionslehrey in due parti. Sechter S., Die. Grundsàize der musikalischen Komposition, 1853-54, tre voi. Per cenni elementari : CuRSCH-BiìHRER Th., KUine Compositionslehre. Leipzig, Hiller, 1897. GuBi P. M., Musikalischer Wegweiser. Altona, Elbe, 1899. RiTTER Her., Katechismus der Musik-Aesthetik. Dresden, Hertz, 1896. ScwiNG H., New Exercises in the Construction of Melodies. Dresden, Giinther, 1898. ViLLANis L. A. e Graverò G., Piccola guida per il frequenta- tore dei concerti orchestrali. Torino, Streglio e C., 1905. WoRRET Fr., Leitfaden der Allgemeinen Musiklehre, Karlsruhe, Braun, 1900. § n. LA LEGGE IDEALE DELLE FORME (i). Due principi fondamentali reggono questo sviluppo, elevandosi a canoni di ogni composizione. Il primo è •quello dell'unità che si manifesta nell'ordine, e viene praticamente interpretato dall'arte musicale con im accre- scere non interrotto di simmetrie. Il secondo s'impone •con la varietà, e trova riscontro nella teorica dei con- trasti. Entrambi poi si connettono con il meccanismo •della nostra vita psichica e trovano in esso quelle giustifi- eazioni, che per limgo tempo l'estetica richiese a rap- porti ideali con un Bello etemo, assoluto, immutabile, •di cui la metafisica doveva fornirci la conoscenza. Se per poco meditiamo sulla vita dell' " io „ senziente •e pensante, tosto lo vediamo retto dal bisogno dell'or- dine e della coordinazione. A qualsiasi punto di evolu- ;zione sia essa giunta, la vita consiste sempre in un rapporto di corrispondenza tra i fenomeni che si com- piono nell'interno del nostro essere e quelli che hanno (i) I principi, cui si accenna» sono svolti in forma popolare in ViLLANis L. A. e Graverò G., Piccola guida, citata. 36 l'arte del pianoforte in ITALIA per sede l'ambiente in cui noi ci aggiriamo. Nulla è nell'intelletto se prima non sia stato nel senso: sentire è avvertire le modificazioni operatesi nel nostro sistema nervoso per forza di agenti esteriori ; ed alla sua volta pensare è unire e collegare fra di loro questi dati feno- menici, è in certo qual modo ritmare un antecedente con un conseguente, affermandone l'occulto legame. Lo spirito nostro tende sempre a dare ordine a quanto gli venga fornito dalla percezione: onde si può ritenere che l'ordine sia l'equivalente dello spirito, il quale non giunge a solide manifestazioni se non al patto che le sue idee tendano a formare un complesso sistematico^ Così la coordinazione diviene legge suprema della vita spirituale : nell'incoerenza dei fatti l'intelligenza si smar- risce e s'accascia: nel disordine delle idee la potenza normale scompare, subentra la pazzia : l'ordine rappre- senta nel campo superiore dell'intelligenza quella stessa funzione, che per forza naturale sconosciuta evolve d'uno in altro moto gli organismi verso una perfettibilità in- definita. Ecco per tal modo anche il materiale artistico disporsi in serie crescente ed ordinata di simmetrie, che sole possono farci riconoscere l'obbedienza a tal legge, sia colle riposte bellezze del canto, sia ancor più con le rudi eccitazioni del ritmo. E quando breve riesca il periodo della composizione, come nelle piccole forme semplici si verifica, la simmetria soddisfa pienamente a tale bisogno, senza dover troppo concedere al secondo elemento già indicato. Ma se le forme si accrescono, se le simmetrie proce- dono ostinate in cerchi sempre maggiori, senza un solo contrasto, allora il fenomeno si complica. Dalle premesse fatte risulta che ogni eccitazione esteriore, apportando in noi una data quantità di scotimento, ravviva col sor- gere di nuovi rapporti il senso della vita. Però, se le* PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 37 eccitazioni che fra loro si succedono siano Tuna all'altra identiche, avviene che la continuità di questo moto eccitatore, insistendo su processi invariati, provochi a ^ado a grado un adattamento che lo rende meno av- vertito ; donde una minore coscienza in noi della scossa gradevole, ed una conseguente diminuzione del piacere. Inoltre quel lavorìo di percezione sempre uguale a se stesso, imposto al sistema nervoso, affatica senza interru- zione alcuni centri, lascia altri nel riposo assoluto, creando così nuovi ostacoli alla pienezza del risultato finale. Ed il fenomeno considerato finisce con l'assumere un aspetto che diciamo " monotono „ , da cui sorge il più terribile nemico che il piacere conosca: la noia. Ne abbiamo esempio frequente nei muri disadorni, nei larghi piani uniformemente distribuiti sulle costruzioni volgari, ove lo spirito bramerebbe imbattersi per lo meno in colori- ture varie od in artifìziose ornamentazioni intese a modi- ficare l'uniformità di eccitazioni ch'essi in noi provocano, e quindi a cacciare la noia risultante da uno stesso stato d'animo invariato. Nelle pianure brulle e deserte, ove l'uniformità della linea non sia spezzata da alcun epi- sodio visivo, noi ricerchiamo avidamente, quasi setiza addarcene, un arbusto, una rupe, un casolare che intro- duca l'elemento della varietà nel quadro desolato: tra il nereggiare degli abiti di società, tutti fra loro somi- glianti, offre contrasto gradito la brillante coorte delle fogge femminili : nell'asciutto periodare delle trattazioni scientifiche la breve digressione riposa. Ed ecco in quel punto l'elemento della varietà im- porsi, spezzando la rigida condotta simmetrica con con- trasti di nuovi temi melodici, di nuovi ritmi, di nuovi tempi : sempre sottoposto tuttavia all'imperio dell'unità che costituisce la prima regola della composizione, in quello stesso modo con cui si eleva a funzione cardinale dell'intelligenza e della vita psichica. Quindi l'elemento 38 l'arte del pianoforte in ITALIA della varietà, dovendo rimanere asservito a quel prin* cipio fondamentale, si trova costretto a seguirne, quanta più strettamente riesca possibile, l'indirizzo: e così le modulazioni non possono mai imporsi per modo, da fuorviare la logica della condotta tonale, così gli episodi si riducono a momenti transitori, così infine le scorrerie fantasiose del compositore sono sempre sorrette da ricordi, da richiami o da opportune modificazioni del soggetto principale. Il fatto, e la legge che ad esso presiede, richiedono- forse qualche maggiore commento. Non appena una nuova eccitazione agisce dall'esterna sul nostro spirito, tosto la folla di eccitazioni anteriori, già registrate in noi, sorge quasi a nostra insaputa per dettar legge sul giudizio relativo alla nostra nozione» L'inerzia è legge del mondo psichico, come dei feno- meni relativi alla materia bruta : e per essa noi tendiamo- a mantenere immutato il patrimonio di cognizioni acqui- site, tantoché le masse si mostrano restìe nell'accettare principi nuovi, e la via del progresso è segnata dalle pietre miliari di sanguinosi sacrifizi. Questa legge ci fa prediligere i fatti che meno sembrino dissentire nella sostanza dal cumulo di quelli già da noi conosciuti: e se il nuovo fenomeno si permettesse di recarci una quantità di eccitazioni troppo diverse dalle precedenti,, si imprimerebbe in noi con un carattere ostile, ricevendo in pena dell'impressione suscitata la qualifica di " brutto „. Ecco l'aspetto sotto cui si deve considerare l'elemento della varietà, nell'opera musicale. A quello stesso modo che nelle ore d'ozio, quando il bisogno del riposo men- tale c'invade, riesce piacevole scorrere le trovate umo- ristiche di alcuni giornali, ove in breve ciclo di quadretti una secchia si trasforma e si varia sino ad assumere le forme di un fanciullo od altre sembianze: così la graduale trasformazione di un soggetto, l'adattamento PARTE PRIMA " NOTIZIE GENERALI 39 successivo di un tema in diversa cornice crea piacevole svago. Se il trapasso dalla secchia al bimbo fosse sal- tuario, allora la catena associativa riuscirebbe frammen- taria, ed il giudizio finale sfavorevole: e lo stesso av- verrebbe ove illogica apparisse la successione fra gli anelli del ciclo musicale osservato. Questo principio reggerà in ispecie la condotta del Tema con variazione, che più d'ogni altro esempio musi- cale ricorda la genesi dei disegni a trasformazione prima citati; ma oltrecchè in esso, riapparisce ancora e con pertinace costanza nelle fasi della composizione, ove con trasformazioni graduali riesce a mantenere l'unità dell'impressione primitiva, pure apportandovi l'elemento prezioso della varietà. Ne abbiamo traccia fra le prime raccolte strumentali, ove le varie danze raccolte nelle Suites e le stesse parti di cui esse si compongono sono spesso formate con modificazioni ritmiche di un solo tema (i): ne troviamo documento interessante nel prin- cipio della Fuga, base di ogni composizione, ove i diverti- menti episodici debbono essere ricavati dal soggetto, di cui il contrassoggetto è alla sua volta una filiazione diretta : infine assistiamo all'applicazione di questa legge in ogni fase della composizione modernissima, che in grazia all'analisi tematica può giungere alle più su- perbe altezze. E l'opera musicale monotematica o polite- matica, le composizioni cicliche in sostanza si riducono per tal modo a semplice e crescente ampliazione di quegli stessi caratteri embrionali che un osservatore minuzioso già rileva nelle forme semplicissime e nei periodi musicali più brevi. I piccoli contrasti percettibili (i) Su questa struttura caratteristica della Suite antica, v. gli esempi nei cenni su Froberger e Kuhnau, in Varie del Clavicem- balo citata: pagg. 358, 359, 360 e 367, 368, 369. 40 l'arte del pianoforte in ITALIA nelle ripercussioni del motivo, danno orìgine a fasi mag- giorì: le varianti introdotte nelle riprese si elevano a nuovi temi: Tinarcarsi del pensiero da una fase di ri- poso a una di moto e il ridiscendere alla chiusa finale sul primo accordo, costituiscono la logica del rapporto in cui i temi saranno presentati, svolti, conchiusi. § in. IL LIED E LE SUE MANIFESTAZIONI. Prima di addentrarci nella suddivisione dei gruppi particolari, cui le forme possono ridursi, non riesce inu- tile chiarire con un esempio di analisi il concetto di ciò che in musica appelliamo simmetria e varietà, unendovi la nozione del processo generale per cui da un primo germe o motivo sorge il gruppo, e dal gruppo ha ori- gine il periodo, la cui ripetizione simmetrica può con- durci ad una prima quadratura. A tal fine scegliamo una fra le piccole pagine di quel poeta delle forme minori che fu lo Schumann, traendola dall'* Album della gioventù „. Lento ( J = 8o). È - yJ-g 9^g^ m >: E3 42 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA m W -f ^ I * ^ ^ ^^ • • I i =*=ì; fT ^* ^P^ P^^ ÉÉ m ss* aa s » m^ t- s ^ a tempo £ . ITT — s- ^^ f^-#- ra2l0n^. i tizz ^ * ^ — !— ffr s 5 ^^ PARTE PRIMA " NOTIZIE GENERALI 43 Di primo tratto qui si intravvedono alcune ripeti- zioni simmetriche, in forza delle quali il disegno sonoro progredisce e riposa nella conclusione finale. Così le quattro misure iniziali si ripetono integralmente nelle battute 5, 6, 7, 8, con una sola variante nella conclu- sione. Inoltre queste stesse otto battute, già ridotte a quattro, ricorrono nella loro identica entità per formare la fase di chiusura; cosicché tutto il ciclo di otto battute della pròtasi e quello di otto nell'apòdosi, possono alla loro volta riassumersi già nelle prime quattro battute d'inizio. ^^S =i=P=? A- # ÉZDtf tQ=B= ■r- Proseguendo, incontriamo la fase intermedia costi- tuita dalle misure 9, io, 11, 12, ove a tutta prima sembra affermarsi un nuovo pensiero. Così la linea melodica^ che nella prima battuta d^lla composizione scendeva, qui sale : sull'ultimo tempo debole della battuta stessa (9*) una croma — il /a — tien luogo delle due semi- crome la e si che spiccavano sul levare della misura iniziale. Infine mentre nella seconda battuta il disegno procedeva per grado, nella decima abbiamo un proce- dimento misto, per salto e per grado. Senonchè di fronte a queste differenze sorgono eie- 44 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA menti di rassomiglianza, da cui possiamo arguire la parentela fra le due fasi. Il primo frammento era ca- ratterizzato dell'anacrusi (i) del disegno, in cui fra poco vedremo riassumersi l'elemento vitale di tutto il lavoro; € questa è scrupolosamente conservata nel secondo frammento, rendendone il principio identico al primo. Inoltre l'elemento ritmico divisionale delle prime quattro battute è rappresentato da figure di crome e semicrome, poiché anche là, ove apparentemente scompare il con- torno melodico esterno (battuta 3*), riapparisce traspor- tato nell'interna struttura. E queste stesse figurazioni costituiscono ancora l'ossatura ritmica della fase ora considerata : il che, unito all'identità assoluta della for- mola ritmica e melodica dell'anacrusi, ed al processo ■diatonico della melodia, conduce a riconoscere la pa- rentela ove le leggere anomalie sono il portato della varietà, su cui prima ci indugiammo. Così di riduzione in riduzione l'intera pagina esami- nata tenderebbe a riassumersi nel primo gruppo AD, già considerato ; ^ iBcr p=? ? ì *=nt ^^ Alla sua volta però questo gruppo tradisce una strut- tura complessa, suscettibile di nuove semplificazioni. La prima metà, che d'ora innanzi chiameremo AB, è di- versa dalla seconda CD: quasi poi ciò non bastasse, consta di due elementi simmetrici Aa^ bB, ove la sola (i) Si dà questo nome alla misura apparentemente incompleta che si trova all'inizio d*un pezzo o d*una frase musicale, e ne costituisce il levare. V. fra gli altri Lussy M., Traiti de Vexpression mu- sicale. Paris, 1873. PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 45 differenza sensibile sta nella direzione che nel primo è discendente, nel secondo è ascendente: Al aftf m e« m F^ Epperciò questo piccolo gruppo AB, che ci ha for- nito sino ad ora le migliori argomentazioni per ridurre a tipo unico le battute 9, io, 11, 12, potrà considerarsi quale elemento costitutivo delle parti ad esso somi- glianti: permettendosi di muovere senz'altro allo studia del disegno CD. Questo non solo è asimmetrico nei rapporti con AB,, ma rivela ancora asimmetrie interne, cioè non sembra facilmente riducibile a forme minori fra loro simme- triche, se considerato nella sola linea melodica esterna. Qui ci si rivela in tutta la sua importanza quel secondo elemento della varietà che, asservito al principio fon- damentale delFunità, abbiamo veduto reggere l'intera edificio dell'artistica creazione. Anzitutto l'anacrusi, che costituiva la pròtasi del prima disegno, è ancora scrupolosamente osservata. La di- versità di articolazione, costituita dal punto che arresta momentaneamente la continuità del moto, è un sem- plice elemento di varietà ed un coefficiente di nuovo slancio nello svolgersi delle frasi. Quasi poi tale somi- glianza non bastasse, il disegno dell'anacrusi riapparisce ^S M V\ |e V-- neirintemo del gruppo stesso con una imitazione dila* 46 l'arte del pianoforte in ITALIA tata e per moto contrario y z: il che dimostra come la linea esterna, obbligata a svolgersi su tale disegno, ad esso ancora rimanga asservita. Adunque anche il se- condo gruppo CD, pure introducendo elementi sensi- bilmente nuovi, continua ad insistere sul sistema della anacrusi iniziale. Essa già sintetizzava buona parte del gruppo AB, ripetendosi simmetrica in Aa, bB : essa venne considerata dall'autore come suggello di tutta l'opera sua, che nella battuta estrema si riepiloga an- cora nel disegno caratteristico : ^ -- fi ji - Epperciò noi possiamo concludere che la composizione esaminata, già ridotta ai due elementi AB, CD, tragga origine da fasi simmetriche del piccolo schema AB. Il principio di unità è per tal modo confermato dal con- cetto informatore: la varietà apparisce in via subor- dinata, e risulta dalle diverse apparenze del piccolo gruppo iniziale. Ora, il primo elemento AB, costituito di piccole sim- metrie interne embrionali, è alla sua volta un termine la cui ripetizione può condurci alla conclusione di una prima simmetria completa. Questa è la forma più pic- cola che possiamo immaginare, perchè se ci arrestas- simo al semplice brano AB, chiaramente ci accorge- remmo d'una sospensione, dovuta ad un appagamento incompleto. E per l'appunto il modello iniziale della forma semplice, la piccola quadratura inconsciamente elaborata dal popolo nella sua canzone, si riduce per lo meno ad una doppia simmetria di quattro battute, la PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 47 cui ripetizione quadra una piccola idea. E un modello elementare, ancora ingenuo e primitivo, di liedy cui potrebbe arrestarsi la prima fase della pagina schu- manniana testé esaminata. Su questo modello è ugual- mente modellata sia la ronda infantile " E arrivato r Ambasciatore „, che la prima frase del tema corale nella nona sinfonia di Beethoven. Una simmetria com- pleta, neirun caso e nell'altro, appaga lo spirito. Tuttavia, non appena costituita regolarmente, questa piccola forma già tende ad ampliarsi, ed al primo pe- riodo uno secondo ne associa, modulando per varietà, innalzandosi ad affermazione più energica col salire per quanto le riesca possibile nel tono della dominante, polo attivo della composizione : ed abbiamo allora una forma già più complessa di lied in cui la ripetizione del primo periodo chiude la pagina in cornice simme- trica come nel modello precedente. Una breve coda può ancora rafforzarne la conclusione : e dai saggi popolari questo fiore melodico può innalzarsi sino alle più no- bili manifestazioni della musica strumentale, come si rileva, oltre che dalla pagina ora discussa, anche dal- V Andantino in mi maggiore di Haendel, conosciuto col nome di // fabbro armonioso. È questo il tipo che si indica con la formola: A - B — A ove A e B simboleggiano due temi, o la doppia par- venza di uno stesso disegno modificato dall'arte del compositore. Per lo più, nel significato generale, la de- nominazione di lied è riservata a questo schema già più elaborato : tuttavia esso non rappresenta se non una fase dell'evoluzione per cui la piccola forma può trascorrere. E infatti non solo altri aggruppamenti pos- sono ritrovarsi, ma ancora nel genere strumentale da noi considerato ogni fase rappresentata dalla formola 48 l'arte del pianoforte in ITALIA è alla sua volta suscettibile di nuove ampliazioni, e può essere costituita da piccoli momenti ternari di lied Funo coU'altro associati. In tal modo dagli aggruppamenti simmetrici più sem- plici del periodo musicale, le forme del lied già assur- gono a vera e propria fase di evoluzione: onde l'ele- mento passionale che in esse è contenuto, e dalla cui espressione ingenua nascono fra il popolo, naturalmente aspira a maggiore profondità, si lancia a meta più vasta ed ideale. Le due leggi di unità e varietà ne governano infallibilmente le fasi : soltanto i contomi delle simmetrie successive si smussano, e la varietà tende a preponde- rare. Finalmente, quando si abbia riguardo alle consi- derazioni da cui prese le mosse il nostro studio, e si ricordi il carattere psicologico ed espressivo assunto dal contenuto musicale delle opere moderne, si avrà nuova guida per intuire l'importanza che il lied assume nella musica strumentale. Quelle forze che spinsero i compositori ad ampliare od associare in vari momenti il liedy creando nel canto la canzone, la ballata, l'arietta e l'aria, l'arioso, la cavatina, la cabaletta, la romanza, trascinano pure lo strumentista all'espressione di stati passionali che nei modelli più o meno ampliati del lied stesso si adagiano con placida acquiescenza. E per l'ap punto il tipo della Romanza senza parole riapparisce frequentissimo nelle opere dei classici e dei romantici, anche là ove il titolo di Adagio^ di Andante^ di Alle- gretto, o quelli di Studio, Notturno, Fantasia, ne celino il nome: meravigliandoci quando i suoi modelli riven- gono forniti da Sebastiano Bach nei preludi 4**, 8**, 9**, IO*», 22° del clavicembalo ben temperato; ed accarez- zandoci con fascino più moderno e passionale in Bee- thoven, nelle romanze di Mendelssohn, in Schumann, Chopin e nella pleiade dei contemporanei. ►>»<* IV. LE FORME DI DANZA Mentre questa forma rudimentale di canzone fiorisce tra il popolo, ed attraverso all'elaborazione dei dotti sale sino alle più nobili regioni dell'arte, una seconda cor- rente di forme popolari si manifesta, seguendo diverso cammino. Neiruomo e negli esseri dotati di coscienza ogni eccitazione tende a ripercuotersi sull'intero sistema nervoso, provocando una serie di azioni muscolari che, a seconda dei centri maggiormente colpiti, si manife- stano negli atti, nel gesto, nel grido. Quindi quell'ac- centuazione del canto, che generava le prime melodie del lied, facile e spontanea si unisce alla mimica dei corpo: e la mimica ritmata guida alla danza in cui i gesti e i passi del danzatore tracciano quasi il dia- gramma delle emozioni provate. Alla sua volta il ritmo particolare e le esigenze del passo imprimono nuovo carattere a queste forme incipienti, ne accen- tuano i contorni, le individualizzano. Così si afferma una seconda corrente importantissima le cui scaturigini zam- pillano dal liedy ma il corso si svolge da esso indipen- dente: ed è la forma di danza costituita per lo più L. A. YiLLANis, L'arte del pianoforte in Italia. 4 50 l'arte del pianoforte in ITALIA dairunione di due parti differenti, concepite nella forma del liedy di cui la seconda prende il nome di Trio, La parte principale poi si riprende sempre dopo quest'ul- timo, come un ritornello di chiusura; e ciò si verifica quand'anche il Trio si trovi concepito nella stessa to- nalità del brano iniziale. Anche questi modelli, come tutte le altre manifesta- zioni musicali, sotto la pressione del genio inventivo a poco a poco si idealizzano, si ampliano, smarriscono la schietta ingenuità popolare per assurgere alle più ricercate bellezze della composizione : ed è il lavorìo lento che abbiamo seguito attraverso alle fasi dei cla- viccmbalisti, è l'opera trasformatrice che vedremo af- fermarsi nel campo del pianoforte. Alla produzione del passato ricchissima noi abbiamo aggiunto nuove forme, che hanno trovato i loro perfezionatori nel ciclo pianistico e nell'arte musicale contemporanea: e la vena pulsante del ritmo, per tanti modi sfruttata in tali creazioni ora vivaci, ora tristemente carezzevoli, fornisce alla compo- sizione un materiale pressoché sterminato per la co- struzione geniale di nuovi capolavori. Il passato ci tra- mandava in tempo pari il Branle (per lo più in ^, tratto tratto anche in 6/4 o 6/8), la Pavana (^), la Ga- votta ($)i il Passamezzo (E e talvolta anche ^)» il Ri- gaudon ($), il Tambourin (E)i la Bourrée ($) od anche B)» VAllemanna (anticamente la prima parte in G» la seconda in 3/2 : in epoche più recenti, e nei saggi clas- sici, in Ej interpretato largamente come un 4/2). In tempo dispari il Minuetto (3/4), la Sarabanda (3/4), la Polacca (3/4), il Passepied (3/8), la Padovana (3/4), la Passacaglia (3/4), la Ciaccona (3/4), la Corrente (3/4 od anche 6/4), il Salterello (3/4 o 6/8), la Gagliarda (3), la Volta (3), la Tarantella (6/4 o 6/8), la Moresca (3/2 o 3/4), la Canaria (6/4 o 6/8), la Musette {6IQ\ la Loure PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 51 (6/4), la Siciliana (12,8 o 6/8), la Giga (3/8, 6/8 o 12/8 : si differenzia essenzialmente dalla precedente per il movimento rapido). Infine Fera in cui si aggira il pre- sente studio ci fornisce danze in ritmo pari o binario con la Polka (Allegro 2/4), la Czardas (Vivace 2/4^ il Valzer russo (Allegro molto 2/4), la Kracovia (Vivace 2/4), la Scozzese (Moderato 2/4), la Cosacca (Vivace 2/4); e danze in ritmo impari o ternario con la Jota arago- nese e navarrese (Moderato 3/4 o 3/8), il Bolero (Vivace 3/4}, il Fandango (Allegro molto vivace 3/4), la Se- guidilla (Allegro 3/8), il Valzer (Allegro 3/4 o 6/8\ la Mazurka (Moderato 3/4). Tutte poi, snodando in varia am- piezza il periodo loro affidato, prendono parte alla pro- duzione dotta e conservano in essa quella tendenza alla simmetria, cui alcuni saggi modernissimi, tratto tratto sembrano contraddire (i). (i) Per risalire da queste indica2Ìoni sommarie a notizie mag- giori sulla forma, sul ritmo e sul carattere di tali danze, si consul- tino i dizionari tipo GrovE e Riemann, alle voci corrispondenti. Nel Grove, in ispecie, lo studioso troverà la notazione musicale dei tipi più caratteristici e l'indicazione dei saggi, da cui attinger guida per maggiori notizie. A ciò, con criterio modesto, serve in parte la Piccola guida per il frequentatore di concerti orchestrali, dianzi ricordata. § V. IL TEMA CON VARIAZIONI Esiste una fase speciale, nel corso di questo sviluppo- progressivo, in cui Fattività delPartista non è usufruita ad ampliare direttamente le forme, ma piuttosto ad arricchirne con mille ingegnosi artifizi il contorno. Re- sosi padrone del principio, da cui la forma è sorretta^ il compositore va sfogando in essa quel bisogno di giuoco che, secondo l'osservazione dello Spencer, ri- vela un eccesso di potenza vitale bramoso di sfogo. A quel modo che il gattino ben pasciuto apposta la pal- lottola di carta con le cautele e le astuzie che sareb-^ bero necessarie per la caccia al topo : a quel modo che il cane riposato' e nutrito corre ed abbaia e simula im- prese venatorie, od il bimbo si affatica in corse furi- bonde, o Tadulto calcola pazientemente le combinazioni d'un giuoco di scacchi con la cura con cui, se necessità, insorgesse, applicherebbe lo spirito a bisogni vitali;, così anche il compositore, ricco di forze, si affatica in- torno a queste prime piccole simmetrie, e crea il tema con variazioni. Storicamente considerata, questa seconda fase rap- presenta il momento in cui lo spirito, padrone ormai PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 53 -della forma, ancora non si preoccupa di lanciarla alla ricerca della futura e poderosa espressione drammatica. Osservate le variazioni già progredite delle sinfonie haydiane : e vedrete con quanta ingenua grazia ed in- fantile l'autore pieghi il suo tema al giochetto prescelto, speculando sui passaggi dal maggiore al minore, senza ampliare la cerchia del nuovo pensiero che, per lo più, sta racchiuso nello stesso numero di battute in cui fu proposto il tema originale. La misura primitiva non viene mai alterata: lo stesso tipo di 2/4, adottato con maggior frequenza dal maestro, sembra rivelare la calma dello spirito, serenamente inteso ad elevare Tedi- fizio nell'equilibrio più assoluto della psiche. Tali gli andanti variati delle sinfonie in mi bemolle (n. VIII)^ in sol (n. Ili), in re (n. VII), in do (n. I), che trovano nel passato i loro splendidi progenitori. Infatti quest'arte gioconda ha avuto la sua fioritura già da un secolo, prima che la musa haydiana le abbia recato il suo contributo geniale. Il virtuosismo dei vio- linisti italiani l'ha diffusa per ogni dove : i suonatori di Virginale, Clavicordo e Spinetta dapprima, in seguito i clavicembalisti ne hanno fatto loro patrimonio: non v'è quasi regione ove il tema con variazione non trovi cultori valenti ed appassionati, non attragga entusiastici ammiratori. Ed allora si ricorre ai temi più semplici e popolari che l'artista tenta quasi arricchire con lembi strappati all'anima sua : Willian Byrd in Inghilterra con la Pavana variata, John Bull e Gibbons coi Gagliardi : d'Anglebert in Francia con le variazioni sulle Follie di Spagna che il Gorelli va immortalando fra noi : tutta la schiera dei precursori in Germania da Kerl a Pa- chelbel, a Buxtehude, a Froberger, a Kuhnau lascia mo- delli di tale tendenza che produrrà la famosa Aria con jo variazioni di Bach, ed il Fabro armonioso o la Gavotta variata di Haendel. 54 L*ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA Da questo passato luminoso alla sua volta scende l'arte moderna che brilla nelle variazioni di Mozart, Weber, Schubert, Mendelssohn, Schumann o dello stesso Beethoven. Un tema brevissimo, che talora in Beethoven stesso non oltrepassa le semplici otto battute, è grada- tamente arricchito, gettando fiori e germogli melodici dalla sua intima struttura. Spesso la forma più ampia del lied dianzi esaminato è scelta, come nell'impianto fondamentale déiV Allegretto in la minore, nella Sin- fonia VII; sempre poi il tema si presenta chiaro e sommamente perspicuo, a fine di potersi imprimere con facilità nella memoria dell'ascoltatore. Nel tipo che po- tremo chiamare puro, la variazione conserva il ritmo fondamentale della melodia, lascia sopravvivere Tindi- vidualità di quest'ultima per modo che sempre riesca afferrabile: e ne rispetta il fondamento armonico, che rimane pressoché invariato. In altri casi dal primo germe melodico a grado a grado svolge altri disegni, ove. l'idea madre rimane pressoché assorbita; e quest'ul- tima forma rivela il trapasso a quel sistema più com- plesso e più moderno ove un dato tema, a grado a grado modificandosi e specializzandosi, assume par- venze e significati diversi a seconda delle diverse sue manifestazioni. È l'apoteosi della variazione concretata nel motivo conduttore wagneriano. Del primo modello é esempio classico l'opera 57 di Beethoven {Sonata ap- passionata): il secondo trova esempi nelle note " Va- riations sérieuses „ (op. 54) di Mendelssohn. Finalmente, quasi anello di congiunzione fra questo secondo tipo e l'ultima elaborazione contemporanea, abbiamo la forma liberissima di variazione adoperata in ispecie da Bee- thoven, ove i vari quadretti variati non stan da soli nella propria cornice, succedendosi come altrettante faccie d'un poliedro, ma vengono fra loro riuniti da parti intermedie, con libertà d'invenzione assoluta. È PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 55 sempre il fenomeno associativo che si manifesta in ca- tena ininterrotta : è l'attitudine del genio che tra fatti od enti in apparenza sconnessi trova rapporti miste- riosi, e li accentua, e ne ricava il fascino delFimagine (i). ( i) Per lo studio della variazione oltre alle opere citate di Baumann, BussLEK, Jadassohn, Kling, Lobe, Goepp, Marx, Prout, Rtchter, RiEMANN, RiTTER, Sechter, V. RiemannH., Die Variationen formiti der alten deutschen Tànzsuitey in « Musikalisches Wochenblatt », anno 1896, n. 27-32. Un riassunto chiaro e preciso sul carattere generale e sullo sviluppo storico della variazione sta nell'articolo di Hubert C. e Parry H. (C. H., H. P.), illustrato da felici esempi musicali, nel Grote. Ad esso rimando il lettore, come a schizzo d'ampiezza mag- giore, dovendo qui limitare il cenno. Ottima guida per lo studio della variazione dal lato tecnico si ha nell'opera di Prout Eb., Ap- plied forms (seguito a Musical f or ms). Londra, Augener e C, 1896. § VI. IL RONDO La tendenza alla varietà, che il rigido principio uni- tario sempre soggioga, trova nuova esplicazione in una forma particolare che dei tipi popolari di danza o di canzone approfitta per architettare nuovi edifìd sonori. Ed è questa il Rondò, ove un soggetto principale torna e ritoma insistente, opponendosi a fasi parziali di sog- getti secondali che formano con esso contrasto. Una figura schematica riassuntiva di questa forma strumen- tale riuscirebbe incompleta, poiché essa per la tendenza innata alla varietà contraddice a regole fisse. Più pratico riesce il distinguerla in due categorie: la prima costi- tuita da un solo tema fondamentale, le cui successive riapparizioni sono rese più sensibili da brani intermedi contrastanti; la seconda invece caratterizzata da un se- condo tema detto il brano alternativo e nella quale anche il secondo soggetto viene ripreso in tutto od in parte sempre con la libertà che la maggiore ampiezza della forma consente all'inventore. Nel primo caso si com- prende che i brani intermedi possano rimanere senza ripetizione, poiché essi o costituiscono semplici punti di PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 57 attacco, o derivano dal soggetto principale come episodi di sviluppo. In altri termini, con essi non apparisce una nuova entità nell'opera: onde l'unità fondamentale del tutto riniane inviolata. Ma quando per contro il secondo soggetto è apparso nella tecnica della composizione ed ha affermato la propria individualità, allora senza un lavoro riassuntivo non si giungerebbe alla sintesi necessaria. Può apparentemente il secondo soggetto unirsi al primo come quantità accessoria, rivestendo quasi il carattere del Trio che troviamo nelle forme di danza: ed allora sembra staccarsi dal quadro, e non esigere unione col primo soggetto. Tuttavia anche in tal caso esso viene richiamato o in tutto od in parte, quasi a ricordare la struttura organica di questo tipo, diffusissimo nell'arte strumentale, e retto come ogni altro da quelle leggi che abbiamo veduto presiedere ad ogni manifestazione dello spirito. Sorto anch'esso dalle forme popolari, che nell'origine uniscono canzone e danza in un tutto ritmico e quadrato, il Rondò conserva, col nome, la vaga impronta dei suoi progenitori. E per l'appunto nel riapparire del soggetto si potrebbero trovare traccie di un lontano passato, quando l'imitazione faceva i primi passi nell'edifìzio polifonico sorgente, e Walter Odington insegnava es- servi un Rondellus ogniqualvolta tutti per ordine ripe- tono ciò che da uno viene cantato (i). Similmente il (i) «Si, quod unus cantal, omnes per ordinem recitant »: Vedi Odington Walter, De speculatione musices in Coussemaker, Scriptores de musica medii aevi, 1866-76, voi. I. Anche questa forma, che nello studio schematico apparisce chiara e convincente, nei trattatisti dà luogo a distinzioni e suddistinzioni spesso arbitrarie: valga ad esempio il Marx nel crii Allgemffine Musiklehre le forme di Rondò si elevano a cinque. Più pratico è il sistema dell'jADAS- SOHN (op. cit.), con duplice distinzione. Simile è il concetto se- guito dal CoRDER nel Grove, e da altri. Buone guide dal lato 58 l'arte del pianoforte in ITALIA carattere giocondo che lo caratterizza, e neiresecuzione pianistica richiede finezza di tocco e spiritosità di tro- vata, lascia intrav vedere un lontano profumo raggen- tilito di quelle ronde cantate, in cui dapprima il popolo ed in seguito la coorte dei poeti guerrieri erasi forse sbizzarrita. Le rassomiglianze potrebbero trovarsi ancora paragonandone lo schema con quello del Rondò poetico : poiché in questo troviamo una ripresa della fase di inizio dopo il quinto, l'ottavo ed il tredicesimo verso, per modo da costituire altrettante fasi di ritornello : ed allo stesso modo nel Rondò musicale il primo pensiero si riafferma, imponendosi alle fasi di sviluppo, ai periodi d'attacco od alle apparizioni del secondo soggetto, come il pensiero dominante d'una poesia ossessiona l'anima del poeta. L'opera io, n. 3 in re magg. e l'opera 53 in do magg. di Beethoven ci presentano dei modelli di Rondò monote- matici, come la Sonata in la magg. , op. 2, n. 2 e quella in mi b. magg., opera 7 dello stesso autore, possono fornirci saggi sulla trattazione con doppio tema. E dal- l'esame di tali opere sorge perspicua la forma di questo tipo, inteso ad ampliare il quadro delle prime conce- zioni con la lotta antagonistica di parti intese ad un solo trionfo finale. Del resto, nel lavoro associativo e nello sviluppo delle forme è duopo guardarsi dall' intendere con troppa rigi- tecnico si troveranno in Kling H., Populàre Kompositionslehre. Hannover u. London, Oertel, 1896. Prout Eb., Applied forms. London, Augener and C, 1896. duest'ultimo tratta con cura la forma classica del Rondò : nel Kling, per tutte le forme si troverà ricchezza d'esempi. PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 59 dezza il valore schematico dei vari modelli. Stretto dal principio fondamentale deirunità e dall'accessorio della varietà, su cui indugiammo lo sguardo, lo spirito crea-^ tore forzatamente afferma alcuni ritorni tipici di idee e alcune unioni di temi che si ritrovano in tutte le manifestazioni musicali. Ma in pari tempo, con la pieghe- volezza che il genio conferisce al materiale trattato, su tali elementi schematici modella così liberamente la sua creazione, da nascondere spesso l'influenza del precetto- teorico. Cosi nelle forme duotematiche, di cui abbiamo incominciato a discorrere e che per molti tratti si ricon-^ nettevano con lo sviluppo graduale del primo germe fornito dal liedy altri aggruppamenti possono ancora tentarsi: così pure altre forme possono costruirsi con tre temi, il cui diverso aggruppamento genera nuova varietà, nuovi effetti architettonici. E per graduale asso-^ dazione giungiamo allora alle forme cicliche, ove più tempi, l'uno all'altro alternati, ricercano quell'unità che nella piccola forma è ottenuta col lavorìo dei temi : specu- landò sapientemente sul seguirsi di moti lenti e rapidi,, di andanti e di allegri per suscitare nell'uditorio una emozione estetica più lata e complessa. Ciò otteneva l'arte del passato con le forme cicliche della SuitCy su cui volse lo studio relativo all'Arte del Clavicembalo: ciò sopravvive ancora nella Suite mo- derna ove il Preludio, la Fuga o un Tema con varia- zioni aprono una vasta galleria di danze idealizzate,, fra le quali s'insinua spesso l'Aria, figlia anch'essa del lied popolare. Ed allo stesso modo anche il Preludio altro non è se non una derivazione speciale da questo modello semplicissimo, i cui aspetti proteiformi dominano le più diverse manifestazioni del pensiero musicale. Così di cerchia in cerchia, salendo per i gradi delle forme, troviamo gli stessi elementi associati per lo svi- luppo crescente di un solo principio estetico. È lo specchio 6o l'arte del pianoforte in ITALIA di quella legge di sviluppo che sul principio invocammo, per cui d'una in altra elaborazione tutte le cose proce- dono alla ricerca di finalità sempre più ampie e specifi- cate: tanto che gli stessi sviluppi titanici della Sonata, a cui giunse nei tempi nostri il genio creatore, altro non sono se non fasi ingrandite di quella forza che dal primo gruppo, per associazioni iniziali, traeva il periodo, e con la ripetizione di questo affermava e quadrava la prima strofe del canto popolare. § VII. LA SONATA La specificazione costante e progressiva del pensiero musicale giunge al suo apogeo in questa erede fortu- nata di un lungo e faticoso lavorìo, per cui Tarte mo- derna del pianoforte trova un nuovo addentellato con Fera del clavicembalo. Il momento storico infatti della Sonata moderna, ossia la velocità d'impulso e la dire- zione che gli spiriti dei compositori avevano* allorquando Tèra del pianoforte si afferma, è costituito dalle opere di Emanuele Bach, Haydn, Clementi e Mozart: come alla loro volta queste trovano ragione del proprio essere nel periodo dei precursori, fra cui in prima linea si schiera Fopera poderosa dei violinisti e dei virtuosi di clavicembalo italiani. E tale concetto deve essere pre- sente allo studioso, nell'esame della produzione moderna: perchè in esso sta la sola guida per riconoscere con sicurezza le conquiste, apprezzarne il reale valore, sceve- rarle dalla falange di quelle capricciose innovazioni che celano ritorni atavici a modelli di civiltà meno progre- dita. Questi ritorni non sono rari, fra noi; spesso, a fine di trovare il nuovo, si ricade nel vecchio: spesso «2 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA -ancora, male conoscendo lo sviluppo tipico d'una forma, se ne traviano nel nuovo sviluppo gli intenti. Solo chi sia penetrato nell'opera lenta ma sicura dei secoli riesce a sceverare con sicurezza i modelli tipici dalle casuali « malsane alterazioni, che potrebbero paragonarsi alle mostruosità dell'individuo di fronte al sereno profilo ■ Jella specie. Cosi inteso, lo sguardo che noi dobbiamo gettare suUa Sonata, si limita ai soli caratteri essenziali acquisiti alle forme moderne, poiché lo studio preparatorio sul ciclo passato costituisce il presupposto della nostra opera. Tutta la falange luminosa dei precursori, tutto il pa- ziente lavorìo architettonico per cui le forme passarono, esorbita dal quadro delle' attuali ricerche; l'elemento storico anteriore passa per noi nell'ombra, o meglio, si avviva della sola luce che su di esso riverbera la oaltura precedentemente ottenuta nell'esame di opere speciali (i). (I) Su tale sviluppo storico, v. KlaUwell O.. GischUhti dir Sonale, Ktìln. Univtrsil Bibliothek. 1899. Kretischmar H., Fùhrer durch den ConccrUaal. Leipzig, Breitkopf u. Battei, 1S99, Seif- TERT M. (WiiTiKANN). GtschicHU dir Klaviirmusili. Leipzig, Breitkopf u. HSitel, 1899. Skedloch J. S., The pianoforte Sonata, its origia and developpemtni. London. Meihuen, 1895. Scuiii R., Die Sonale. Ihre Verganginheil und ihre Zukunft. in Neue Musik Zeitung, anno 190J, n. 19. 20, 11, )), 2). Sullo sviluppa generale della musica da carne», oltre al Kreti- BCHMAH citato. V. KiLBURN W., The Story 0/ Chamber music. London. Scoli, 1904. Uno studio pinicolareggiaio sulla forma nelle Grandi Sonate di Beethoven si trova in Harding H., An.ilysis of Form as Displayid in Beilhoven's T>iirty-lv:o Pianoforte So- nala!. London, Novello, 1895. Elteblein (von) E-, Beethovens CUvier SoHJten (unter Beràcksichtigung der Sonale ver und ni^li Beethoven) far FriunJe der Tonhuml. Leipzig. Matthes, 1K9;. Infine il valore del nome puù consigliare la lettura dell'opera minore di Reinecke C, Die Beethoven' se hen Clavier-Sonatin. Ldpig, GebiUder Reinecke, 1897. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 63 Nel moto ascendente rapidissimo che l'arte del Fresco- baldi trasmette ai successori, Topera evolutricé di Ber- nardo Pasquini, Giovanni Maria Bononcini, dei due Scarlatti, di Giovanni Kuhnau a grado a grado ha riu- nito le vittorie dei violinisti italiani con i saggi della tastiera a becco di penna: e con Carlo Filippo Ema- nuele Bach, il figlio glorioso del gloriosissimo Sebastiano, la forma della moderna Sonata ormai si differenzia completamente dall'antico modello della Suiie, Seba- stiano Bach, riducendo per Clavicembalo i Concerti Grossi dei nostri italiani, ha lanciato la vecchia tastiera a nuovo cammino : Giorgio Haendel, versando nell'am- piezza magniloquente delle forme il genio inventivo, ha sparso sulla tradizione il fascino di una fresca ele- ganza. E frattanto con l'opera in musica lo spirito ita- liano ha cantato la vita serena, lo scherzo giocondo, l'idillio, l'amore : le formole contrappuntistiche ormai si sono singolarmente alleggerite, la melodia si è svolta in cerchia sentimentale, l'armonia ha scordato il primo arruffio di note per ridursi tutta intorno al centro della logica successione tonale. Il piccolo Clavicembalo mezzo spiritoso e mezzo cascante è ormai detronizzato dal martellìo formidabile dei nuovi prodotti che il Silber- marni lancia fra i musicisti: nuovi ideali scaldano le menti: lo spirito scorda la placida acquiescenza del pas- sato per tentare la soluzione di dubbi prima sconosciuti : la vita moderna fa capolino nei geni maggiori, pronta a tuonare fra le masse non appena una scossa potente spezzi le ultime barriere del passato ed apra alle anime l'orizzonte del mondo contemporaneo. Ed è allora che, nell'opera di Emanuele Bach, la Sonata si afferma cosciente nella moderna struttura. Non sono soltanto due temi che, esposti nel rapporto di prima a quinta o di prima a terza minore superiore, se la pagina è in minore, scendono ad una chiusa co- 64 l'arte del pianoforte in ITALIA mune: il che avveniva nei precursori. Sono per contro due veri enti logicamente connessi per quanto in appa- renza diversi, ed i quali tendono a periodi particolari di sviluppo : segnando così una parte nuova, imperfetta- mente accarezzata nelle opere per tastiera precedenti, ove l'analisi tematica fraziona e suddivide le prime idee, e con aggruppamenti caleidoscopici ricava nuove bel- lezze dalle membra del tutto primitivo. Un vasto quadro che nella rispondenza delle tre parti onde è costituito riproduce le fasi di un largo trittico pittorico: ecco il primo tempo della Sonata, che costituisce l'elemento più interessante nello studio della sua composizione. In una prima fase due temi si espongono: ed è fra essi un occulto legame di rispondenza per cui, pure diversifi- candosi nel disegno ritmico e nel contenuto melodico, tuttavia serbano per lo spirito dell'ascoltatore quel nesso, che li rende inscindibili e quasi complemento necessario l'uno dell'altro. La legge dell'unità, su cui tanto insi- stemmo, piega ai suoi dettati quella della varietà, per modo da ottenere una parentela ideale anche fra questi schemi cozzanti. Il primo regolarmente è proposto nel tono d'impianto ; il secondo entra alla quinta superiore, se il pezzo è in maggiore; alla terza minore, se la pa- gina è concepita in minore. Rari sono i casi in cui esso sia proposto ad un altro grado: il polo attivo della quinta o la luce più calda del maggiore relativo lo attrag- gono. Dopo un ritornello, che per lo più chiude questa prima parte, s'inizia la seconda che nei precursori solo a poco a poco e timidamente si afferma; ed essa com- prende l'elaborazione dei temi, ricercandone lo spirito nei frammenti costitutivi, voltando e rivoltando le membra sparse di questi enti melodici con l'arte di chi faccettasse un prezioso diamante. Finché, esaurita quasi la vitalità di tali creazioni, in una terza fase l'intero lavoro si riepiloga col ritorno dei due temi: solo il secondo è PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 65 riprodotto nel tono fondamentale del pezzo, onde questa fase di ricapitolazione si chiama anche fase di trasposi- zione. Una coda o perorazione può chiudere per mag- giore efficacia Tedifizio, il quale sorge, s'innalza, si afferma nei tre momenti, come sul piedestallo granitico il capitello corona lo stelo marmoreo della colonna, trionfalmente campato nel sole. E la formola ormai consacrata per cui, chiamando A e B i due temi, abbiamo lo schema: :A-B: oppure : :A-B: ^-A-B 4--B-A. E questo modulo ternario, figlio al paziente lavorìo di intere generazioni, si erige a forma tipica su cui le maggiori composizioni strumentali si modellano; con- servando il nome di Sonata per il pianoforte e per gli strumenti con esso concertanti: intitolandosi Quartetto quando poggia sugli archi : abbellendosi infine di un nome assai antico — quello di Sinfonia — quando distribuisce la sua trama alle voci policrome delle falangi orche- strali : sempre retto dal bisogno supremo dell'unità, cui il ritorno dei temi e la formazione della parte mediana con semplici loro sviluppi cospira: sempre ossequente a tale triplice partizione cui il genio sembra sottrarsi solo per riaffermarne, con ritorni improvvisi, la invio- labile essenza. Chi ricorda il lungo cammino evolutivo tracciato dalle opere dei precursori, si accorge come esso si riassuma nel trapasso dalla semplice esposizione dei soggetti alla loro elaborazione, ossia alla loro ana- lisi tematica costituente la fase centrale di questa forma. Orbene, il moto così affermato prosegue: ed è preci- samente su tale parte che da Emanuele Bach ad Haydn, L. A. ViLLANis, Uarte del pianoforte in Italia. 5 66 l'arte del pianoforte in ITALIA a Clementi, a Mozart, si esercitano gli sforzi dei suc- cessori, ampliandone le risorse, accrescendone e rimu- tandone il contenuto passionale in progresso mirabile fino a Beethoven, che segnerà in tale corsa Tapogeo. È sempre il principio inviolabile dell'evoluzione che trae sino alle maggiori specificazioni il primo germe poco differenziato, che trascina a crescente eterogeneità ciò che dapprima si presentava omogeneo : ma in pari tempo è l'affermazione delle due leggi considerate, per cui l'unità s'impone come base di ogni manifestazione d'uno spirito coordinato e superiore, solo ricercando nella va- rietà un nuovo stimolo alla emozione estetica. A questo primo tempo, come in tutte le forme cicliche, altri quadri si associano : e vale per essi la regola gene- rale del motus infine velocior, intesa a procurare maggior efficacia coU'irruenza del moto finale. Tuttavia questo principio puramente estemo soffre eccezioni, di cui i migliori modelli offrono esempio: bastando spesso la ricchezza dell'invenzione ed il particolare rapporto fra i diversi quadri per ottenere quello stesso effetto, che l'accelerazione del moto ricava da puri mezzi mecca- nici. Più pratica è la distinzione di questa forma in tre gruppi: 1° La Sonatina, o piccola Sonata, che per lo più è costituita da due tempi, raramente da tre, ed alla sua volta nel primo tempo presenta la formola ternaria di esposizione dei temi, sviluppo, ricapitolazione o traspo- sizione. 2° La Sonata y che comprende per lo più tre temi, raramente due soli, o quattro: ed anch'essa segue nel primo tempo la formola ternaria, aggiungendo spesso una coda per maggior efficacia di chiusura. 3° La Grande Sonata, composizione di particolare importanza ove i tempi salgono a quattro, raramente si limitano a tre soli, e che per l'imponenza con cui la PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI . 67 coda è svolta sembra nel primo tempo aggiungere alle tre fasi già nominate una quarta. In queste varie manifestazioni la formola tipica dei tempi spesso ricorda il passato, allorquando le modifi- •cazioni apportate da Alessandro Scarlatti alla ouverture lulliana sancivano il modello Allegro- Andante-Allegro, passato poi nel Concerto Grosso dei violinisti italiani e per essi infiltratosi nella tecnica della tastiera. Quando i tempi salgono a quattro, con l'adozione del Minuetto •che in Beethoven doveva assumere il nome di Scherzo, -allora abbiamo lo schema ideale di AUegro-Adagio- Scherzo-Finale: ma anche in ciò la massima libertà h sancita dai compositori. Numero, successione di tempi, loro distribuzione, tonalità in cui i tempi di mezzo verranno concepiti^ tutto può subire mutamento. L'o- pera 26 di Beethoven comincia con un Andante: senza Adagio abbiamo la Sonata op. 31, n. 2, con Allegro- Scherzo-Minuetto-Presto. L'opera 78 è formata di due Allegri, cui un brevissimo Adagio cantabile sembra ar//c«/ar^, mi father bought a grand one made by one of the first London makers ». (Siccome buoni pianoforti erano in questo tempo rari dovunque, specialmente in Italia ^ così 8o l'arte del pianoforte in ITALIA Frattanto Marius in Francia, Schroeter in Germania presentavano saggi di pianoforti che contribuirono ad accendere più tardi le dispute sulla priorità del ritro- vato. La logica delle date, però, non ammette dub- biezze. Il clavecin à maillet del Marius risale al febbraio del 1716, e la descrizione, avvalorata da disegno, ap- parisce nei numeri 172, 173, 174 della raccolta Ma- chines et inventions approuvées par PAcadémie Royale des Sciences, tome troisième: depuis lyij jusqu'en 17 19. A Paris MDCCXXXV. Quanto allo Schroeter, la na- scita stessa, risalente all'anno 1699, è già argomento per affievolire le pretese sue sopra un'invenzione, lun- gamente attribuitagli fra le nazioni sorelle. Stando alle dichiarazioni dello Schroeter, egli avrebbe imaginato il nuovo strumento fin dal 171 7 — data sempre posteriore ai saggi del Cristofori — : due pianoforti vennero poi da lui presentati alla corte di Sassonia nel 1721. Forse più teorico che pratico, cèrto uomo di studio e di perso- nali iniziative, elevò specialmente le sue pretese nella lettera indirizzata al Mitzler, che fu da questo pubbli- cata nella Neue eróffnete musikalische Bibliotek di Li- mio padre ne comperò uno a coda fatto da uno dei primi fabbri- canti di Londra). In ciò lo spirito pratico inglese sembra aver inteso per tempo il vantaggio commerciale che si poteva trarre dal nuovo ritrovato. Cosi è certo che dopo la venuta di Cristiano Bach in Inghilterra (il che fu nel 1759, e non nel 1763 come scriveva il Rimbault) « tutti i fabbricanti di clavicembali di questa regione » sono parole del Burney nella. /^ee's Cydopaedia del 18 19 « diedero ogni loro fatica alla costruzione di pianoforti ». Onde i pianoforti a tavolino {square piano) fabbricati dallo Zumpe e dal Backers nel decennio 1765-7$ preparano all'ambiente londinese quella supremazia, che con Broadwood e Stodard, con Kirkman e Shudi più non doveva sfug- girgli. L'ortografia naturalizzata inglese di alcuni nomi, in origine germanici, dimostra sempre più la forza attrattiva dell'ambiente. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 8l psia (i). E poich'egli faceva allusione ad un altro inge- gnoso uomo di Dresda {ein anderer sinnreicher Mann) così non riesce inutile qui ricordare Goffredo Silber- mann, cui l'allusione si riferisce : perfezionatore valente e geniale dei primi prodotti, e la cui fortuna condusse nella seconda metà del settecento gli scrittori di storia a considerarlo spesso come il vero inventore. Onde nel 1780 il De La Borde in Francia seguitava a ripe- tere che " il pianoforte fu inventato circa vent'anni or sono a Friburgo, in Sassonia, dal Silbermann „ (2): e Arouet de Voltaire redivivo avrebbe potuto esclamare: Et voilà justement comme on écrit f histoire. Del resto Pesame dell'opera dovuta al Silbermann, su cui il grande Sebastiano alla corte di Prussia diede parere negativo, dimostra una derivazione piuttosto dai saggi del Cristofori che non da quelli dello Schroeter: cosa non difficile a comprendersi, quando si sappia che una versione accurata dell'articolo del nostro MaflFei, a cura di Koenig, era stata edita in Germania dal Mattheson fin dal 1725: sul che il Musikalische Lexicon del Walter, stampato a Lipsia nel 1732, attribuiva il ritro- vato all'inventore [italiano. Infine non è forse fuor di luogo notare che, per dichiarazione stessa del Silber- mann, i primi suoi s^ggi vennero fatti nel 1726: un anno quindi era- già trascorso dalla pubblicazione di Mattheson e Koenig, che metteva gli studiosi germa- nici in possesso della descrizione, stesa da Scipione Maffei. (i) Volume III, pagg. 474-476. Venne riprodotta nell'opera del Marpurg, Kritische Briefeùber Tonkunst. Berlin, 1764; v.vol. Ili, pag. 85. Si accalorò nella quistione Paul O., Geschichte des Kla- viers, 1868, pag. 82; v. Puliti L., Studio sul Cristofori, negli « Atti del R. Istituto di musica di Firenze ». (2) Essai sur la Musique ancienne et moderne, L. A. ViLLANis, L'arte del pianoforte in JtaMa, 6 82 l'arte del pianoforte in ITALIA « * Stabilite le origini, breve riesce il cammino che ci si para dinanzi. Osservava TEmerson che " gli uomini camminano come profeti viventi di un'era prossima „. L'ambiente ne dirige l'attività creatrice: la voce di questa, come la tromba evocatrice del giudizio, chiama a raccolta gli spiriti, e traccia la via alle nuove ricerche. Così a poco a poco, mentre si tentano nuove perfe- zioni alla meccanica primitiva, anche la forma si altera. I modelli di cui si disse (Cristofori, Marius, Silbermann) seguivano per la cassa le strutture adottate nel clavi- cembalo antico. Appartenevano in altri termini ai mo- delli dell'attuale pianoforte a coda, detto grand piano in Inghilterra, piano à queue in Francia, flUgel in Ger- mania. Ora verso il 1760 (se la data proposta dal Fischof si ritiene accettabile) già comincia ad apparire la forma quadrata del pianoforte a tavolino, cono- sciuto presso gl'inglesi come square pianOy detto piano carré dai francesi e tafelfórmiges piano in lìngua te- desca. Cristiano Emesto Frederici di Gera è il primo costruttore di questo tipo, tuttora ricordato da un mo- dello presso lo stabilimento Broadwood di Londra. Il Frederici era allievo del Silbermann, la cui importanza nella diffusione del nuovo ritrovato è innegabile. Così altro allievo suo fu lo Zumpe (forse in origine Zumpt) (i) che tra il 1760 e il 1770 lavora e produce simili mo- delli in Londra, centro ormai di una industria già at- (i) Alio stesso modo il nome inglese Shudi, già citato in nota, procede forse dalla trasformazione di un originale Tschudi; Kirk- man da Kirchmann. PARTE PRIMA - NOTIZIE GENERALI 83 tiva. Il più antico pianoforte a tavolino dello Zumpe, di cui si abbia notizia, risale al 1766. Mentre tali cose accadono, nella nostra Italia, ove la prima invenzione si maturava, sorge per opera di ' un solitario il pianoforte verticale, destinato a rimanere obliato nella casa del suo stesso ideatore, che lo co- struiva in Gagliano di Mugello. Il cimelio scoperto da Cesare Ponsicchi, e da lui descritto nel giornale La Nuova Musica (i), costituisce la gloria ignorata di don Domenico del Mela, di cui reca la firma con Tanno 1739. È un pianoforte a martelli con meccanismo di costru- zione particolare: preceduto nella forma verticale dai clavicembali a penna del Rigoli fiorentino, precede di oltre 60 anni la forma verticale su cui prese brevetto nel 1800 Isaac Hawkins, dandole il nome di piano ca- binet. Onde, se si pensa che il verticale diagonale ora in uso nasce dalle innovazioni del Wornum nel 181 1 e 181 3, non si può sconoscere il valore del nostro oscuro italiano : e, di fronte a tanti ricercatori ingegnosi obliati, si finisce col ricordare la triste conclusione del Saint-Pierre : Les homtnes ne veulent connattre que Phis- toire des grands et des rois, qui ne seri à personne. Col progredire degli anni, nuovi perfezionamenti accre- scono le risorse e complicano la meccanica del piano- forte. Nel 1772 Backers inventa il meccanismo inglese : nel 1777 Stein trova il sistema viennese, destinato ad * esercitare larga influenza negli inizi della scuola pia- nistica mozartiana, e su cui spesso ci intrattenemmo nel primo capitolo. In questo sistema il martello, imperniato direttamente sul tasto, senza altro intermediario di leve, consentiva una speciale leggerezza e facilità di giuoco pianistico, evidente in chi ne osservi per brevi istanti (i) Firenze, anno II (1898), n. 21, con disegno- 84 l'arte del pianoforte in ITALIA il disegno (i): e fu per l'appunto l'invenzione dello Stein che, applicata nel 1794 ai pianoforti a tavolino a coda ed ai verticali da Andrea Streicher, concorse a diffondere i dettati della scuola pianistica viennese. Ora l'iniziativa degli inventori, non più ristretta alla fase degli incunaboli, tende ad accrescere la potenzia- lità dello strumento in suono, risorse, resistenza ed esten- sione. Le cinque ottave dei primi saggi, nel 1790 sona estese dal Broadwood a cinque e mezza, nel 1794 a sei : il pianoforte Erard, su cui Liszt si presenta in Pa- rigi nel 1824, già ne misurava sette, mentre il doppio scap- pamento, dallo stesso Erard inventato nel 1821, concede nuova obbedienza e celerità massima di ripetizione all'assieme. I pedali, dapprima cresciuti.sino al numero di cinque con pretese di imitare fagotto e chitarra o bat- tere cassa e piatti, a poco a poco si sono ristretti a due, il cui impiego razionale basta alle sfumature irraggiun- gibili col semplice tocco della mano (2). L'opera intel- ligente di artisti quali Gementi e Cramer, Herz Pleyel e Kalkbrenner, indirizzandosi direttamente alla fabbri- cazione, ha dato largo incremento a tuttociò che la poesia del pianoforte sembrava richiedere: virtuosi del valore di Liszt, Chopin e Thalberg, a grado a grado segnalando i difetti ancora inerenti ai nuovi prodotti y son venuti piegando i costruttori a crescente maestria, E il colosso moderno, blindato nel telaio come un guer- (i) V. Tart. dell'HiPKiNS nel Grove, figura io. (2) Anche per quanto si riferisce allo sviluppo della tecnica e dell'arte del pedale (quest'ultima parte, per l'Italia, verrà trattata più avanti nello studio dei metodi), chi brama notizie riassuntive potrà vedere l' art. di A. J. Hipkins nel Grove, voce Pedals, n. II e seg. Lo studio e l'incremento nell'uso del pedale storica- mente si riconnettono col nostro Pollini, cui seguono Thalberg^ Henselt e Liszt: nello sguardo sui metodi, sopra ricordati, il lettore vedrà le regole che il Pollini tracciava. PARTE PRIMA • NOTIZIE GENERALI 85 riero pronto alla lotta, dolce nella carezza come Tonda leggera del mare, e come questa terribile nelle ore di collera scatenata, guarda sdegnoso i primi saggi ancora vacillanti ed incerti : lieto se sulla tastiera ricchissima si verrà indugiando la mano di chi, come sul clavicem- balo passato, tracciava nuove forme alla turba adorante dei posteri (i). (i) Su quest'ultima parte, per quanto si riferisce alla pratica della costruzione, dati interessanti sì leggono nella Rivista Zeitschrift fùr IrtstrumentenbaUy di Lipsia. V. ancora André K. A., Der KlavierbaUf 1855; Fischof, Versuch einer Gsschichte des Kla- vierbauj 1853; Hipkins e Rimbault più volte citati; e per no- tizie sommarie : Passagni L., // pianoforte. Milano, Pigna, n. di cat. 3845, Come è fatto il pianoforte^ P*og« 26 e seg. ->K«« PARTE SECONDA L'ITALIA CAPITOLO I. SGUARDO GENERALE § I. Già venne notato come il momento storico e Tam- biente proprio ad un'epoca, favorendo speciali orienta- zioni del pensiero e modificando l'impulso che lo regge^ stampino in ogni periodo di produzione un'impronta speciale. Eppure in tanto rivolgere d'ideali una cosa permane immutata, o sottoposta a così lenta evoluzione, da rendere assai difficile l'afferrarne i cangiamenti. Essa risiede in quel fondo oscuro di tendenze ataviche per cui una razza dall'altra si differenzia, e ciascuno fra i suoi stessi rami, se limgamente sia vissuto sopra uno speciale territorio con usi e forme suggerite da ragioni di naturale adattamento, a sua volta si disgiunge dai rami collaterali. A formare questo fondo di razza con- corre la somma dei coefficienti organici tramandati dai padri, la somma delle modificazioni recate dall'anibiente fisico, la somma dèlie abitudini provocate da questo e dalle necessità di sviluppo, la somma delle scosse emo- zionali che il lungo ripetersi di eccitazioni esteme co- stanti ribadiva nelle generazioni. Sono tristi inverni e pensosi che incombono sugli spiriti del settentrione, sono fioriture primaverili e carezze di zefiri e splendor di meriggi e notti lunari fascinatrici che sognano e can- tano nella coscienza dei felici abitatori meridionali. Ed il carattere della razza, emanazione ideale di lunga con- suetudine fra uomini e cose, attraverso ad ogni altra 92 l'arte del pianoforte in ITALIA influenza si conserva, e fra gli atti della vita pratica e di mezzo alle artistiche manifestazioni sporge il capo coronato dal nimbo dei secoli. Ecco il fondo già noto a noi, che ritroveremo in Italia. In tutto il nuovo ciclo di produzione su cui vol- ge'ranno i nostri sguardi, malgrado il triste avvicen- darsi di reggimenti politici e di straniere oppressioni, fra lo stesso tumultuare del periodo rivoluzionario e l'evolversi vertiginoso di avvenimenti che attraverso a lotte e dolori infiniti dovevano condurci alla rivendica- zione contemporanea, lo spirito italico conserva quella schietta impronta di chiarezza spontanea e di naturale facilità, che nello studio sul Clavicembalo abbiamo ele- vato a simbolo delFarte nostra. Mutati i tempi, le forme ed il contenuto passionale rimutano : tuttavia la ricerca delle prime e l'elaborazione del secondo sempre con uno stesso fondo si connettono. Il nostro spirito tra- mezza fra la leggerezza brillante francese e la nebu- losa profondità delle razze germaniche: più solidi dei nostri vicini d'oltr'Alpi^ più agili degli altri, cediamo facili air intuizione, senza troppo preoccuparci della ela- borazione finale. Osservatori, scienziati, filosofi del pas- sato, cospiratori del periodo di rivendicazione, statisti della nuova Italia o industriali dell'ora presente, è sempre in noi vivo il fascino dell'emozione che ci rende facili alle manifestazioni dell'arte: che se l'attuale cosmopo- litismo invadente livella le tendenze europee e d'in- flussi stranieri imbeve l'arte, non cessa perciò il nostro carattere dal manifestarsi nella particolare simpatia con cui dall'esterno accoglie i generi più a noi confacienti. La musica italiana predilige la plastica bellezza del canto espressivo, la chiarezza della linea melodica, i ritmi netti, quadrati, perspicui. Consenziente in ciò alla nostra na- tura sentimentale ed emotiva, trova essa un addentel- lato nella musa viennese, che per tanti lati si differenzia PARTE SECONDA - l'iTALIA 93 dal rigido e profondo carattere germanico. Un valzer viennese è a tutti fra noi accessibile: un corale schiet- tamente germanico, sebbene netto e melodico nelle sue quattro parti, potrebbe riuscire pesante e meno accetto. Il colore e la flessuosità espressiva dei nostri direttori d'orchestra, lo slancio delle falangi strumentali italiane elettrizzano il viennese e nei suoi maestri trovano nuovo riscontro: mentre la leggerezza delle forme accarezzate dai musicisti austriaci sembra avvicinarsi meglio alla plastica bellezza che nelle opere italiane raggiungeva l'apogeo. L'artista italiano è tra i più facili impressionisti, tras- formando in arabeschi melodici: Ces premiers mouvements dui d'une impression nous font des sentiments. E poiché l'opera d'arte balza rapida all'esterno, sca- ricando nell'atto riflesso la potenza eccitatrice che l'emo- zione aveva in noi suscitato, così la sua profondità è spesso sostituita dalla immediata chiarezza intuitiva. In altri termini, la creazione incosciente ci è più facile che non la cosciente e meditata riflessione sulle prime forme che la scossa estema eccitatrice suggeriva : l'amore della bellezza estema tiene in iscacco la ricerca di una mag- giore profondità dell'intimo contenuto: la forte poten- zialità ^emozionale si compiace di accenti e formole espressive che ricordano la tendenza nostra al canto, e per molti lati potrebbero rendere accettabili le teorie spenceriane^ull'origine dell'arte musicale. Date queste tendenze, che la musicalità delle voci in Italia accentuava, si spiega il fiorire delle forme chiuse fra noi ed il virtuosismo del canto, i quali trovano alla loro volta palestra nell'opera in musica. È in altri termini un incalzare di coefficienti fra loro connessi, che l'osservatore scinde per necessità di indagine, ma che 94 l'arte del pianoforte in ITALIA agiscono con stretta e costante ed infaticata concordia. Il sorgere della monodia accompagnata nel cinquecento declinante, raffermarsi di tali forme nelle " Nuove mu- siche del Caccini „ e negli sforzi della Camerata fioren- tina sull'aurora del seicento, il fiorire del melodramma nelle terre italiane non costituiscono fenomeni capric- ciosi, ma piuttosto vanno considerati quali dichiarazioni pratiche di un principio spesso inconsciamente vagheg- giato. Gli stessi difetti imputabili allo sviluppo dell'arte musicale, fra noi, confermano queste osservazioni. Così chi consideri anche leggermente le forme fisse dell'o- pera antica italiana — e per essa intendo le schiette manifestazioni del perìodo più puro, non esclusa la pro- duzione iniziale del Verdi — s'accorge come l'architet- tura elegante da cui venivano governate mitighi di molto il severo giudizio dei modernissimi. Di fronte al con- cetto organico di un vero dramma, in cui la musica debba seguire al più presso l'azione, queste forme stereotipe divengono pressoché ridicole ; ma come semplici forme di bellezza indipendente, vaghe corolle di una fioritura provocatrice di pure emozioni estetiche, la " grande arìa „ ed i rampolli minori continuano ad essere mo- delli logici e preziosi, nati da quello stesso bisogno di unità nella varietà che nella ricchezza istrumentale dei classici sanciva il tipo primitivo della Sonata, con leggi immutabili e col ** da capo „, costituito dai ritornelli. Da questo e non da altro punto di vista conviene conside- rare lo spirito musicale italiano: bisognoso dell'espan- sione immediata, e quindi ricercatore di brevi quadri melodici: innamorato della pura bellezza simmetrica dei temi, ed in conseguenza meno propenso alla pro- fondità degli intrecci polifonici: bramoso infine di as- saporare tutta l'intima essenza melodica di queste pic- cole arie ritmate, figlie ai generi per danza, epperciò ancora trascinato a quel basso modesto arpeggiante cui PARTE SECONDA • l'iTALIA 95 l'Alberti veneto affidava il suo nome, e che segna tri- stemente il trapasso alla povertà armonica del periodo considerato. Ora, lo sviluppo del canto limita a sua volta le crea- zioni per la tastiera, poiché i maestri, che tendono al successo e per questo raggiungere scrutano le tendenze della massa, vengono cacciati senza remissione alle scene, indebolendo sempre più la produzione istrumen- tale. Si coltiva il pianoforte, ma quale mezzo, non fine : e chi vada sfogliando le pagine degli storici italiani (come talvolta faremo riportando i brevi tratti in cui essi discorrono dell'arte nostra), o svolga le memorie compilate sui nostri Conservatori, trova nei primi sotto il nome di musica raccolti i soli fatti od i soli successi teatrali, e nelle seconde rinviene copia infinita di ope- risti, numero scarso di scrittori per la tastiera o per le risorse più ampie orchestrali. Il diffondersi ed il popo- larizzarsi progressivo dell'arte ha spopolato i piccoli templi raccolti e misteriosi, ove la voce discreta del clavicembalo narrava in trilli e movenze compassate un sogno di arte tranquilla. Ormai la scena diviene l'aula amplissima del tribunale, ove l'autore attende dubitoso la sentenza. I servitori principeschi del passato, come Wagner accennando ad Haydn chiamerà i musicisti irreggimentati nelle Corti signorili, spariscono col de- cadere delle vecchie istituzioni : ai calzoni corti, ai gal- loni ed alle parrucche di parata si vanno sostituendo quelle foggie aderenti come maglia alle coscie^ che stra- namente si alternano ai famosi calzoni " a gamba d'ele- fante „, larghi e lunghi così, da nascondere il piede. Gli abiti " americani „ dal collare larghissimo e dalle larghe falde ci parlano intomo al 1829 del Nuovo mondo, prima trascurato : i " redingotes „ di color verde o azzurro cupo, con collare di velluto nero, risentono la moda di Francia : i " gros de Naples „^ i colori " vin de Bordeaux, g6 l'arte del pianoforte in Italia chamoisy vert thè „, i " boufìans „ sulle maniche " alla mammalucca » o le fogge " oreilles d'éléfant „ confer- mano il bisogno di appagare la frivolezza della moda con suggello d' importazione straniera. E, di pari passo con quest'invasione di forestierume, anche la nazionalità delle cose nostre musicali, già compromessa fin dal ca- dere del clavicembalo, si ammorza. In ispecie l'egemonia dell'arte strumentale, passata definitivamente alla Germania, minaccia sull'inizio del periodo da noi considerato un' invasione fra i nostri istru- mentisti: e non appena il risvegUo intomo alle prime decadi dell'ottocento si verifica, l'influenza diviene ma- nifesta. Con Muzio Clementi molta italianità ancora vibrava attraverso all'assorbimento di suggestioni stra- niere : dopo di lui dovremo riconoscere che non impu- nemente sull'umanità musicale era brillato lo splendore di Haydn, Mozarth, Beethoven. Ed a quel modo che i successori in Germania trarranno dai grandi del passato nuovo impulso, rivelando spessissimo gli addentellati con questi precettori dell'universo, così la scuola piani- stica italiana risorgente subirà il fascino di forze che per l'intero campo degli artisti si diffusero, e sembra- rono quasi riassumere le formole supreme dell'arte. Così avverrà che, ogniqualvolta il pianista italiano cerchi di elevarsi nobilmente alla contemplazione del vero ge- nere formale, cui la musica pura chiede regole ormai definite, si troverà modo di gridare all'abbandono delle nostre tradizioni, all'imitazione straniera: quasi che voce e movenza e contenuto della dizione, tutto dovesse su- bordinarsi al genere dall'autore prescelto. Anzi, il di- stacco fra le tendenze melodrammatiche e le forme {strumentali, cui il pianoforte si inchina, condurrà a poco a poco la gran massa degli scrittori dilettanti d'arte a dire ** tedesco „ tuttociò che si lanci alla ricerca delle forme pure: dimenticando che la schiera nobilissima PARTE SECONDA - l'ITALIA 97 dei violinisti italiani in esse eccelleva, e peregrinando l'Europa predicava il verbo artistico del nuovo vangelo, e nel Primo tempo di Sonata additava l'apogeo alla futura grandezza. Questo strano contegno turberà e varrà a trattenere i deboli e i timidi: ma contro di esso in- sorgerà provvidenziale la stessa energia dell'epoca nuova. Il graduale affinarsi dei tempi, l'agitarsi progres- sivo delle coscienze, incapaci di riposare nella fede, il muovere dal dubbio alla speranza e da questa a nuovo dubbio tormentoso, l'inquietudine dell'anima contem- poranea, in cui lo sfacelo di vecchie utopie ha acuito la maliosa tentazione del sogno e del mistero; tutti questi coefficienti riuniti spingeranno inesorabilmente la musica fuori delle formole fisse, lungi dalle cornici ri- strette, lungi dalla determinatezza eccessiva che la pa- rola cantata vi reca: e dinnanzi all'artista, sognatore impenitente, si aprirà sempre più fascinatore il campo sterminato delle creazioni sinfoniche, il pelago insidioso dei romantici, la seduzione incompleta degli avveniristi. -♦♦♦- L. A. ViLLANis, L'arte del pianoforte in Italia. CAPITOLO n. L'AMBIENTE (i) (i) L'intero ambiente settecentistico forma le premesse del mo- mento, su cui vertono le nostre ricerche: e sul suo speciale carat- tere si può attingere luce da una doppia categoria di fonti. La prima serie riguarda quegli scritti che, senza speciale intento sistematico, vennero stesi da osservatori nei diversi periodi in cui lo spirito italiano si manifestava: la seconda abbraccia le vere e proprie opere -storiche. Collocheremo nella prima serie le notizie raccolte da viaggiatori -che, nell'inizio del periodo considerato, peregrinarono l'Italia. Ten- gono fra essi il primo posto, per numero, i francesi, spesso parti- giani: seguono inglesi, tedeschi, spagnuoli. Ricca bibliografia di •questi viaggi è consegnata nell'opera di Alessandro D'Ancona, V Italia alla fine del secolo XVI (traduz. del Giornale del viaggio in Italia di Michele di Montaigne), Città di Castello, Lapi, 1889 : e fra gli scrittori, che si occuparono in qualche modo dell'ambiente musicale (essenzialmente operistico), possiamo stabi- lire una nuova distinzione. Alcuni appartengono al puro periodo di formazione, nella prima metà del settecento : e V. fra essi, per or- dine di data: Addison, Remarks on several parts 0/ Italy in the years jyoif 1702^ '70J- London, Tonsoo, 1718. Labat G. B., Voyage en Éspagne et en Italie, Amsterdam, lOO l'arte del pianoforte in ITALIA aux dépens de la Compagnie, 173 1. Il suo viaggio si compi fra. il 1705 e il 1709. GuYOT DE Merville M., Voyage historique et politique d*I- ialìe. La Haye, Guyot, 1729. Si riferisce al periodo italiano dal 1717 al 1721. Montesquieu, Voyages, Bordeaux, 1894. Discorre dell' Italia, dal 1728 al 1729. Lettres du baron de Pó'llnitz. Londra, Jean Mourre, 1747. Si spingono fino al 173 1 circa. Le président de Brosses en Italie. Lettres familières écrites^ d'Italie en ijyg et 1740 par Ch. de Brossbs. Paris, Didier et C, 1859. Una seconda schiera di viaggiatori percorse Tltalia nell'era a nof più prossima, in cui ci appressiamo alla caduta finale del clavicem- balo e al sorgere del pianoforte. Essa comprende, per ordine di data nel viaggio: Orbessan (D'), Mélanges historiqueSj critiques, de physiquCr de littérature et de poesie. Toulouse^ aux dépens de Birossc, ij68. Tomo I, parte II: Voyage d'Italie. Si svolge dal 1749» al 1750. Recueil des osuvres de Af.™* Du B. (du Bocage). Lyon, Pe- risse, 1774, tomo III. Comprende il perìodo dal 1757 al 1758. Grossley P. J., (Euvres inéditeSt Paris, 18 13. Comprendona alcune Lettres sur l'Italie, relative al viaggio iniziato nel 1758. Dello stesso autore è un Essai d^histoire comparée de la mu- sique italienne et de la musique frangaise. Si trova nel voi. IV. Neville Rolfe e., Naples in the Nineties; Napoli, Prass, 1897. Contiene il diario di viaggio di Edmondo Rolfe, che si riferisce al 1760. Coyer Gab. Fr., Voyage d'Italie. Parigi, Duchesne, 1776, 1778. Si stende dal 1763 al 1764. Voyage en Italie par M. de Lalande. Parigi, Desaint, 1786. Importante: tratta il periodo 1765 1766. Burney Ch., The present state of music in France and Italy, etc. Londra, 1771. Il viaggio muove per Torino, Milano, Padova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, nel 1770 (Ri- prodotti nell'opera di Vernon Lee, // settecento in Italia). Archenholtz J. W. (von): Tableau de V Angleterre et de l'Italie (trad. dal tedesco). Bruxelles, 1788. Si riferisce al 1780. DuTENS, Mémoires d'un voyageur qui se repose. Parigi, 1807.. Lettres d'un voyageur anglois. Neuchàtel, 178 1. MooRE, Essai sur la société et sur les tnoeurs des Italiens^ PARTE SECONDA - l'iTALIA IOI Lausanne, 1782 (trad. dall' inglese). Queste tre opere si riferiscono al periodo i'j'j$'i'jS$. DuPATY J. B., Lettres sur V Italie écrites en 178$. Parigi, 1796. Goethe, Viaggio in Italia (1786-87). Milano, 1877 (trad. del tedesco). Cartas familiares del abate D. Juan Andres a su hermano D. Carlos Andres j etc. Madrid, Sancha, 1 791-1794. Trattano del- l'Italia dal 1785 al 179 1. Vigée-Lebrun , Souvenirs. Paris, 1835. Cadono nel periodo ir > 1^^ E mf p^ a zjiza^Èas m 124 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA' tr tr ».=# — «- m j=pr=i=p: li h—u^-& m -^Mh I — ^ f ^^ 3^ :ir S: Dopo questa fase di esposizione lo vediamo risalire alla quinta modulando in re maggiore: ì giochetti del trillo si susseguono, come nei saggi del passato : a mala pena alla battuta 20* una lunga tenuta nel basso fa pen- sare alle maggiori risonanze offerte dal pianoforte a martelli, su cui fra poco speculeranno ampiamente i compositori. Né da questo tipo si stacca VAdagiOy assai più ornato : Adagio, I —> ir *^ g 4 F^ ^ :|:: PARTE SECONDA - L ITALIA 125 y=^r ro . r ^ Ji ^ ^=?= 4U # — ^ g ^ :1 f f- ■i—i~ '^- ^ — #: ^^^^ ìt ^ ?!=5 ^ ^ ;t Ji- !• ir '^" ' m fcg^ j f:hhh -#7 2* i): J =^. i fe^^ ^ -#7 #7 Il carattere dell'Aria italiana, dolce nel canto ed espres- siva, sembra averlo tenuto a battesimo : la ritmica qua- drata che ne regge la struttura e la semplicità del so- stegno armonico riconfermano la prima osservazione. Infine il Minuetto potrebbe essere paragonato agli an- tichi duetti per archi, di cui modelli preziosi ci vennero serbati nel Viotti: non solo per la trattazione a due parti, comune alla intera Sonata, e assai frequente nei saggi per la piccola tastiera : ma ancora e specialmente per le mosse melodiche del basso, ben distinte dalFar- peggiare che trovammo nel Moderato iniziale. Il piccolo 126 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA frammento qui riportato rivela quel particolareggiare P^f^3 f—0 Et tr ì ft 5 ^^ 5 amoroso dell'artista, che con mutamenti leggeri nella figurazione riesce a variare Timpressione ritmica della quarta battuta, simile nel fondo alla seconda, e con tale artifizio, e con l'arresto sul /o, meglio fa sentire la so- spensione sulla dominante, che determinerà la ripresa della fase d'inizio. La melodia, come nel Moderato e neW Adagio successivo, muove per grado : aureo ricordo dei bei tempi passati, quando sia la libera creazione melodica, che gli artifizii suggeriti da calcolo riflesso di contrappunto miravano alla naturalezza, e quindi tro- vavano un modello costante nelle successioni per scala. Finalmente, quando si pensi che le stesse Tre Sonate contraddistinte dal Beethoven . col numero di opera 12, dedicate ad A. Salieri, e giudicate dalla Gazzetta uni- versale di Lipsia quale " ammasso di cose sapienti, privo di metodo „ (i), recano ancora il titolo " Per Clavicembalo o Fortepiano „, si comprenderà come il sorriso discreto (i ) AllgemeineMusikalischeZeitungt Breitkopf u.Hàrtel. Leipzig, 1799, pag. 570. Sembra che le prime composizioni pubblicate « per pianoforte » siano quelle contenute in un'opera, intitolata « Sonata •da Cimbalo di piano e forte detto volgarmente di Martelletti. De- dicata a Sua Altezza Reale il Serenissimo Don Antonio Infante di Portogallo, e composita da D. Lodovico Giustini di Pistoia, opera prima, Firenze, MDCCXXXII »>. V. Eitner Rob., Quelten-Lexicon, V. pure HiPKiNS A. J. J., A description and hisfory of the Pia- noforte. Novello Ewer and Co. London and New York, 1896,. parte III, pag. 96. PARTE SECONDA - l'iTALIA I2^ r - * I I I _ I II di altri tempi potesse insinuarsi attraverso alle opere del Grazioli, col fascino antiquato di un fenomeno di sopravvivenza. Di lui, come del contemporaneo su cui tosto discor- reremo, tace completamente il Répertoire encyclopédique du pianiste di Hortense Parenti ed è peccato, poiché nel periodo su cui vertono le nostre ricerche, fra il nu- mero non indifferente di compositori, scarsi sono coloro che riescano degni di vero ricordo. A tale categoria va ascritto Giovanni Antonio Matielli, sulla cui vita scarse giunsero le notizie. L'opera sua si svolse in quell'am- biente viennese ove nella seconda metà del settecento Giorgio Cristoforo Wagenseil imperava alla corte di Maria Teresa (i) : e del Wagenseil fu allievo il nostro autore, ricevendone forse appoggio nella alta società, ove si trovò coinvolto. Sei Sonate per clavicembalo edite a Vienna, che spinsero il nome suo fino a noi, presentano reale interesse non solo per la bontà della fattura, ma ancora per un progresso sensibile nella tec- nica delle sonorità pianistiche: rivelandoci quasi sotto l'antico appellativo del clavicembalo, le nuove risorse della tastiera a martelli. Il lettore ne troverà saggi nelle edizioni moderne del Breitkopf (Alte Meister^ quad. II), del LitolfF {Les Maitres du Clavecin, voi. Ili), del Ri- cordi {Arte antica e moderna^ voi. IX): da essi attingo alcune note sopra l'opera che si presenta in tre tempi: Giga, Adagio, Allegro moderato (2). Il rapido moto della Giga non ha speciale interesse. (i) Per la Bibliografia musicale del Wagenseil, ricchissima, V. EiTNKR, Quellen-LexikoTij X, 148, 149, i$o, 151. (2) Sei Sonate per il Cembalo, op. i, Vienna, Crist. Torricella. (In quest'opera egli assume il titolo di scolaro del defunto Wa- genseil). Sei Sonate per il Cembalo. Nuòvamente coinposte. Appro- vate dal celebre sign. de Gluck. Vienna, Crist. Torricella. 128 l'arte del pianoforte in ITALIA dal lato del progresso pianistico : ma TAdagio sin dalla proposta ci offre passi simili ai seguenti: Adagio, f^NxPf^^ gr a f=^ ^ ^ -U=i * tr f 'ta' TI [ U ^ S * ^ ^ occ* Ora, mentre il cincischìo sonoro del disegno ornato e il giuoco degli abbellimenti ricordano i modelli per clavicembalo, per contro la disposizione arpeggiante dell'accordo, nel basso della terza battuta, già sembra vagheggiare nuovi ideali. Si rivela infatti in essa il de- siderio di sonorità sconosciute alle movenze compas- sate dei predecessori : la distribuzione lata deirarpeggio,. la sua stessa posizione, quando vengano aiutate dall'in- fluenza del pedale, possono riuscire efBcaci nella nuova via. E per quanto il contenuto melòidico risenta del- PARTE SECONDA - l'ITAUA I29 l'Aria, e molto Mozart aleggi nelle compagini dell'opera, non si può negare che tali coefficienti di sonorità, spesso ripetuti nell'intero corso di questo Adagio, si schierino fra i portati dei tempi nuovi. Giungiamo ora a Maria Luigi Cherubini (i), che nella storia dell'arte italiana segna una tappa luminosa^ e per tradizioni d'insegnamento si connette con la grande scuola bolognese. Il padre suo, maestro al cembalo nel teatro alla Pergola, e in seguito Felici, Bizarri e Ca- strucci l'avevano guidato negli studii, ch'egli perfezionò (i) Nato a Firenze il 14 settembre 1760, morto a Parigi il 15 marzo 1842. Sulla sua vita e sull'importanza artistica, come studi, V. Adam A., Derniers souvenir s d'un niusicien. Paris, Lévy, 1857; Bellasis Edm., Cherubini^ Memorials illustrative 0/ his li/e, London, 1S78, Burns and Dates; Bennet J., Cheru- bini (The Great Composers: in Musical Times, anno 1883, pagg. 2$6, 311, 372, 434, 487, 535, 596, 6$i:anno 1884, pag. 13). Interessante: non citato dall'EiTNER. Crowest, 1870; Denne- Baron D., Mèmoires historiques d'un niusicien. Ch.y sa vie, ses travaux, leur injluence sur l'art. Paris, 1862, Henzel; Gan- Nucci B., Intorno alla vita s alle opere di Luigi Cherubini. Firenze, 1869, G. Barbera; Lomenie L., M. Cherubini par un homme de rien (pseudonimo del Loménie). Paris, 184 1; Miel E., Notices sur la vie et les ceuvres de Cherubini. Paris, 1842; PiccHiANTi L., Notizie sulla vita e sulle opere di L. Cherubini. Milano, Ricordi, 1843 ! Place Ch., Essai sur la composition mu- sicale. Biographie et analyse phrénologique de Cherubini. Paris, 1842; PouGiN A. (Schizzo biografico nel « Ménestrel ». Paris, 1882; Rochette, 1843). Cenni riassuntivi, oltre che nei dizionari musicali (voce Cheru- bini) , in: Chilesotti O., / nostri maestri del passato. Milano, Ricordi, 1822, pag. 287-302; Clément F., Les musiciens célèbres. Paris, Hachette, 1887 (4* édition), pag. 225. Per quanto concerne il Berlioz, v. Mèmoires, 2* cdiz., 1878. Per la fase dell'arte italiana in cui la vita del Cherubini si svolge, V. Torchi L., La tnusica strumentale in Italia nei secoli XV ly XVII, XVIII: « Riv. nwis. ital. », anno VII, fase. 2*, pag. 250. L. A, ViLLANis, L'arte del pianoforte in Italia. 9 130 l'arte del pianoforte in ITALIA col Sarti a Bologna, ove era stato inviato per prote- zione del granduca di Toscana. In quest'ambiente aleg- giava ancora l'influenza purissima del Padre Martini, di cui il Sarti era allievo : e la nobiltà della dottrina acqui- stata apparve nel Cherubini allorquando, malgrado la inoperosità più che biennale in cui la trascuranza del grande Napoleone l'aveva piombato, nel castello del principe di Chimay egli creava quella Messa in fa, che l'Europa musicale riverì fra i modelli contrappuntistici migliori. Era quello il periodo in cui gli istrumentisti ed i compositori italiani all'estero si riversavano, re- candovi la lieta novella del virtuosismo e della schietta e facile inventiva: e poiché il graduale e progressivo popol arizzarsi degli spettacoli favoriva la produzione teatrale, così al teatro con lena crescente ogni maestro si indirizzava. In questa via troviamo anche il Cheru- bini. Dapprima, nei saggi che a Firenze e Bologna si susseguono fino al 1779, egli coltiva il genere da chiesa : poi, afforzato appena l'ingegno alle battaglie dell'arte, passa al teatro nel 1780 con Quinto Fabio ^ cui seguono altre sei opere. La fama del giovane autore valica ie strette frontiere degli Stati italiani, Londra lo accoglie : e gli applausi con cui sono ricevute La finta princi- pessa e Giulio Sabino gli procurano il titolo di compo- sitore di Corte. Per un giovane ventiquattrenne era questo un ottimo inizio : ed egli ne approfitta per con- solidare la sua fama, passando a Parigi festeggiato nel 1787, e prendendovi stanza nell'anno successivo (i). (1) Neil* inverno di questo stesso anno, trascorso a Torino, venne rappresentata la sua Ifigenia in Aulide, scritta appositamente per il teatro Regio. Quando si pensi che il programma del carnevale 1787-88 su quattro opere recava tre novità (// trionfo di Clelia, Demo/oonte e Ifigenia in Aulide) oltre alla ripresa del Vladi- miro di Cimarosa, e che accanto al giovane Cherubini stava con PARTE SECONDA - L'iTALIA I3I Chi in questo momento avesse affondato lo sguardo nell'intima coscienza della società francese, si sarebbe forse ritratto sorpreso e atterrito dai mali che vi si agi- tavano. Come nel bicchiere d'acqua rivelatore, che l'arte ' t ^ ^m ^ ^^* t ^ col passo arpeggiante della battuta terza offre argo- mento a sviluppi pianistici che fra poco si succederanno : e quando in seguito ci indugiamo sulle figure: ^ g *-*— I «: H h 9R- .> — -#-rT~Y ■zfe ^-T^:^^ s ì I ( - ^^ y J. «i i j ^ 138 l'arte del pianoforte in ITALIA o più innaozi vediamo le posizioni seguenti: i ^^=1 ? ^ m ci è forza riconoscere che il brillante del pianoforte è già affrontato con piena coscienza. Il Rondò che chiude la piccola Sonata potrà sbizzar- rirsi in formole melismatiche ove l'osservatore per un lato intravvede l'antico amore per gli abbellimenti, per l'altro rievoca i gorgheggi manierati dei cantori: ma in questo allacciarsi di usi e di tradizioni mai non riu- scirà a farci smarrire le traccie dell'impianto pianistico, ormai acquisito allo sviluppo dell'arte. L'epoca, abbracciata dal nostro racconto, continua ad indugiarsi nell'ultima fase del secolo XVIII, che nelle narrazioni dei viaggiatori suscitava i commenti più svariati sullo sviluppo e le caratteristiche dell'arte nostra musicale. Facili al canto ed alle sue seduzioni, innamo- rati del virtuosismo nelle varie forme del genere vo- cale e strumentale, incuranti della verità sulla scena drammatica ancora battuta dai musici in abito femmi- nile, gli Italiani affermavano sempre la ricchezza del sentire artistico, quando pure la decadenza inquinava le passate tradizioni: e ne fa fede quella miniera di osservazioni che il Goethe lasciava nel suo viaggio in Italia, in cui si riassume tanta verità artistica sulle nostre condizioni durante gli anni 1786 e 1787; mentre per l'ultimo decennio del secolo tornano non inutile docu- mento le memorie della pittrice Vigée-Lebrun e del Moratin spagnolo. PARTE SECONDA - L*1TALIA I39 È per Tappunto in tale momento che si compie la ase giovanile di Francesco Pollini (i) allievo dapprima a Vienna del Mozart, poi a Milano discepolo di Nicola Zìngarelli napoletano. Era quello il periodo in cui la futura sede del commercio musicale d'Italia iniziava il risveglio con la creazione del Conservatorio di musica : e poiché il Pollini aveva bel nome fra gli artisti, e Mozart non aveva sdegnato dedicargli un Rondò per (i) Nato a Leybach, in Illiria, nel 1763, morto a Milano il 17 set- tembre 1846 : V. RÌEMANN e Eitner; questa data è ammessa anche dal Grò VE, nell'appendice: il testo però ripeteva la data 1847, pro- posta dal Fétis. Il Baker concorda col Riemann : entrambi ripor- tano la data dallo Schmidl, concorde con Paloschi, Annuario musicale universale, Milano, Ricordi, 1878. Sulla sua scorta muove il Manuale citato del Prosnizz {Hanibuch der Clavier-Lìteratur) : quello della Parent {Reperì, encyclopi, des pianistes) lo dimen- tica. Per l'insegnamento avuto dal Zingarelli v. Villarosa, Mem. dei composit. di musica del regno di Napoli, Napoli, Stamperia. Reale, 1840, pag. 229. Le notizie cui venne accennato, relative alle Barrazioni di viaggiatori stranieri, si trovano in Obras postumas de D. Leandro F. De Moratin. Madrid, M. Rivadeneyra, 1867 : Souvenirs de M. Vigée-Lebrun, Paris, 1835. Opere per Pianoforte: Metodo | pel Clavicembalo | com- posto I dia Francesco Pollini | socio onorario del R. Conserva- torio di Musica di Milano | adottato | dal R. Conservatorio me- desimo non che per le Case di Educazione nel Regno \ ed a \ Sucr Altezza Imperiale | Il Principe Eugenio Napoleone di Francia I viceré d'Italia | dedicato dalVautore \ Milano, Senza data. L'atto* di adozione dell'opera nel Conservatorio è segnato 16 novembre 1811. Tre Sonate, Parigi, 1801: le stesse presso Ricordi e Artaria. Fan- tasia sopra un tema di Viotti, Parigi, 180 1, Br. e H. - Toccate, op. 31, 50, 56, 67. Variaz. Esercizi. Introduz. e Rondò, op. 43. Toccata in sol, op. 31: uno dei 32 esercizi in forma di toccata, op. 42: Ricordi, Arte antica e mo- derna, voi. VIII. Due Sonate per due cembali : Grande Sonata, Capriccio e Varia- zioni per due pianoforti o pianof. ed arpa. Per altre opere e per l'indicazione dei mss. v. Eitner, Quellen- Lexicon. 140 l'arte del pianoforte in ITALIA pianoforte e violino, così fu nominato nel corpo inse- gnante del nuovo istituto musicale. Dal 1792 il Zinga- relli erasi condotto a Milano, e veniva assunto alla ca- rica di maestro di cappella al Duomo : fu in quell'epoca ch'egli ebbe ad allievo il Pollini, presso cui rimase, de- dicandogli i suoi Partimenti e Solfeggi. Chi abbia ri- guardo all'estendersi fatale del cosmopolitismo nell'arte ed alla doppia influenza cui i primi suoi studii furono sottoposti, non vorrà ricercare nel Pollini la schietta e pura affermazione di uno stile italiano, già per mille vie compromesso. 11 musicista tuttavia scorge in esso la purezza e l'eleganza della tecnica non mai smentite, il pianista assiste al progressivo ampliarsi delle risorse meccaniche: e quando pure l'omaggio del Bellini, che gli dedicava la Sonnambula^ non bastasse, quando il suo Metodo per Clavicembalo ^ su cui fra poco ci intrat- terremo, venisse dimenticato, rimarrebbe ancora una serie non indifferente di opere pianistiche per legitti- marne l'accoglienza e procurargli onorevole culto fra questi precursori della fase contemporanea. L'appellativo Clavicembalo ormai si riduce ad un puro fenomeno di sopravvivenza. A dimostrare ciò valgono le tendenze espressive e le risorse su cui egli specula, e che risultano evidenti dall'esame delle opere sue. Ho sott'occhi " l'Introduzione e Rondò „, op. 43, che il Ricordi ripubblicava nel volume Vili déiVArte antica e moderna : e se una robusta personalità non sorge da queste pa- gine, in cui l'influenza clementina col fare di Mozart si sposa e la ricetta scolastica spesso apparisce, in cambio l'ampiezza delle forme, la buona armonizzazione e so- pratutto la preoccupazione delle sonorità pianistiche ri- velano sicurezza di mano e chiara coscienza di ideali. Nulla è nel Pollini di quel piatto formulario volgare, che ritroveremo in tanti altri decadenti sul tipo del Coop. La proposta dei temi, il periodo di sviluppo che le sue- - N PARTE SECONDA - L ITALIA 141 cede, la ricapitolazione finale serbano equilibrio e non comune larghezza. La frequenza e l'eccessiva lunghezza delle progressioni, il muovere arpeggiante della me- lodia, la ricercata purezza dei contrappunti proiettano un'impronta arcaica sulle pagine del nostro autore : tal- volta i temi, come quello del Rondò, Allegro. m ^-i Ti i/3ìn ti il. I p legato ""4^ p #-*- ■J~l ..in \ à iàWé à i±\ 1 -1; ^ ^^—^ — 1 T %±I^ ^y±ì\^ ^ i fm I ^^^^ I I ì nil^A.iA_ ^_nTLAAn r i producono piuttosto l'impressione di periodi secondari! di sviluppo, che non di fresca e spontanea invenzione. Ma il tecnicismo, nei punti in cui tende a passare in prima linea, si concilia ancora la simpatia dello studioso 143 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA per le qualità rivelate. Così tratto tratto s'incontrano particolari pianistici gustosissimi: così alcuni passaggi leggeri e brillanti, che potremmo dire '* a fior di dita „, avvolgono in un nimbo di radiazioni luminose il canto, <:ome avviene nella pròtasi del Rondò, sopra citata. In- fine il secondo tema di questa stessa composizione, di- stinto dal primo con un punto coronato come nell'op. io N. 3 di Beethoven {Sonata in re maggiore)^ serba nella grazia cantabile un fare dementino, in ispecie nella for- inola arpeggiante cadenzale: '^^ dolce con espressione I ^ — ^- tìffi= S ^ *=i 3 w m ^ S m é Uguali pregi si trovano nella nota Toccata in sol, op. 27, che il lettore potrà consultare nella stessa rac- colta. Si direbbe l'autore siasi in essa preoccupato di stendere uno studio sulle successioni di note doppie, in ispecie di terze parallele. Infine l'opera 42, contenente Uno de' trentadue eser- cizi in forma di Toccata, non solo dimostra la preoc- <:upazione del nuovo stile espressivo e le incursioni ere- PARTE SECONDA - L ITALIA 143 scenti nel campo istrumentale, ma colloca ancora il Pollini fra la schiera degli innovatori. In esso infatti l'idea cantabile è scritta sopra un rigo a parte, a fine di primeggiare anche dinanzi all'occhio dell'esecutore, mentre altre due righe contengono la parte del piano forte concertante: e lo scopo espressivo è così chiara mente intuito e descritto nella lettera dedicatoria al Me yerbeer (i), da rivelare quanto chiaramente l' autore' intuisse la portata del sistema. I saggi precedenti di Beethoven e Clementi sono in ciò sorpassati : ed egli si erige a modello per il Liszt ed il Thalberg, che si ri corderà di tale sistema nelle variazioni sul God save (he King e sul Rule Britannia. Ecco lo spunto del Pollini; Allegretto. I ^=Fty te=3=F V p^E^^^^^^ 2-^ t 5t ^ Bini^^ #^ t e (i) «Io mi proposi di offrire un canto semplice, più o meno spianato o di differente carattere, combinato con accompagnamenti di ritmi variati, e di condurre a distinguere con una particolare espressione e tocco la parte del canto da quelle che lo accom- pagnano ». L'indicazione usata dal Pollini di es/>re5Stone t tocco è la prova migliore dei nuovi ideali pienamente affermati. 144 L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA sm. drii. sul. drit. ^ Vediamo per tal modo come il compositore, affasci- nato dalla ricerca del nuovo e stimolato dal progresso crescente, accentui le incursioni nei campi orchestrali, e colorisca aspirazioni già nettamente accarezzate nel- l'arte della tastiera. Nel periodo di preparazione, i eia- vicembalìsti si adoperavano anzitutto a creare uno stile indipendente, proprio allo strumento : più tardi, nel- l'apogeo della grandezza settecentistica, l'arte, che per noi si riassume in Domenico Scarlatti, era giunta alla espressione completa di questo linguagio. Ora la curva segnata dai successori sempre più si allarga e, simile PARTE SECONDA • l'iTALIA I45 airorbita parabolica di una meteora, scorda a grado a grado il foco purissimo da cui prendeva \e mosse. An- cora pochi decennii: e in cambio di pagine per piano* fort€y gli scrittori ci daranno delle opere musicali ap- plicate al pianoforte. « * Una breve sosta è qui necessaria, come quella che viene suggerita dalle ricerche sui Metodi. In tutte le fasi di creazione e di progresso, l'opera incosciente del- l'artista precede la riflessione scientifica. Il moderno positivismo riduce 1* " est Deus in nobis „ oraziano alla più modesta conseguenza d'un'eccitazione, bisognosa di proiettarsi all'esterno in simbolo sensibile: ma non di- strugge punto il carattere impulsivo ed incosciente che in quella formula si concretava. Nell'arte e nella vita, il bisogno caccia l'artigiano o l'artista alla ricerca dei mezzi con cui appagare l'impulso prepotente dell'animo suo: ma quando i nuovi prodotti si sono sparsi per il mondo ed hanno cominciato ad appagare le genti, sorge allora l'opera riflessa del ragionatore che di quei pro- dotti incohscii si impadronisce, ne investiga il risultato, ricerca il mezzo per questo riprodurre col minimo di- spendio di forza, e nel mutuo confronto corrobora l'ana- lisi, ed assurge alla sintesi : finché in una formula com- plessiva raccoglie l'essenza del buono, che alla fantasia creatrice era in un istante balenato. Quindi, anche nel campo speciale in cui s'aggirano le nostre ricerche, i metodi per la nuova tastiera sor- gono quando già la letteratura ad essa dedicata abbia raggiunto un tale sviluppo, da creare un complesso di fatti individuali chiari nel loro significato e perspicui. L. A. Vir^LANis, Uwrie del pianoforte in Italia. 10 146 l'arte del pianoforte in ITALIA Questi fatti divengono il materiale su cui l'osservatore e l'ordinatore sistematico inizia le sue ricerche : e perchè tale fondo possa sorgere, si richiede alla sua volta un bisogno realmente sentito, cosicché il cumulo di fattori incoscientemente creati raccolga quasi un ciclo di affer- mazioni fra loro concordi. Queste considerazioni mi sembrano doverose, nel caso nostro, poiché spiegano l'insistenza con cui volli ostinarmi a ricercare quei tratti di sonorità che sottin- tendessero la cosciente applicazione della musica al pianoforte. Attraverso alla breve schiera di musicisti testé esaminati, questi tratti comparivano, sempre più affermandosi col progredire dei tempi: quindi un bi- sogno crescente e collettivo si manifestava. Finché si parlò del Clavicembalo, nell'opera da cui questo volume é preceduto, le varie e bizzarre diteggiature proposte non avevano d'uopo di commento. Esse nascevano spon- tanee dal bisogno di ideare i portamenti che permet- tessero ai compositori l'esecuzione delle opere scritte. Ma quando la fase del Clavicembalo si chiude, quando tutto il patrimonio dei suoi insegnamenti passa alla nuova tastiera, allora é necessario nuovo studio per sorpren- dere il graduale affermarsi del vero stile e della vera tecnica pianistica. Contro le innovazioni di ideali espres- sivi tecnici, contrasta l'inerzia dell'insegnamento pas- sato: sarà necessario i compositori accarezzino nuovo cammino, perché nuovi metodi sorgano : ed in essi, più che le nozioni sui portamenti della mano, ci interesserà la tecnica espressiva, considerata nell'attacco del tasto e nel giuoco sonoro del pedale. PARTE SECONDA - l'iTALIA 147 Con tali criterii possiamo trattenerci in breve esame ■sul Metodo pel Clavicembalo, cui Francesco Pollini deve uno tra i posti più onorevoli nella 3toria dell'arte nostra. Pubblicato a Milano dal Ricordi, senza data, reca la •deliberazione dell'assemblea generale dei professori, in •cui con deliberazione i6 novembre 1811 la si adottava nel Conservatorio: la firma del Censore Asioli la con- nette con questo trattatista, di cui dovremo discorrere! L'opera va divisa in tre parti, di cui l'ultima è desti- nata ad insegnare " il modo materiale di preparare e formare la cadenza finale, non che varj giri d'armonia ■eseguiti con andamenti differenti „. Sano principio questo -del passato, in cui male si sarebbe concessa al pianista l'ignoranza dei principii d'armonia. Nella prima parte accennato alla posizione del corpo, alla divisione della tastiera ed agli attributi della mano (articoli I, II, III) si passa alle regole generali sul modo di applicare i prin- cipii, ed alle nozioni sui portamenti (articoli IV, VI) Ossequente alle dichiarazioni da lui fatte nel preambolo, il Pollini non rifiuta quanto di buono trova nei prede- cessori : così per rendere pronta ed obbediente la mano cita l'esercizio ** sì ingegnosamente indicato nel cono, scinto metodo di Dussek e Pleyl „ {sic): S-gi ±z^s^==:==zz====Ì3 rrrr7 T~W~W — spg^ ecc. ■^s^T T r f r f f ' 148 l'arte del pianoforte in ITALIA e l'altro, " commendato anche dall'immortale Clementi „: (da eseguirsi colia mano destra) 12 3 4 5 4 2 i-^ :ìP=P= Eì -33 1 (rfrt eseguirsi colla mano sinistra) 12345432 ^ =P=i- :l=M: ± il È, in altri termini e con maggior sicurezza d'insegna- mento, quello stesso esercizio che appariva nelle Pièces de Clavessin di Gian Filippo Rameau, in cui il pollice,, così lungamente proscritto dai clavicembalisti, riceveva stabile impiego (i). Ma ciò che dal passato differisce è la intera teoria del portamento, ove rivivono i principii clementini, e con essi è annullata la barbara diteggia-^ tura della tastiera a becco di penna. Nel periodo aureo di questa, come abbiamo avuto agio di constatare nei saggi dedicati al clavicembalo, in cambio di far passare il pollice sotto le altre dita, si usava il passaggio dei terzo dito sul quarto. E quando pure con Sebastiano Bach le dita abbandonano l'antica posizione distesa, si curvano ad accarezzare il tasto, e il pollice è ammesso all'onore della tastiera: quando i precetti del Walther e dell'Heinichen sono da lui sanciti con maggiore lar-^ ghezza, non per questo i portamenti raggiungono una vera struttura metodica: spesso il quinto dito deve pas* sare sotto gli altri, spesso ancora il quarto sovra di (1) Pièces I De Clavessin | avec \ Une Méthode | pour la mé- chanique des doigts \ où Von enseigne les moyens de se prò- curer une parfaile exécution \ etc. Il privil^io reale di quest'o- pera reca la data 7 gennaio 1724: il testo con facsimile è riportato- nella pubblicaz. del Saint Saens: Jean-Philippe Rameau, Pièces de clavecin. Paris, Diirand et fils, 1895, v. dell'Autore del presente volume, L'Arte del Clavicembalo, libro III, pag. 288. PARTE SECONDA - L'iTALIA 149 •quelli s'inarca. L'insegnamento lasciatoci dal figlio Ema- nuele in Versuch uòer die wahre Art das Clavier zu ^pieUfty non riproduce nella sua interezza la diteggiatura del Bach. Ciò, per lo meno, risulta dal confronto fra le norme ch'egli detta e il piccolo saggio che qui trascrivo, •estratto dal Clavierbùchleitty e così diteggiato (i): 9323152X 5E -^-*- ^^ ^^ '-S 1»- 9 3 S 3 4 i 33i 4 4 a -à ■5- ^-F-?-F 21X1X1X1 s EÈ X 2 4 3 3 4 ^* ^g r=f É -H— . (i) Nell'esempio citato, il pollice è segnato X, secondo il sistema inglese attuale adottato altra volta in Germania. A questo riguardo giova ricordare che due metodi sono ormai invalsi per segnare le come dissi, nel Fauna un saggio interessante dell'arte italiana i cui riflessi passionali cantano nel drammatismo potente della trattazione. Non bisogna infatti dimenticare che,, pure uniformandosi ai dettati dell'ambiente, il fonda etnico su cui ci indugiammo nel primo paragrafo del pre- sente libro reagisce, ed in vario modo ne accenna o ne mitiga le conclusioni. Quindi quella sentimentalità che in Spohr e Weber annega l'idea nelle dolcezze eva- nescenti del sogno, fra noi singolarmente si accentua,, si accresce e riscalda: tantoché la passione disperata^ fonte di rigogliosa vitalità nell'opera verdiana, tiene an- cora a battesimo le pagine dei nostri istrumentisti ro- mantici, e vi profonde accenti e slanci pieni di energia meridionale. Così considerata l'opera del Fauna, che per molti punti risente l'influenza germanica, si svincola da essa nel fondo dell'ispirazione e concilia simpatia cre- scente ad un autore, troppo presto dimenticato. È la voce buona d'una vera e sana poesia che dalle stesse apparenti imperfezioni della tastiera sa spremere l'in- canto di sogni agli altri strumenti sconosciuti. E su. 172 l'arte del pianoforte in ITALIA questo lato del pianoforte, scala diretta alla formazione di uno stile che diremo intimo e su cui fra breve ci indugieremo, torna ora utile discorrere : costituendo esso la vera prerogativa dell'arte nostra, e la fonte di arti- stiche concezioni. * * * Questa voce accorata, le cui inflessioni profonde ani- mano e assorbono 1* intera compagine delle risorse offerte dalla tastiera, segna un carattere troppo impor- tante nella storia dell'arte nostra perchè non riesca utile lumeggiarla con qualche cenno particolare. Essa carat- terizza quello che potremo dire ** lo stile intimo ^, filia- zione diretta delle eccitazioni emozionali subite dall'ar- tista, e specchio fedele nell'epoca contemporanea del significato profondamente psicologico assunto dall'arte dei suoni. La storia dello stile monodico e la graduale passionalità acquistata nell'opera in musica costituiscono una riprova costante del bisogno, sempre sentito dagli artisti italiani, di raggiungere il sommo dei mezzi espres- sivi : tantoché le opere di Domenico Mazzocchi sin dalla prima metà del seicento si valgono nelle voci dei segni caratteristici ^"^^^ Ii::=="-^, e la terminologia italiana del crescendo, del diminuendo e del rallentando è rile- vata dal Burney in un'opera istrumentale di Matthew Lock, scritta nel 1670 (i). Ora questo bisogno di signi- (i) « In his third iiitroductory music to the Tempest .... he (Mathew Lock) has, for the first tiiue that has come to my knQ- wledge, introduced the use of crescendo (lauder by degrees) wìth diminuendo ani Untando ». Burney Ch., History, etc, voi. IV, pag. 187. PARTE SECONDA - l'iTALIA 17^ ■ ■■ Il II ■■ I J . ■ ■ ■ ■■ ■■■■■!■ ■■ , Il ■ ^ . ■.■■■,■■■■ ^ ■._ ^« .■ ■ ■ ■■ ^ .. ■ ■ I ficare nella musica le intime voci dello spirito, allor-^ quando non fosse contrastato da esterne influenze, co- stituiva un riparo eccellente contro l'invasione del puro e vuoto e superficiale virtuosismo: e per l'appunto si nota che gli scrittori dell'Italia superiore, meno facili all'impressione immediata e meno solleciti alla imme- diata reazione, offrono più frequenti i saggi di questo stile intimo, quasi il fantasma artistico, soggiornando più a lungo nell'anima loro, ne assorba e ne rifletta con maggiore efficacia le occulte parole. Per contro la scuola meridionale, più feconda e meno riflessiva, cede anche più facile alla smania della variazione superficiale e del giochetto sonoro che inquinava l'universo non soltanto italiano, ma addirittura europeo. Si direbbe che nulla avendo a dire e pure volendo scendere fra il pubblico,, i compositori per pianoforte riducano l'arte loro al solo sfoggio di suoni e ghiribizzi, quasi una veste riuscisse a sorreggersi, senza un corpo che la informi della sua ricca e già per natura elegante persona. Emuli di tanta parte dei nostri letterati, i compositori scrivono per scri- vere, senza altra spinta se non quella tutta muscolare delle dita. A quel modo che fino al Leopardi nella se- conda metà del settecento non abbiamo pressoché poeti e scrittori degni di esser chiamati " intimi „, così sulla tastiera si piroetta e si giuoca, con quello stesso sistema che il padre Cesari applicava, cercando anzitutto un fondo di belle frasi ed aurei modi di dire. La sincerità scade, le dita prendono il sopravvento sul pensiero: e da ciò alla formula è breve il tratto. Questo della formula è il lato più caratteristico nella pluralità della produzione vacua e non resistente all'a- nalisi. Il compositore è schiavo del suo pianoforte, e ne subisce tutte le suggestioni derivanti dalla pratica della diteggiatura. Si trova egli nella tonalità di sol bemolle o re bemolle o si maggiore! Ed ecco, si abbandona ai 174 l'arte del pianoforte in ITALIA giuochi dei " carillons , o delle campanelle, che la po' dizione della mano li rende più facili. Ha proposto un tema quadrato nella piccola forma del " lied ,. ? E tosto lo riprende, aggiungendovi semplicemente o la ripeti- zione dell'accordo ribattuto seccamente, o la sua disper- sione sulla tastiera in arpeggi di maggiore o minore •estensione a seconda dell'arte sua e della larghezza di tempo che il tema consente. In altro modo non si può ottenere del chiasso ? E si scappa in quelle volate di note ■che vorrebbero arieggiare alle fantasiose corse chopi- niane, veri ciuffi di piante parassitarie intese a velare fnomentaneamente la linea cardinale del soggetto, e perciò stesso interessanti, perchè acuiscono la brama •del ritrovare, sotto il loro frondoso inganno, la forma impeccabile del primo pensiero. Formola, artifizio meccanico limitato a questi pochi saggi stereotipi : ecco un concetto di guida ed un metodo sicuro per riconoscere, anche con sguardo fugace, l'usur- pazione del meccanismo, inteso a gabellarsi per fantasia •creatrice. * * Su questa via formalistica, dopo il Fanna, tornano ad aggirarsi per qualche tempo i compositori. La piccola variazione su motivi d'opera, la paginetta •sentimentale o la fantasia acrobatica su tessuti armo- nici primitivi inquinano l'arte nostra: né certo il " Me- todo per pianoforte „ ed i pezzi facili pressoché tutti su motivi operistici di Luigi Truzzi (da non confondersi con Paolo, nato nel 1840) o la produzione meno super- ficiale di Carlo Soliva, riescono a creare episodi per noi interessanti di studio e d'invenzione. Possiamo ri- PARTE SECONDA - l'iTALIA I75 cordare Enrico Bertini, cui Ernesto Pauer dedica cenno affettuoso nel Dizionario del pianista. E per verità, la missione educativa, affidata agli Studi Rondò e Fantasia ch'egli ci tramandava, lo salva spesso dalle male ten- denze deirepoca. È però necessario notare che i suoi' Studi sono in qualche modo altrettante introduzioni o supplementi alle opere simili del Cramer e del Czerny, maestri da lui venerati. Sebbene vissuto all'estero, va qui incluso non solo per la nazionalità del nome, ma ancora per la scuola schiettamente clementina, acquistata nell'insegnamento ch'egli ebbe dal fratello suo Benedetto, allievo del Clementi (i). Abbondano gl'insegnanti, fra (i) Carlo Soliva* nato a Casalmonferrato nel 1792, morto a Pa- rigi il 20 dicembre 1853. Allievo del Conservatorio di Milano, ebbe a maestri Asioli e Federici: fu professore di canto nel Conserva- torio di Varsavia (1821), maestro di cappella a corte e concerta- tore al teatro in Pietroburgo. Nel 1841 tornò in Italia, indi si trasferì a Parigi. La sua produzione è operistica ; lasciò composizioni sacre, musica da camera per canto e pagine concertanti con pia- noforte. Di lui fa incidentalmente menzione W. Cark, nell'articolo dedicato a G. Elsner, nel Diz. del Grove (voi. I. 487, a): Rie- MANN con Pauer, tace. V. Schmidl, Dizionario dei Musicisti. Luigi Tmzzi» nato a Mantova il 29 settembre 1799, morto a Milano il 6 ottobre 1864. Opere PER pianoforte: Metodo completo per pianofortefOp. 15^, Milano, Ricordi. Oltre a 600 pezzi in istile facile. V. Schmidl, Di- zionario, Enrico Bertini, nato a Londra nel 1798, morto il i« ottobre 1876. Lascia: 25 Etudes doigtéeSy op. 29; 25 Eludes doigtées^ op. 52; 3$ Etudes caractéristiques, op. 06; 25 Caprice, Etudes^ op. 94; 25" Etudes facileSy op. 100; 25 Grandes etudes artistiques, op. 122; 25 Etudes èlémentaireSy op. 137; 2$ Etudes doigtées. op. 154; 25 Id.t op. 1^4^15; Etudes primaires , op. 166; 25 Etudes préparatoires , op. 175; /J., op. 276; 2y Etudes classi- ques et normales , op. 178 ; Seb. Backs 48 Preludes and Fu- gues arranged for 4 hands. Lo ricorda con onore il Grove; il Fétis riporta Pintera lista delle opere sue. ^76 L*ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA cui potremo ancora ricordare Ernesto Coop, messinese, allievo del Conservatorio di Napoli, e concertista ap- plaudito (i): mai 'il ■* Notturno „ op. 50, che formò la delizia di mòM salotti filistei nella seconda metà del secolo XIX ricade per l'appunto nel formalismo su cui finora ci intrattenemmo. U idea meschina muove pove- rettamente sui pochi accordi, ribattuti a sazietà : la forma gretta cerca animarsi in un fiacco sentimentalismo di ragazza anemica: il brutto ricordo del brutto lirismo operistico non trova grazia presso un gusto anche me- diocremente raffinato. Soiit verba et voces, praetereaque nihil: e l'appellativo di " celebre „, che il dizionario dello Schmidl prodiga a questo " Pensiero lugubre „, triste- mente rivela la decadenza di ideali estetici, cui in quel tempo eravamo ridotti. Onde con vero senso di sollievo passiamo a due nuovi didattici che, diversi per attitudini d'arte, serbano tuttavia puro il fascino delle buone tra- dizioni. L'evoluzione completa dell'antico al nuovo stile pianistico ormai non ha bisogno di commenti : Le inven- zioni successive hanno condotto la tastiera alla ricchezza meccanica che attualmente possediamo: e la nascita degli studiosi su cui vertono le nostre ricerche, com- presa d'ora innanzi nel secolo XIX, ci ricorda un pe- riodo di attività artistica speso nel momento forse più brillante del puro virtuosismo, quando la fioritura stret- tamente pianistica per opera di grandi corifei entusia- smava i pubblici d'Europa. In tanto splendore Antonio Angeleri (2) si dedica (1) Nato a Messina il 17 giugno 1802, morto a Napoli il i"* no- vembre 1879. Allievo di Aspio e Mazza nel Conservatorio di Na- poli, nel 1866 fu nominato insegnante di pianoforte nello stesso istituto. V. Schmidl, Dizionario, (2) Nato a Pieve del Cairo (Lomellina) il 55 dicembre 1801, PARTE SECONDA - l'iTALIA I^^ modesto all' insegnamento nel Conservatorio di Milano, ove dal 1826 al 1870 educa all'arte pianistica i quattro Fumagalli (Adolfo, Luca, Disma, Polibio), Carlo An- dreoli, Filippo Fasanotti, Breitner, Francesco Sangalli, Stanislao Ficcarelli, Vincenzo Appiani, ed altri, che ne resero caro il nome. Preoccupato essenzialmente dalla utilità di un'opera didattica, ove si badasse a porre in luce questi principi : " Posizione corretta ed elegante della mano, eccellente qualità di suono, agilità e com- pleta indipendenza delle dita, uguale facilità per lo stile legato e per il genere brillante „, egli pubblicò un breve trattatello col titolo " Il Pianoforte „, tentando di stabi- lirq, per mezzo di figure apposite i canoni fondamentali per- la posizione, e con regole chiare e logicamente de- dotte dalla pratica una guida sicura per raggiungere lo scopo prefisso. Perspicuità cristallina per quanto con- cerne la ginnastica delle dita e l'artifizio dei portamenti, rara sanità di principi sulle sfumature cui il tocco e l'im- piego del pedale possono condurre, rendono interessante quest'opera, con cui l'autore non intese " aggiungere un nuovo metodo ai tanti preziosissimi già esistenti — sono parole sue nella prefazione — ma unicamente fornire norme semplici e pratiche sul modo di tenere la mano sulla tastiera in quella data posizione, muovendo le dita con quelle regole che sole possono dare lo sviluppo e la flessibilità atta a formare il buon suonatore „. Scopo, come si vede, modesto, cui egli limitò la sua vita, senza affermarsi nel campo ideale della vera creazione: ma morto a Milano l'8 febbraio 1880 Non registrato dall'EiTNER, né (cosa meno giustitìcabile) dal Pauer. L'opera indicata ha per titolo: // pianoforte — PosiT^ione delle mani; modo di suonare. Cenni teorico-pratici di Antonio Ange- leri (con illustrazioni all'acquaforte di Eleuterio Pagliano). Milano, Ricordi, senza data, n. del Catalogo 42, 401. L'ediz. è del 1873. L. A. ViLLANis, Uarte del pianoforte in Italia. 12 178 l'arte del pianoforte in ITALIA scopo che vale bene per noi tutta la produzione pre- tensiosa di molti cattivi artefici, intesi a picchiare sul pianoforte con la ritmica insistenza sgarbata di chi batte un tappeto. Chi in questo periodo consulta i dizionari intesi ad illustrare la sola produzione italiana, o si rivolge alle memorie dei nostri Conservatori, o sfoglia i cataloghi editoriali, trova cenni di altri pianisti lodati a quei tempi, ora caduti nell'oblìo. Tali sono il Nacciarone, il Corticelli, il Cerimele, su cui è pressoché inutile ogni indugio (i). Ad alcuni, come al secondo, V ** Arte antica e moderna „ ha concesso un posto speciale, inteso a ricordame la produzione : ma poiché riuscirebbe assai difficile trarre da essa la conferma di un sentire personale, e la mole immensa delle opere pianistiche maggiori singolarmente ne affievolisce la voce, così Taverne accennato il nome é sufficiente, senza che sembri opportuno qualsiasi studio particolare. Né gli studi di Giuseppe Concone (2) o la Fantasia che ho sottocchio, edita presso J. Tagliabò e Magrini con la scritta; " On pourra dans ces variations faire entendre tous les jeux des modernes pianos „ può avere importanza maggiore. L'agilità é elevata a sistema, (i) Nicola Naccciarone, nato a Napoli il 2 aprile 1803 e quivi morto nel dicembre 1876. Fu allievo di quel Conservatorio sotto Raffaele Cioffì, Giuseppe Elia, Luigi Mosca, Fenaroli, Zingarelli; studiò pure il pianoforte col Field e all'insegnamento del piano- forte diede Topera sua. Gaetano Corticelli, nato a Bologna nel giugno 1804, e quivi morto nel marzo 1840. Allievo del padre Mattei e del Donelli, fu professore di pianoforte nel Liceo musicale bolognese. Di lui parla incidentalmente il Florimo (op. cit., voi. II, pag. 73). Michele Cerimele, nato ad Agnone (Campobasso) il 30 set- tembre 1806, morto a Napoli il 26 febbraio 1887. (2) Nato a Torino nel 18 io, e quivi morto nel giugno 186 1, col grado di organista della cappella di corte. Fu essenzialmente ma- estro di canto. I PARTE SECONDA - l'iTALIA I79 il contenuto e la forma rimangono inferiori a quanto fra poco vedremo nella produzione del Dòhler, pure così bistrattato. Nulla ricorda quella grande arte per cui anche la pianta parassitaria della variazione può dare frutti artistici e personali, facendo rivivere sulla tastiera quasi un lontano profumo dei grandi settecentisti che in altro campo la coltivarono. E lo studioso, che ricerca le me- morie del passato, con sincero compiacimento riposa sopra gli scritti di Giuseppe Filiberto Marchisio (i), ignoto ai dizionari musicali, ignoto alla gran massa degli stessi musicisti: semplice e modesto dilettante vissuto a Torino, in pratiche di ufficio che ad altro campo miravano (2). Eppure i quattro libri delle sue " Ré- veries „ (Au coin du feu; À la campagne; Au bord de la mer; À la montagne : tutte edite dal Bianchi, in To- rino), rivelano lo studio amoroso dello Chopin, recano fra tanto sfarzo decorativo e puran;iénte esteriore una nota intima e sincera, che cattiva al modesto autore la nostra simpatia. Con Teodoro Dòhler (3) proseguiamo ad aggirarci nel periodo brillante dell'arte, quando l'opera di Men- delssohn, Schumann e Chopin moveva trionfando dalla Germania, e la tecnica di Thalberg e Liszt si dispu- tava il dominio del pubblico. Era egli di famiglia ebraica e correligionario di quel Giulio Benedict, che la lunga (i) Nato a Saluz20 il 13 febbraio 1813, morto a Torino Tu set- tembre 1895. Parecchie fra le opere sue ormai altrove dimenticate, si trovano nella piccola Biblioteca musicale del Circolo degli Ar- tisti in Torino. (2) Appartenne agli Uffici della Compagnia reale di Assicurazione in Torino. (3) Nato a Napoli il 20 aprile 1814, morto a Firenze il 21 feb- braio 1856. Opere per pianoforte: v. in ispecie Arte antica e moderna, Ricordi, voi. XIV. l8o L*ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA permanenza nell'ambiente londinese condusse alcuni a classificare fra i compositori d'Inghilterra, non ostante l'origine sua germanica. Ebbe lezioni dal Benedict nei primi anni in Napoli, quindi fu allievo dello Czemy e del Sechter a Vienna, ove la famiglia sua erasi recata nel 1829. Si narra appartenesse alla schiera dei bimbi precoci, e sin dai primi anni fosse oggetto di mera- viglia per le squisite attitudini all'arte: certo è che in Vienna ottenne i trionfi maggiori, e presto si strinse in amicizia col giovane Thalberg, allora sugli inizi della brillante carriera : anzi, l'amicizia loro durò anche allor- quando il mondo li volle considerare rivali. Chiamato a Napoli nel 1834 per volere della Corte, poco si trat- tiene nella città nativa : nel '37 passa a Berlino e Dresda,, nel '38 ritorna a Vienna, quindi muove a Parigi e Londra,, iniziando un ciclo di peregrinazioni artistiche da cui viene trascinato in Olanda, Danimarca, Ungheria, Po- lonia e Germania. Verso il '45 i trionfi di Mosca e di Pietroburgo, ove il " Notturno in re bemolle „ (op. 24) e le " Variazioni sulla Sonnambula „ rapivano la società elegante, lo decidono a dedicarsi alla sola composizione r da quel periodo data la sua produzione più intensa, che si rispecchia in un ciclo di 75 opere a noi trama ndate A dire l'ammirazione destata e la stima in cui er» egli tenuto, varrà un semplice aneddoto. Durante la sua permanenza in Mosca erasi egli innamorato d'una gen- tildonna dell'aristocrazia russa; ma poiché loTzar Nicola non consentiva il matrimonio, a cagione delle sue mo- deste origini, così il nostro autore tornava in Italia, nar- rava i casi suoi al Duca di Lucca, suo protettore, e ne veniva insignito del titolo di barone. Legittimata con questo mezzo la nobiltà dell'arte sua, otteneva dalla Corte di Pietroburgo il consenso bramato. La salute, in lui delicatissima sin dai primi anni, cominciava allora a declinare. Sul cadere del 1846 ebbe i primi sintomi d'un PARTE SECONDA • L*ITALIA l8l rammollimento del midollo spinale, durante la perma- nenza a Parigi: dieci anni dopo a Firenze, ove aveva preso dimora, il male troncava i suoi giorni fra lunghi nato a Venezia il 3 dicembre 1820. Allievo di Antonio Fauna, già da noi nominato, per il pianoforte e d G. B. Ferrari per la composizione, si diede essenzialmente all' in- segnamento. Figura in queste note storiche per alcune opere de- dicate alle tastiere, in ispecie fantasie su motivi teatrali. V. ScHMiDL, da cui è integralmente ricavato il cenno che ne dà il Baker. PARTE SECONDA - l'iTALIA I99 Studio sui Metodi. Come musicista il Sangalli tentò il teatro alla Scala, sulla metà deirottocento, e, con poca fortuna : il che potrebbe deporre a suo vantaggio, anche quando la voce autorevole del Mazzucato non fosse sorta a difenderne i nobili ideali. Perchè il lettore, che per poco rij>ensi alle condizioni tristissime del gusto popo- lare, sa a che attenersi sui giudizi di un periodo, ove la rude irruenza del canto verdiano cominciava ad im- porsi, l'armonizzazione si trascurava, l'elemento orche- strale scendeva al più modesto impiego. L'autore rinunziò a nuovi tentativi, si raccolse nell'insegnamento e nella composizione di musica da camera: e fu bene per lui e per l'arte. Infatti, sebbene egli sia pressoché dimen- ticato, a chi ne ricerchi le pagine parla tuttavia di una nobiltà di intenti, degna di nota. Ciò intese il " Metodo teorico-pratico per lo studio del pianoforte „ di Lebert e Stark, che nel volume IV accoglieva un suo bellissimo studio ; ricordandoci ancora una volta quanto in questo campo avrebbe potuto fare l' Italia, se il miraggio della scena e la richiesta del pubblico non avessero tratto gli spiriti ad altri orizzonti. Una calma signorile con- traddistingue il suo periodo che, pure conservando il calore della nostra parola, abborre dai facili effetti e si compiace nella profondità del sentimento. Onde le " Me- ditazioni religiose „ che ho presenti, ed in ispecie quella contrassegnata col N** 8, in 50/ bemolle^ possono classi- ficarsi nel campo della musica romantica idealista, in ciò diversa dalla pittoresca, che le emozioni da essa sollevate non tendono per nulla a risuscitare fantasmi dk cose o persone o avvenimenti, ma ci iniziano ad un mondo per altra via inconoscibile, e direttamente parlano la parola dello spirito. Via tentata da molti, dopo il trionfo del romanticismo nelle sue significazioni più late : via da pochi battuta con riuscita. Quante volte, attraverso all'ingrossare della voce pianistica o al turbinare di ar- aoo l'arte del pianoforte in Italia peggi, non ci siamo chiesti che cosa ciò significasse, e non abbiamo trovato risposta alcuna al vuoto chiac- chierio 1 Eravamo in quei casi dinanzi a chi, nulla avendo a comunicarci, spifferava con arte maggiore e minore i vocaboli tolti a prestito da un dizionario delle emozioni, di cui ignorava le esigenze grammaticali e il contenuto : onde a sua volta lo spirito, nulla intendendo, rimaneva inerte anche malgrado le scosse sensoriali che tentavano destarlo alla vita. Tale appunto non colpisce il Sangalli. Una voce in- terna gli diceva realmente ciò, ch'egli tenta comunicarci. Le " Meditazioni „ posseggono un contenuto proprio, il ■quale può riuscire di maggiore o minor gradimento, a seconda dello stato d'animo e dell' indirizzo speciale dei nostri studi: e ciò non consente collocarlo fra le vere opere del genio, che fatalmente attraggono, e a tutti parlano un linguaggio fascinatore. Comunque tuttavia «sse vengano giudicate, affermano sempre l'individua- lità di un proprio sentire, e come tali son degne di ar- restar l'occhio dell'osservatore. Costui, simile al curioso vagante nelle stanze di un raccoglitore, cerca ove po- sare lo sguardo: e fra tante " ombre vane, fuor che nell'aspetto „ prova una dolce consolazione contem- plando qualche modesta, ma reale esistenza. * * Rapida muove ora l'indagine, bramosa di arrendersi soltanto su quegli autori che nei due rami accennati del genere intimo o del virtuosismo brillante abbiano la- sciato chiara e personale impronta. I saggi dei Cam- bini, Billema, Fasanotti, Albanesi, Gamucci, Campiani, Tinto e De Meglio, quelli di Michele Ruta, del Van- nuccini. Arditi, Ferdinando Bonamici, del Luzzi e del PARTE SECONDA - l'iT.VLIA 201 Poppi non sono tali da segnare solco sufficiente nelle memorie dell'arte (i). Trascrizioni, variazioni, fan- (i) Gambini Carlo Andrea, pianista, nato a Genova il 22 ot- tobre 1819, e quivi morto il 14 febbraio 1865. Lasciò oltre 150 com- posizioni, di cui molte per pianoforte. V. Schmidl, Diz.; per le opere V. Catal. Ricordi. Billema Raffaele, pianista, nato a Napoli nel 1820, morto a Saintes il 25 dicembre 1874. V. Schmidl, Diz. e Catal. Ricordi. Fasanotti Filippo, pianista, nato a Milano il 19 febbraio 1821, e quivi morto il 19 aprile 1884. « L'arte di preludiare • è una rac- colta di 50 preludi in tutti i toni maggiori e minori, per pianoforte, edita da Ricordi : nel rimanente la sua produzione numerosa (circa 200 composizioni) segue in massima l'andazzo delle fantasie e delle trascrizioni. Albanesi Lnigii pianista, nato a Roma il 3 marzo 182 1. Allievo del Coop, nelle 50 composizioni per lo più non si scosta da quella maniera che già conoscemmo, studiando gli scritti del suo maestro. V. Catalogo Ricordi, e Pauer A., Dictionary of pianisis and composers for the pianoforte y che lo ricorda, pure scordando il Ferraris ed il Sangalli. V. ancora Masutto G., / maestri di mu- sica italiana al secolo XIX. Venezia, Cecchini, 1882. Gamnoci Baldassare. nato a Firenze il 14 dicembre 1822. Non fu essenzialmente pianista : alcuni suoi articoli in materia musicale furono pubblicati. V. » Atti dell'Accademia dell' Istituto musicale di Firenze ». Per composizioni, v. Catalogo Ricordi. Gampiani Lncio, nato a Mantova il 16 settembre 1822. Non fu essenzialmente pianista: v. Catalogo Ricordi. Tinto Michele, pianista, nato in Aversa, provincia di Caserta, il IO febbraio 1822. Lo ricorda il Pauer: non si scosta dallo stile volgare dell'epoca. De Meglio Vincenzo, pianista, nato a Napoli il 9 aprile 1825, e quivi morto nel 1883. Lo ricorda con lode il Pauer: scrittore fa- cile e popolare, rivela forse maggior eleganza di tecnica che non di ideali. Lo nomina incidentalmente il Florimo, La scuola mu- Sleale di Napoli, voi. IV, pag. 212. Ruta Michele, teorico e compositore, solo incidentalmente è qui ricordato, non essendo egli nella schiera dei puri pianisti. V. Bio- grafia e Catalogo delle opere in Florimo, voi. Ili, pag. 395 a 397 : cenni sparsi a pagg. 150, 393, 416, 442, 503 e, nel volume IV, a pag. 398, 400, 402. Luigi Arditi, nato a Crescentino (Piemonte) il 22 luglio 1822 202 l'arte del pianoforte IN ITALIA tasie, ove la nota ^ sopra motivi popolari „, come in alcuni brani del Ruta, è indizio sufficiente per chia- rirne le modeste pretese: dolci melodie sentimentali che rivelano ingegno musicale e fanno rimpiangere la mancanza di saggi maggiori, come nelle " Perle ita- liane „ del Luzzi: esempi non infrequenti di abilità pia- nistica e di tecnicismo sicuro, sorretti da scarsa nobiltà d'invenzione; ecco l'impronta sintetica di molte fra queste pagine, che sempre più tristemente depongono sulle tendenze diffuse in tale periodo, e dimostrano quanto l'ambiente riesca a traviare in molti casi l'artista. Sembrerà strano il sostenere che sulla seconda metà dell'ottocento scarse giungessero fra noi le voci dell'arte pura e profonda e nobilissima, consegnata con tanta lar- ghezza nelle opere antiche italiane e in quelle recenti degli scrittori germanici: eppure il lettore, che ricorda quanto si è detto sull'arte editoriale italiana in quel pe- morto a Brighton il i° maggio 1903. Come « Musica e Musicisti » ebbe ad esprimersi (anno 1903, pag. 545), rappresenta la moneta spicciola e fortunata nell'arte. Vannuocini Luigi» pianista, nato a Fojano (Val 4i Chianti) il 4 dicembre 1828. V. Catalogo Ricordi e Diz. Schbcidl. Ferdinando Bonamici, nato a Napoli nel 1827, ivi morto nel 1905. Valente insegnante e compositore, autore di considere- vole quantità di facili e indovinate Ricreazioni musicali sulle opere teatrali più note (V. Ediz. Ricordi), che resero popolare il suo nome, ma particolarmente ricordato dai veri cultori del pianoforte per l'opera didattica Studt speciali fer la sola mano sinisiray una delle prime del genere, premiata all'Esposizione di Bologna e di Parigi. Luzzi Luigi, nato a Olevano dì Lomellina il 28 maggio 1828, morto a Stradella il 23 febbraio 1876. Giovanni Poppi, nato a Bologna il 9 settembre 1828, morto (?). Accademico filarmonico, compi i suoi Studi nel Civico Liceo Mu- sicale di Bologna. Compositore ed esecutore accurato, fu nominato insegnante di pianoforte in quella scuola, ove mosse con lode i primi passi nell'arte (V. Cat. Ricordi). PARTE SECONDA • L'iTALIA 203 riodo e sulla difficoltà di procurarsi le edizioni dei clas- sici nostri e germanici, dovrà convenire clie quest'affer- mazione s'informa alla maggior verità (i). Non bisogna attribuire all'artista forze ed attitudini che esorbitano dalla normale potenza dell'uomo : anzi, quella stessa sen- sibilità squisita che lo rende atto a subire le eccitazioni ed a riversarne il contenuto nell'opera d'arte, può fino ad un certo punto spiegarci come egli sia spesso indi- feso contro l'assalto delle tendenze onde è circondato. Le opere dell'intelligenza hanno questo vantaggio, che coloro, i quali dimostrano di interessarsene, rivelano alla lor volta superiorità di gusto e di artistiche aspi- razioni: e poiché nel mondo il sembrare spesso vai quanto l'essere, così la massa elegante e oziosa corre spesso alla ricerca di questa facile gloria, acquistata col frequentare e favorire lo sviluppo delle manifestazioni intellettuali. Ma costoro non sono certo atti a richiedere il nuovo: l'uso, la moda li soggioga; l'abitudine è la do- minatrice dei loro giudizi. E il seguace dell'arte nostra, obbligato ad appagare il salotto, il circolo e la società degli allievi paganti, viveva in quei tempi nella cerchia obbligatoria della trascrizione della fantasia o del pic- colo momento stretto al cadenzare minuscolo del 'Mied,,. invariabilmente ampliato nella ripresa per mezzo di gio- chetti e scale e arpeggi, cui la mano dell'esecutore si piegava facile in grazia alla meccanica abitudinaria, mentre la profluvie di note compensava la scarsità della vera invenzione e la mancata profondità del pensiero. Un esempio luminoso di questa verità ci è offerto da un italiano, anch'esso dimenticato dai manuali dei pianisti, dai dizionari speciali, dallo stesso Grove, per tanti ri- spetti imparziale : eppure degno di nota particolarissima (i) V. Capo ir, V Ambiente, pag. 98. 204 l'arte del pianoforte in ITALIA come quello che, insieme col Rinaldi, segna nell'arte della tastiera moderna un degno interprete del senti- mento intimo e profondo cui più volte accennai, e. che nel Golinelli giungeva a sottili sfumature di poesia cho- piniana. Anch' egli nei primi saggi, traviato dall'ambiente, s'impegola nel piccolo mondo del generuccio volgare. Ma non appena i viaggi e la conoscenza dei migliori lo pongono in faccia all'orizzonte amplissimo dell'arte pura, con balzo subitaneo dal passato si scioglie, e nelle ul- time opere in ispecie raggiunge una profondità ed una aristocrazia di parola che lo elevano a corifeo d^un ri- sveglio solenne. Settentrionale anch'egli per nascita e per famiglia, conferma le osservazioni generali premesse a questo racconto, e in sé raccoglie qualche alito della solenne grandezza dell'Alpe italiana: innamorato della riforma wagneriana allora fra noi incompresa, di essa -e dei grandi romantici tedeschi as_sorbe lo spirito in- quieto: meno nazionale, forse nel suo sviluppo, ma più che molti altri degno di ricordo e di culto affettuoso. L'artista di cui discorro rispondeva al nome di Carlo Rossaro (i). Modesto, solitario, ristretto al culto dell'arte -ed alla pratica dell'insegnamento, fu mal conosciuto dai contemporanei e pienamente scordato dai successori: •quasi l'abbandono del brutto genere imperante fosse colpa mortale presso chi dovrebbe tracciare nella storia il cammino del pensiero nuovo. Anch'egli esordiva pa- :gando il tributo all'ambiente : e ne sono triste prova non (i) Xato a Crescenti no, presso Vercelli, nel 1828, morto a To- rino il 7 febbraio 1878. Lo dimenticano i manuali pianistici, già <:itati: il Grove, I'Eitner; ne ha un cenno brevissimo lo Schmidl non ricordando le opere sue migliori. Su questo cenno è compilato il brevissimo articolo del Baker. Sulla sua fede wagneriana discorre Depanis G., nella prefazione a L'Anello del Nibelungo, Torino, Roux, Frassati e C, 1896. V. inoltre dello stesso l'articolo sulla gazzella letteraria, Torino, 7 febbraio 1885. PARTE SECONDA - l'ITALIA 205 solo le prime pubblicazioni fatte presso il Ricordi, quali r " Extase „ (op. 14) o " L'ultimo addio „ (op. 31), ma ancora quelle della virilità, come lo " Studio di con- certo „ (op. 74) e la stessa ** Canzone crescentinese „ (op. 89). Talvolta il ricordo di uno stile pianistico ben noto s'impone, come avviene di Thalberg nella prima r tal'altra l'elegante novità nell'uso di alcune armonie, come nell'opera 89 citata, tenta rendere più mite il nostro- giudizio sulla forma antiquata e l'insufficienza del con- tenuto. Ma con l'opera 90, che reca il titolo di " Prima Mazurk-a „, e con le seguenti, un nuovo e netto oriz- zonte si scopre all'osservatore. Si direbbe che lo spirita del compositore, per lunghi anni addormentato, ora si risvegli e getti più attento lo sguardo all'intorno, nelle profondità del proprio " io „ si addentri e, meravigliato- ai dubbi, alle gioie e ai dolori che vi scorge, senta pre- potente il bisogno di gridarne il poema all'universo. La formula passata scompare quasi per incanto, una cre- scente irrequietezza s'impadronisce dell'armonia, che vagola e insofferente di riposo tenta voli e carezze e schianti prima impensati. In pari tempo la genesi me- lodica dell'idea singolarmente si complica, il quadro for- male si allarga, la concezione si fa intima e intimamente suggestiva. E 1' " Addio „, che costituisce l'opera 93, con la squisitezza di alcune fasi episodiche, con l' insistenza schumanniana della chiusa spezza per sempre la falsa tradizione prima seguita, riafferma l'intimità del sentire,, eleva l'artista a nobili altezze, che sempre più perspicue appariranno nelle opere postume, degna corona ad una nobile vita. Se ricerchiamo l'essenza di tale risveglio, la vediamo percorsa da una irrequietezza ed una passionalità acco- rata, le cui voci sollevano in noi il ricordo di modelli ben noti. E per l'appunto l'evoluzione del Rossaro è dovuta all'ammirazione per l'arte e la riforma wagne» 206 l'arte del pianoforte in ITALIA 1,1 .1 » riana: ammirazione che raggiungeva il feticismo, ren- dendo impossibile ogni discussione su tale argomento, e schierandolo in primissima linea nella battaglia che i pochi proseliti combattevano fra noi contro 1* immensa maggioranza degli oppositori. Questo stesso entusiasmo schietto e profondo, questa fede incrollabile fra l'univer- sale diffidenza e il tiepido calore dei musicisti vale a dimostrare quale tempra di artista fosse il Rossaro : costretto dalla forza inesorabile delle cose a trascinarsi fra le lezioni in ambiente retrivo, traviato fra Tuniver- sale ignoranza ch'egli tentava scongiurare, comperando le opere allora carissime dello Scarlatti nell'edizione Haslinger: ma pronto a rianimarsi non appena un alito di vera idealità potesse giungere a lui, come la voce di un'arte ch'egli presentiva, ed all'anima entusiasta rive- lava la terra promessa, da lungo sospirata. Le memorie del viaggio intrapreso nel 1876, per assistere all'esecu- zione dell' "Anello del Nibelungo „ nel teatro di Bayreuth, sono ancor vive tra gli allievi superstiti ed i conoscenti, vibrano di immenso entusiasmo nelle sue lettere : e più vive forse e più profonde ci parlano nelle opere pubblicate dopo la sua morte, ove sembra egli cantasse per propria consolazione il poema d'un tale risveglio, incurante di farlo conoscere all'ambiente filisteo. Apro la " Sonata postuma „ dedicata a Riccardo Wagner : e sin dall'Allegro iniziale la stessa invenzione melodica del tema sembra scaturire da tutt'altra. fan- tasia che quella non fosse, da cui erano dettate le prime composizioni. L'ampiezza della forma, il croma- tismo del processo armonico, la ricerca forse tormen- tosa ma spesso felice del nuovo ed un religioso abbor- rimento da ogni volgarità c'impressionano col fascino dell'arte nobile e vera. Nell'ascoltame la voce il lavoro associativo delle idee rievoca le memorie di Schumann e più ancora di Brahms e, su tutto, dell'ispiratore inar- PARTE SECONDA • l'itALIA 207 rivabile : ma in pari tempo siamo tratti a ricordare quanto l'Amiel diceva delle bellezze naturali. " Il paesaggio è uno stato d'animo „ '- e per l'appunto attraverso le sca- turigini che tradiscono lo studio e l'assimilazione di altri processi, uno stato d'animo personale si fa strada nel Rossaro. È ancora Tirrequietezza, lo sconforto ed il pes- simismo nebuloso moderno, che altri cantava e che spin- geva Beethoven nel i8io a scrivere al Wegeler : " se non avessi letto che l'uomo non deve rinunziare volontaria- mente alla vita, prima di aver compiuto una buona azione, da lungo tempo, e per voler mio, non sarei più (i)„. Ma questo pessimismo è avvivato da calore tutto italiano, questo sconforto è addolcito talora da ca- rezza affettuosa, questo malessere infine procede da irre- quietezza di domanda che, in ispecie nel secondo tempo (l'Andante), ricerca l'anima con malìa familiare. Ed è questa per vero la più nobile prerogativa della since- rità; che, ogniqualvolta essa traspare, se pure le emo- zioni manifestate abbiano attinto la prima veste nello studio di altri modelli, tuttavia l'opera d'arte ancora riesce ad assumere tinta nuova e personale: onde il Leopardi poteva conchiudere: Sempre Che in dir gli effetti suoi Le umane genti il sentir proprio sprona, Par nuovo ad ascoltar ciò ch'ei ragiona. II terzo tempo è costituito da un Intermezzo il cui carattere anziché allo Scherzo si accosta al tipo della Canzonetta. E della Canzonetta, attraverso alla signori- lità della forma che nel Rossaro dell'ultima maniera più (i) V. Correspondance de Beethoven par J. Chantavoine, Paris, Calmann-Levy, senza data. Lettera XXXV, 2 maggio 1810. 208 l'arte del pianoforte in ITALIA non si smentisce, troviamo anche la cara semplicità, sensibile in ispecie nel processo diatonico dell'ar- monia, quasi bramosa di riposarsi come in breve oasi di pace dal lungo e insistente cromatismo che ri- sorgerà nell'ultimo tempo. Tale contrasto è reso ancor più sensibile dal fatto, che tra il secondo tempo e l'in- termezzo non esiste distacco: l'uno all'altro si saldano lumeggiando così in modo più vivo il carattere che li contraddistingue. Infine l'Allegro di chiusa, difficilissimo dal lato piani- stico, per l'irruenza della fantasia e la grandiosità ge- nerale di concetto conferma le prime impressioni; rav- valorando ancora i tempi che lo precedono con opportuni richiami di temi e di forme, per modo da rassodare l'impressione unitaria totale. I disegni alla Brahms si avvicendano: l'assorbimento dei migliori modelli con- temporanei scalda là bizzarra fantasia del creatore. E pregi uguali riappaiono nella " Sonata Fantasia „ dedi- cata al Liszt, in un sol tempo: opera postuma anch'essa, e forse perciò imperfetta a cagione di un finale melo- drammatico che ne guasta la solenne e pura austerità: ma non meno degna di nota in questo periodo, come rivelazione di un sentire profondo in urto formidabile con la leggerezza che lo circondava. Fra le derivazioni sensibili di Schumann e Wagner ricorderò la " Terza Mazurka ,,, pubblicazione postuma, che meglio legittima il sottotitolo apposto di " Novella o Meditazione wagne- riana „ (ediz. Lucca), e strettamente si collega con lo stile della Sonata Fantasia. Infine il Romanzo -Valtzer " L'artista „, op. 96, a quattro mani, e le ultime opere sue, che recano i titoli di " Aurora, Tramonto, Notte , (postume), son nuovi saggi di fine sentire poetico, inteso a lumeggiare coi suoni e con la magica potenza dell'ar- monia le sfumature pressoché impercettibili, vaganti in un sogno d'artista. PARTE SECONDA - l'iTALIA aOQ Più volte in questo studio ho dovuto insistere sull'es- senza . aristocratica del risveglio, che in tali opere si ri- vela. Ed essa è ancora avvalorata dai temi ideali che egli si propone, dai poeti cui ricorre per il testo di al- cune pagine di canto, dalla stessa ricercatezza della trama armonica, destinata a reggere lo sviluppo delle sue creazioni. Quest'ultima caratterizza sempre il mo- mento passionale accarezzato, e sin dalla protasi di ogni lavoro tenta piombarci in quello stato d'animo, che meglio risponda al racconto imminente: donde un su- bito entrare in materia, un afferrare l'uditorio, un sor- prenderci con r irruenza e la verità delle prime espres- sioni. Vedete in una Novelletta che reca per epigrafe un brano di Victor Hugo " Les quatres enfants pleu- raient et la nière était morte „ (op. 78, ediz. Martini e Brunetti, Torino) l'effetto dell'accordo di tredicesima, che rjadassohn classificherebbe come un accordo di set- tima sopra un doppio pedale di tonica e dominante (fa-do) ò. ecc. complicato ancora dal ritardo del la : o nella Terza Ma- zurka (Novella o Meditazione wagneriana citata) il biz- zarro pedale del basso, che nella composizione scatu- risce spontaneo da una figurazione ritmica a lungo ripetuta : L. A. YiLLARis, L'arte del pianoforte in Italia. 14 2IO L ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA Moderato. ^^^^^ i&Q ! — a ^^^ «^r ■^ rit. f¥ ->-— ' ^ i==^ ta- ^ If" ^^ JQT a tempo dim. F Seguite la sonorità orchestrale, il moto irruente, e, come segna l'indicazione affettiva apposta dal compo- sitore, angoscioso di questo " Presto „ nella Sonata-Fan- tasia postuma (ediz. Lucca), su cui già ci intrattenemmo : fr' = PARTE SECONDA - L ITALIA 211 ?£ ^a!-i^Xj Date un'occhiata a questo severo preludio armonico, col quale si apre la melodia sui versi del Leopardi * A se stesso „, nella ** Raccolta di 15 Romanze e Con- templazioni per canto con accompagnamento di piano- forte „ (ediz. Lucca, op. postuma): legato '^^m lento assas pp b; fe:f»^ ^lEg^ li ^ U I I * ^. pp •j p* — -p— 1-3- :il^ 212 l'arte del pianoforte in ITALIA I :2?^£|?. -=a \lr:^ -]- i .II: kéà ^ _ÉL ;}=--tì .— «> s«>- f :^|: rgt: t; è 1a-l- -^T-^# 3^ 1^-5" rt;«-^=5 ^3pp sempre ìE^E^ VP ecc. ■(9-- % 3; I E .non solo converrete nella stima per questo dimen- ticato dalla gran massa del pubblico, ma rimpiangerete ancora che delle opere sue, pressoché tutte esaurite, r " Arte antica e moderna „, pure così generosa con altri, non abbia curato una sola ristampa. Carlo Rossaro, inteso ad un sogno d'arte che alla maggioranza non era peranco famigliare, visse raccolto in sé stesso: e, come il Maeterlinck finemente osservava, " Sur le toit de celui qui ne sort pas de sa maison, ne déscendent d'habitude que les bonheurs dont personne n'a voulu „. Di fronte e quasi in opposizione a quest'arte intima del Rossaro, che per altra via risorgerà nell'opera più recente del Rinaldi, si schiera il gruppo brillante dei quattro Fumagalli (i), che qui riunisco per logica di svi- i I ) Fumagalli 'Adolfo, nato a Inzago, nel Milanese, il 19 ottobre 1828, morto a Firenze il 3 maggio 1856. Oltre alla Monografia del FiLii>:>i, citata per cenni minori, ricavati da essa, v. i dizionari del PARTE SECONDA - l'ITALIA 213 luppo sebbene la stretta legge delle date tenti fra loro, dividerli. Gruppo singolare questo di quattro fratelli, tutti pianisti, tutti seguaci, in ispecie Adolfo, Disma e Polibio, d*una sola formula fissai Allievi del Conserva torio di Milano, ove per il pianoforte ebbero a guida TAngeleri, intesero l'arte piuttosto come prova di in- gegnoso tecnicismo che non quale vera e assoluta manifestazione di un proprio sentire: onde lo stile tur- binoso e talora mirabile per le diflficoltà vinte, come spesso avviene in Adolfo Fumagalli, vi guida piuttosto a riconoscere la mano, che non ad intuire lo spirito dello scrittore. Si dice che Mozart, a chi lo interrogava sull'arte della tastiera, rispondesse : " Tre cose son ne- cessarie per un buon pianista „ — ed indicava il capo, il cuore e la punta delle dita. Ora, di fronte alle opere di questa coorte gloriosissima ai suoi tempi, io vorrei ridurre di molto la massima mozartiana. Accentuerei al massimo grado l'importanza delle dita, farei una parte minore al capo, e sopprimerei completamente tuttociò che, nel concetto del grande sinfonista, aveva tratto col sentimento: non già con la sdolcinatura sen- timentale cara ai salotti ed alle buone ragazze da ma- Baker, Riemann, Schmidl, e il dizionario dei Pianisti del Pauer. Questi colloca il nome del solo Adolfo nelle Uste dei pianisti da lui compilate per il Dizionario del Grovk: v. articolo Pianoforte- play in^, voi. II, pag. 745 : una notizia complessiva sui Fumagalli è nell'appendice di questo dizionario, voi. IV, 643 ò. Per le opere per pianoforte, v. Catalogo Ricordi. Fumagalli Disma, nato a Inzago il 28 settembre 1826, morto a Milano il 9 marzo 1893. V. Gazzetta musicale di Milano, anno XLVIII, n. II. Le pubblicazioni, in numero di 334, si trovano nel Catalogo Ricordi. Fumagalli Polibio, nato a Inzago il 26 ottobre 1830, morto nell'estate 1900. Il diz. del Pauer, che registra i nomi dei tre fratelli, lo dimentica. Fumagalli Luca, nato a Inzago il 29 maggio 1837. 214 l'arte del pianoforte in ITALIA rito : ma con la schietta manifestazione di stati d'animo veri e provati e degni di trovar luogo nell'opera d'arte. Per quanto lo studio pubblicato presso il Ricordi dal Filippo Filippi sia detto " eccellente „ dallo Schmidl e venga da altri citato, io non so davvero convenire in quegli elogi superlativi, degni soltanto della povertà grammaticale in cui sono conditi (i). Pianista mirabile,. Adolfo Fumagalli, pianista fra i più valorosi che si siano prodotti nei saggi mondiali, posso ammetterlo e, con qualche limitazione dovuta al fatto che nel pianista io ricerco anche la coltura, son pronto a concederlo, Ma grande compositore per pianoforte, ma anche un più che mediocre scrittore di cose vere e sentite, questo poi no. Lo si ricordi per la rara abilità nel suscitare dalla tastiera le sonorità meglio indicate a riprodurci un dato quadro orchestrale da altri creato : e, per sostenere l'e- logio attribuito al geniale riproduttore, anch'io citerò la " Grande Fantasia di concerto sui Puritani di Bellini „ (Ricordi, catal. N** 21706: si trova anche nell'" Arte an- tica e moderna „), ove si è tratti ad ammirare l'inge- gnosità ch'egli spiega ad ogni passo, la conoscenza per- fettissima di tutte le risorse, che una buona tastiera può offrire. Voci e sostegno orchestrale ed efficacia dram- matica dell'assieme risorgono dinanzi alla fantasia del- l'ascoltatore, come evocati da bizzarra magìa; la tecnica e la fantasia del Fumagalli a vicenda si adoperano, per (i) Della vita e delle opere di Adolfo Fumagalli (Estratto dalla Gazzetta musicale di Milano). Ricordi, senza data, numera di Catalogo 29.125. Riassume articoli pubblicati negli anni 1856-57. Si parla in esso « delle felicissime attitudini allo sviluppo delle quali avrebbe bastato il tempo »; si insiste sopra « la potenza estensiva della qualità, che col progresso de' tempi e degli studi si a vr^òòe in esso di certo maggiormente sviluppata ». E tale è «l'ele- gante scrittore, ornamento dei migliori giornali d'Italia », cui l'Edi- tore accenna nell' « Avvertenza ». PARTE SECONDA - l'iTALIA 215 riprodurre i colori deiropera scelta a modello e fanno intr a V vedere Tefficacia straordinaria che potevano otte- nere sotto la mano del concertista, in grazia ad un'ese- cuzione realmente privilegiata. Ma se, uscendo da questo campo in cui egli regna -sovrano, mi riconduco alle creazioni originali, non so davvero comprendere l'elogio incondizionato datogli dalla critica di quei giorni, se non ripensando ai saggi poverettissimi che questa stessa critica lasciava, e di cui incidentalmente ci verremo occupando. L' ** Ecole Mo- derne du Pianiste ,, (op. loo, postuma) in tre libri pre- senta diciotto composizioni originali, ed esse guidano il Filippi a concludere che " il Fumagalli è uno dei pochi fra i modernissimi che per frutto della eccellente istitu- zione e dello splendido ingegno possa arrogarsi il di- ritto di erigersi a maestro e di proporre le sue opere a studio e modello „. Ebbene, leggete quel " Réveil des ombres „ così lodato o " La fiUe de l'air „ (catal. N* 23438) che ancora nel 1880, al R. Conservatorio di musica in Milano, Disma Fumagalli faceva eseguire per saggio alle allieve; e accanto a una fattura pianistica veramente lodevole, troverete la povertà volgare dell'invenzione e la generale mancanza di quel vero contenuto ideale, senza cui sembra impossibile possa vagheggiarsi una forma mu- sicale. È una prova scritta di quella deficienza di lar- ghezza nello stile, che la critica estera aveva rimprove- rato alle sue esecuzioni. Ancora una volta la meccanica trionfa sull'arte, e l'abilità fascinatrice delle dita si so- stituisce alla potenza suggestiva della vera invenzione. La vita brevissima e il miraggio del successo imme- diato, che i trionfi mondiali sempre più assodavano, può spiegarci in gran parte questa superficialità dell'opera *sua. Certo, maggior maturità di anni avrebbe potuto recare un giudizioso ritorno ad altri ideali, com nel Rossaro avvenne: e la cosa è tanto più probabile, in 2l6 l'arte del pianoforte in ITALIA quanto non mancava a lui l'ingegno e la padronanza dei mezzi. A diciannove anni, lasciato il Conservatorio di Milano, già era acclamato fra i concertisti in Italia nella Francia e nel Belgio, che lo classificava il " Paga- nini del pianoforte „. Ma ciò non può condurre la critica a sostituire le proprie speranze alla realtà dei fatti; e questi ultimi ci dicono che nella stessa scelta dei temi originali, la fantasia creatrice di Adolfo Fumagalli non si solleva sulla mediocrità. Abituato ad agire di fronte al pubblico, egli non sa più dire quelle cose intime, cui vorrebbe tratto tratto aspirare: ed anche nella cornice limitata di queste pagine alza la voce, lascia il predo- minio alle dita, onde ogni sincerità esula costernata dai suoi lavori. Gli stessi pregi di tecnica in minor grado riappaiono nel fratello Disma, che nel 1857 otteneva la cattedra di pianoforte in quel Conservatorio di Milano, donde era uscito allievo. Con ingegno minore di Adolfo, egli ne segue la via: tantoché " Il canto della filatrice ,, (op. 334), che il catalogo Ricordi segna come ultima sua compo- sizione, continua a svolgere la piccola trama melodica sui pochi e comuni accordi costitutivi, quasi un terrore su- bitaneo lo sorprenda non appena l'occasione si presenti per ingannare l'insistenza gravosa della tonalità fonda- mentale. Quando si ricordi che Disma Fumagalli morì nel 1893, e si riavvicini questa data al N° 334 che con- trassegna la composizione ora accennata, si avranno dati sufficienti per giudicare l'indirizzo dell'autore. L'im- menso risveglio, operatosi nel gusto italiano, era pas- sato leggero su lui, come cosa che non sembrava inte- ressarlo. Pianista ed organista, Polibio Fumagalli lascia in entrambi i rami della tastiera saggi non disformi dello * stile brillante dell'epoca. Sensibilmente per contro se ne distacca il fratello Luca, pianista anch'egli e concer- PARTE SECONDA - l'iTALIA 217 tista, ma certo meno inchinevole al puro genere bril- lante. Anche per Luca Fumagalli si verifica T influenza dell'ambiente, poiché egli, che giovane si era condotto all'estero, ne riportava un amore profondo per gli studi classici : amore che lo viene sorreggendo nella sua pro- duzione. Ciò almeno scaturisce da alcune pagine, quali le " Due composizioni per pianoforte „ edite a Milano dal Buffa (catalogo N® 826), ed i quattordici studi fan- tastici pubblicati dal Ricordi col titolo "Cràneries et dettes de coeur „ (catalogo N" 103565). Accurato, spesso ricer- cato, si scosta dalla brillante superficialità per accostarsi al genere intimo su cui prima insistemmo : non eccel- lendo per dovizia di idee o per ampiezza di concezione : ma rivelando sempre una coscienza maggiore della mo- dernità, che attraverso all'èra dei virtuosi fatalmente già cominciava a farsi strada. * * Ora è d'uopo ristabilire l'ordine cronologico della trat- tazione che, per qualche anno, si limita a scarsa novità. Non ne recano Pietro Formichi e Filippo Filippi (i), i cui * 16 feuillets d'album „ (Milano, Lucca, catal. N" 18896) vengono poverettamente dimessi a dirci la solita istoria volgare: non concorre ad accrescere il patrimonio del- l'arte nostra Salvatore Giannini, le cui trecento compo- sizioni per pianoforte seguono lo stile antiquato dell'e- (i) Formichi Pietro, nato a Sinalunga il 7 giugno 1829 (V. Catal. Ricordi). Filippi Filippo, nato a Vicenza il i j gennaio 18 jo, morto a Mi- lano il 2$ giugno 1887. V. cenni nel diz. dello Schmidl in parte riprodotti in quelli del Riemann e del Baker. Il Grove accenna incidentalmente il nome suo nelle vite di Verdi e di Boito, questa ultima in Appendice. 2l8 l'arte del pianoforte in ITALIA poca : ed il carattere herziano diluito in uno stile brillante e formalistico risorge in Giuseppe Enrico Marchisio (da non confondersi col Giuseppe Filiberto Marchisio di Saluzzo, ricordato a pag. 179), come la cantilena senti- mentale all'acqua di zucchero si ricovera presso San Fiorenzo, Marcarini e Vespoli negli studi e nelle libere invenzioni seguono lo stile dell'epoca, da cui non si scosta il Petrali, assai più noto nell'arte organarla (i). In Paolo Serrao sin dal 1863 la scuola di Napoli riconosce uno tra i migliori elementi per quanto riguarda la tecnica della composizione. Egli però non diede opera essen- ziale alla produzione della tastiera, cosicché gli scritti per pianoforte, che rivelano il maestro, meno forse ne rispecchiano l'intimo e vero carattere (2). Non manca- rono di interesse alcune fra le pagine di Guglielmo An- dreoli (3), allievo anch'esso di quel Conservatorio di (i) Giannini Salvatore, pianista, nato a Napoli il 24 di- cembre, 1830: pubblicò « La prima scuola del pianoforte ». Marchisio Giuseppe Enrico, pianista, nato a Torino l'8 marzo 183 1, e quivi morto nel giugno 1903. V. Musica e Musicisti^ anno J903. pag- 548. Marcarini Giuseppe, nato a Romanengo il 17 aprile 1832. Petrali Vincenzo Antonio, organista, nato a Crema il 22 gennaio 1832: ha alcune pagine per pianoforte. Vespoli Luigi, pianista, nato a Avellino il 12 gennaio 1834. V. fra l'altro, Dodici studi per pianoforte: Fantasie e pezzi origi- nali. V. Biografia nel Florimo, voi. Ili, pag. 421-423, con Cata- logo della musica. Per tutti V. catalogo Ricordi. In esso si accolgono composizioni di Giovanni Battista Pagnoncelli (1835), Tommaso Benvenuti (1832) e Giuseppe Gariboldi, che solo incidentalmente qui si ricordano. (2) Nato a Filadelfia, provincia di Catanzaro, nel 1830. Ne di- scorre il Florimo, voi. II, pagg 48, 67, 148; voi. Ili, biografia, pagg. 413-418 con catalogo delle opere sue; voi. IV, pagg. 338, 396, 398. (3) Nato a Modena il 22 aprile 1^3 5, morto a Nizza il 13 marzo 1860. L'anno di nascita segnato dal Pauer (1832) è errato. Ne discorre in ispecie il Grove. PARTE SECONDA - l'iTALIA 219 Milano che diviene una tra le più feraci miniere di mu- sicisti : troppo inferiori tuttavia alla fama da lui raggiunta come esecutore, in ispecie nei concerti -dati a Londra al t^alazzo di Cristallo (ii dicembre 1866), alla Musical Union (27 aprile 1858), alla New Philharmonic (9 maggio 1859) e altrove. L'osservazione fatta per il Serrao vale per Michele Saladino (i), la cui dottrina musicale profonda solo per incidente si applica al pianoforte. Con pari ra- pidità passiamo sui nomi di Matteo Luigi Fischietti, Sta- nislao Favi, San Fiorenzo, Angelo Tessarin, Morganti, Ettore De-Champs, Saetta, Miceli, Nacciarone» Carlo An- dreoli, Paolo Truzzi e Dacci: non già che nlilla di interessante si riveli nelle opere loro, ove tratto tratto rilucono pregi, come apparisce dal cenno ad essi con- sacrato nella nota a pie di pagina: ma perchè il con- tributo recato alla tastiera non è tale, dp -^opravvivere all'onda della produzione che d'ogni intc . incalza (2). Quindi il racconto muove ora a considerare un arguto (i) Nato a Palermo il 31 ottobre 18^5. (2) Matteo Luigi Fischietti, nato a Marittima Franca (Lecce) il 28 febbraio 1830, morto a Napoli nel gennaio 1888. Studiò a Napoli il pianoforte e la composizione. Scrisse più di duecento pezzi per pianoforte, la maggior parte sopra motivi di opere teatrali (V. Catal. Ricordi). Stanislao Favi, nato a Firenze il 16 novembre 1833. Diret- tore d'orchestra e compositore di musica da camera, autore di nu- merosi pezzi originali per pianoforte editi in gran parte dal Ricordi. San Fiorenzo Cesare, nato a Genova il 17 marzo 1834, mae- stro di pianoforte. Fi-a le molte composizioni (Fuoco fatuo ; Fior di Maria, ecc.) si ricordano le illustrazioni musicali a quattro nu- meri dal titolo: Le quattro parti del Mondo e La Divina Com- media, Cose concepite nel povero stile dell'epoca. Tessarin Angelo, nato a Venezia il 16 agosto 1834. Anch' egli appartiene alla classe degli insegnanti di pianoforte, compositori nello stile dell'epoca. V. catalogo Ricordi. Morganti Giovanni» nato a Montesiro in Brianza nel 1835, morto a Genova nel 1903. Degno di nota per alcune opere pia- 220 l'arte del pianoforte IN ITALIA cultore della piccola arte per camera, le cui speciali condizioni di editore e la tempra felice giunsero a col- locarlo fra i seguaci fortunati del pensiero pianistico moderno. Egli, che il mondo musicale meglio conosce sotto il pseudonimo di Burgmein, è figlio di Tito Ricordi e nipote di Giovanni, il fondatore dell'attuale casa editrice. Distiche. V. catalogo Ricordi e « Musica e Musicisti » ma<;gio 1893, pag. 439- Ettore De Champs, nato a Firenze VS agosto 183), morto nel 19O), lasciando pezzi originali per pianoforte ed un'ottima Guida Teorico-Pratica dei Seoni Grafici Musicali, edita a Firenze dal Venturini. Saetta Vincenzo, nato a Napoli nel 1836; allievo di StatTa e Mercadante- Si dedicò per intero all'insegnamento. Di lui si ricorda La scienza estetica ed un buon Metodo teorico-pratico per pianoforte. V. Pauer, Diz. dei pianisti. Miceli Giorgio» nato a Reggio di Calabria il 21 ottobre 1836, allievo del Lillo in Napoli, esordi come compositore drammatico nel 18$ 2. Per pianoforte si ricorda un Trio, due quartetti, un se- stetto, tutti per strumenti a tastiera (Catalogo Ricordi). Nacciarone Guglielmo, nato a Napoli il 18 febbraio 1837. Studiò il pianoforte sotto il maestro Marrano, e in sèguito, sotto la guida del padre suo, Nicola (nato a Napoli il 1802). Esordi come concertista nel 1848: fu elogiato a Parigi dal Thalberg; le sue opere per la tastiera comprendono pezzi originali e trascrizioni (Catalooro Ricordi). Andreoli Carlo, nato a Mirandola, presso Modena, l'8 gennaio 1840. Allievo dell'Angeleri nel Conservatorio di Milano, e quivi professore sin dal 187$. Per pianoforte lasciò : Notturni, op. 4, io, 12, 19; Quattro Romanze, op. 16; duattro Romanze, op. 17; V. Pauer. Truzzi Paolo, nato a Milano il 27 ottobre 1840; studiò nel R. Conservatorio. Le molte pubblicazioni sue facili non hanno im- portanza. V. catalogo Ricordi. Dacci Giusto, nato a Parma il i" settembre 1840, fu direttore della R. Scuola di Musica in Parma e prof, di composizione. Le sue pubblicazioni per pianoforte, fra cui la nota Campana dei Morti appartengono al genere brillante antiquato dell' arpeggio. V, catal. Ricordi. PARTE SECONDA - l'iTALIA 221 La vita brillante e mondana di Giulio Ricordi (i) pre- lude quasi al fare spigliato ed elegante che ritroveremo nelle opere sue. Volontario dapprima nelle lotte per l'indipendenza nazionale, sottotenente dei bersaglieri durante la campagna del '60 e decorato al valore mi- litare, addetto in sèguito al quartier generale di Cialdini di Bologna, lasciò l'esercito per la direzione della casa che la malattia del padre gli imponeva : e, dopo alcune prime pubblicazioni fatte col nome suo (fra esse i Sei studi melodici per pianoforte, op. 14), continuò e tut' torà continua nel campo del piccolo quadro e del mo- mento musicale, rendendo popolare fra noi il nomignolo di Burgmein col quale si firma. Musica elegante la sua, carezzevole, corsa tratto tratto da fine senso del pitto- resco, finemente equilibrata: e, per di più, moderna- mente pianistica, per modo da speculare con fortuna sulle risorse della tastiera. Musica, inoltre, schiettamente melodica, quando in ispecie si abbia riguardo a quella melodia esteriore del periodo, ove il motivo architet- tonicamente diviso dalle formule cadenzali che ne reg- gono il moto ed il riposo si presta alle esigenze della frase orecchiabile. Aggiungete ancora un'armonizzazione sufficientemente ricercata per avvivare quella trama di luci ed ombre impensate, fluentemente condotta per modo da nascondere l'artifizio sotto una signorile faci- lità : ed avrete coefficienti non solo di successo, ma an- cora di merito, degni di farne accogliere il nome in una storia della tastiera comtemporanea. Questa stessa spi- gliata e facile eleganza, non disgiunta da una leggera sensualità che sembra accarezzarne quasi il contenuto (i) Nato a Milano il 19 dicembre 1840. V. Notizie nei dizionari musicali (art. G. Ricordi e Burgmein); i particolari si trovano nello ScHMTDL. Per le opere, v, catal. Ricordi. 222 l'arte del PIANOFORTE IN ITALIA psichico, tende ad esprimere dall* insieme della sua pro- duzione quella particolare fisionomia che, senza rag- giungere le altezze dello stile, ha già il merito di una speciale maniera: onde una pagina di Burgmein tra altre si riconosce, e nelle manifestazioni proteiformi dell'in- gegno suo, quali scaturiscono dai piccoli quadri, egli svela un proprio sentire. Chi volesse rintracciare una qualche rassomiglianza di indirizzo fra i nostri italiani contemporanei, potrebbe rivolgersi anzitutto alle piccole creazioni del Buzzi-Peccia, notando che fors'anco nel Rinaldi si possono ricercare i germi di alcune note pittoresche. L'eclettismo poi delle tendenze, che il Burgmein rivela, rende assai difficile la determinazione delle influenze che sull'opera sua si esercitarono. Sfumature bachiane (v. Esquisses au crayon, Féte dans la montagne) si alternano con richiami a di- stribuzioni quartettistiche recate sulla tastiera che già ci colpirono negli " Studi lirici „ del Grieg (v. nel " Livre de Noil„ la " Canzone „). Sopratutto poi il carattere della scuola francese modernissima ci parla nelle tendenze a complicare l'armonia con pedali armonici, in quel dolce vagare nell'indefinito che, attraverso alla sensualità della carezza sonora, minaccia spesso di velare la scarsa ori- ginalità del contenuto. Su questo influsso della scuola francese torneremo nell'ultimo capitolo. Del resto la ricca sua produzione, che si presenta in veste editoriale ele- gantissima, merita menzione in ispecie per le opere a quattro mani, fra cui, sempre nel piccolo genere intimo e finemente accarezzato da arguta e signorile eleganza, van ricordati, oltrecchè " Le livre des sérénadeSy anche '* Le roman de Pierrot et Pier rette „, ^ Le livre des histoires „ e " Rosette „. PARTE SECONDA - l'iTALIA 223 * * Nello sviluppo di queste ricerche il lettore avrà av- vertito un progressivo affratellarsi dell'arte pianistica con la vita reale del giorno, come se le piccole aspira- zioni, le dolcezze minuscole e i minuscoli dolori delle lotte e delle brame d*ogni giorno riuscissero finalmente a penetrare nel tempio fantastico della creazione. Tratto tratto la decoratività dei disegni, T immobilità delle for- mole presentate dagli autori segnano quasi altrettante fasi di arresto, ove l'inerzia ha buon giuoco. Siamo al- lora di fronte a quei modesti cultori della tastiera che, meno degli altri avvertendo i fascini dell'ora che passa, si riducono nella storia dell'arte a semplice tramite dal- l'uno all'altro creatore: e la menzione, che lo studioso è condotto a farne, si riduce a quel salutò che non si rifiuta al nunzio d'una qualche novella, quando pure esso giunga in ritardo. Ogniqualvolta per contro lo svi- luppo dei tempi favorisca la fioritura d'una nuova intel- ligenza, questa si fa l'annunziatrice di legami sempre più stretti fra la vita reale e l'arte della tastiera. È, in altri termini, il ripercotersi di un fatto sociale, per cui con slancio crescente da ogni parte si coopera al livel- larsi dei bisogni e delle aspirazioni. Dai veri classici della tastiera, passando attraverso alla fioritura roman- tica su cui venne a innestarsi la crescente falange dei virtuosismo, ci avviciniamo rapidamente alla fase lisztiana dello Sgambati e al neo-romanticismo dei nostri mag- giori viventi. L'arte, anziché vagolare nel regno della semplice forma, sa ormai abbeverarsi con sicurezza alle fonti emozionali della nostra vita. Da questo profumo di schietta attualità, che non isdegna scendere a famigliarizzare con l'ambiente quotidiano, è 224 l'arte del pianoforte in ITALIA caratterizzato un nome caro all'arte nostra, e troppo a lungo dimenticato. Intorno ad esso oggi sorge crescente la simpatia dei buongustai: triste tributo e tardivo a chi, durante la vita, fu spesso trascurato. Giovanni Rinaldi infatti (i), se potesse vedere alcune fra le sue pagine migliori, elevarsi dal pianoforte all'onore dell'orchestra, come avvenne per merito di Luigi Mancinelli, e nuove edizioni curarsi, e non rimanere indifferente la schiera degli imitatori, avrebbe ragione di rallegrarsi dell'opera sua. Ma così, nella vita e nell'arte, è di quanti osano vagheggiare un sogno non al tutto volgare. Possono essi speculare con sicurezza sopra un futuro successo: ma alla condizione di goderlo allora, quando la morte abbia apposto l'ultimo suggello alla loro riputazione. Allievo dapprima di Ferdinando Asiolij nipote del Bonifazio già da noi ricordato, il Rinaldi aveva com- piuto gli studi nel Conservatorio di Milano, perfezio- nandosi dal 1854 al 1861 sotto la scorta di Sangalli e Angeleri. Quest'ultimo nome in ispecie dirà sin d'ora a lettore l'indole pianistica della sua coltura. Passava in sèguito a Genova, ed in quest'ambiente, poco all'arte favorevole, egli con amore infinito coltivava fra le le- zioni quel sentire aristocratico, onesto e sincero, che lo addita alla simpatia di quanti scorrono oggigiorno le sue squisite sfumature. Perchè nelle piccole sfumature del sentimento, in ispecie l'arte del Rinaldi trionfa, cul- landoci attraverso a veste pianistica impeccabile in una dolce carezza di chiaroscuri, tanto più suggestivi, quanto più la stessa morbidezza da essi conferita al contorno della forma non va mai a detrimento della netta e perspicua quadratura. (i) Nato a Reggiolo (Emilia) nel 1840, morto a Genova il 25 marzo 189$. V. un breve schizzo con ritratto e firma nella «Gazzetta musicale di Milano » del 51 marzo 189$, pag. 219. PARTE SECONDA - L^ITALIA 225 Questo concetto, per non ridursi a semplice giuoco ricercato di parole, richiede quelle stesse distinzioni che, più largamente, riappariranno nella trattazione dei grandi romantici tedeschi. Quando si tende a staccare un dato compositore dalla cerchia e dalla corrente dei classici, to^to per naturale contrasto viene in mente l'appellativo di romantico : e fra i romantici per l'appunto va classi- ficato il Rinaldi, sia per l'epoca in cui visse, sia ancora per le influenze subite e la chiara tendenza della sua tempra d'artista. Senonchè a sua volta il romanticismo musicale si complica in due diverse tendenze. L'una, essenzialmente pittoresca, sembra proporsi la pittura o la rievocazione degli stati d'animo che i fenomeni e i fatti esterni presentano o sollevano nello spirito del com- positore: e le risorse acustiche sono allora adoperate con la massima ricerca dell'effetto sensoriale, i bruschi trapassi di sonorità giungono all'apogeo. Un'altra ten- denza, per contro, che potremo dire più ideale, mira al mondo del sovrasensibile, si attarda nel regno del sen- timento, parla di cose che la sola immaginazione este- tica riesce a penetrare. A questo ramo della scuola romantica si potrebbe applicare, come altri fece l'ap- pellativo di ** scuola imaginativa o idealista „: poiché nel misticismo dell'idea, staccata da tutto quanto sappia di corporeo, cerca il fascino delle sue creazioni. Come al- trove, così in questo caso riporteremo uno fra gli esempi più caratteristici che la moderna produzione ci offra : per il pittoresco romantico, la sinfonia pastorale: per l'idealista, la sinfonia in la (settima), e specialmente quel gioiello che è l'allegretto in la minore (i). (i) V. l'analisi in Villanis L. A., Saggio di psicologia mu- sicale (ediz. cit.), pag. 165 e seg. Sulla Pastorale cosi scriveva lo Schumann : « Quando Beethoven concepì ed espresse i suoi pen- sieri, in vista della Sinfonia pastorale, non fu già un giorno di L. A. Villanis, L'arte, del pianoforte in Italia. 15 220 L*ARTE DEL PIANOFORTE IN ITALIA A dire il vero, questa distinzione, così netta in teoria, parzialmente si annebbia nella pratica, non appena ten- tiamo applicarla alle opere dei grandi. Tutti i romantici parteggiano dell'una e dell'altra tendenza: e Weber, Schubert, Spohr, Schumann, Marschner, Mendelssohn, Brahms, Goetz e Wagner stesso lasciarono in tutte traccie profonde. Tuttavia anche fra di essi la distinzione ap- parisce possibile. Come lo Schubert eccelle nel pitto- resco di Erlkònig e nei Momenti musicali sorge al più puro idealismo già cantato in * Du bist die Ruhe „, così Weber simpatizza maggiormente per il pittoresco, Spohr si approfondisce nel soprannaturale, Schumann si ad- dentra nel labirinto delle passioni, Marschner col "Vam- piro „ si schiera nel terribile del pittoresco, Mendelssohn vagheggia sopratutto la forma, Brahms sogna tra l'idea- lismo delle visioni una classica bellezza dileguata. Ora, in questo campo la fantasia del Rinaldi simpa- tizza in ispecie col romanticismo idealista, umanizzato a sua volta dal fine senso del pittoresco ove, piiì che la realtà dei fenomeni^ l'anima sua tende a suggerirci le emozioni che questa stessa realtà provoca in un dolce poeta. Ed è in questo vagare dell'idea un signorile riserbo, per cui la forma sempre si eleva a rigido ritegno di ogni enfasi o divagazione eccessiva. Degno ammiratore in ciò dello Chopin, il romantico idealista per eccellenza, al pari di questo modello tributa alla forma la massima venerazione: non per avvivarla come il Mendelssohn di una vitalità calma e talvolta — diciamolo pure — de- primavera isolato che gli ispirò un canto di gioia, ma piuttosto l'oscuro miscuglio di canti supremi che compatti si affollano sopra di noi (come, s*io non m'inganno, scrisse l'Heine), ma l'intera rea- # zìone, sulla favella eterna, che intorno a lui si agitava ». V, Ecrits sur la musique et les musiciens, traduz. De Cukzon. Parigi, Fisch- bacher, 1894. PARTE SECONDA - l'iTALIA 227 -coratìva, meno rispondente al periodo di ansie e di lotte in cui egli scriveva: ma per affidarle un tenue conte- nuto poetico, nel quale certe fasi armoniche, melodiche •e ritmiche ci lasciano intravvedere un secondo influsso dovuto alle letture dello Schumann, senza tuttavia ve- lare la personalità elegantissima del nostro scrittore. Chi leggermente considerasse il Rinaldi, sarebbe tratto a classificarlo fra gli schietti autori pittoreschi e descrit- tivi. Pittoreschi infatti sono i titoli delle raccolte, de- scrittivi i soggetti presi a trattare nelle singole pagine: e molte descrizioni della nostra giovane scuola operi- stica trovano in lui, se non il modello, certo l'antefatto : tanta è la modernità che lo contraddistingue, tanta la rispondenza al sentire contemporaneo. Eppure il lato intimo dell'opera sua si innalza a orizzonte più ideale, la voce del poeta, meglio che descrivere, tratto tratto canta con piena fortuna un dolce poema: ed il lirismo, •cui egli sa assurgere, con piena fortuna lo stacca dalla cerchia dei minori. Che se, per meglio caratterizzarlo, •cercassimo un raffronto fra l'arte sua e quella dei pre- decessori, saremmo tratti a ricordare il Golinelli. Anche morto nel 1884. Allievo di Ferdinando Bonamici perii pianoforte, Fiodo e Moretti per armonia e composizione. Oltre ad opere mu- sicali, lasciò musica da camera. V. Schmidl. Ugo Errerà, nato a Venezia il 25 ottobre 1843. Anche per -quest'autore, v. catal. Ricordi. In Feuilles d'Album il n. 66.140, Chanson Juive; in tre composizioni per pianoforte il n. 66.453, In Gondola, sembrano legittimare il cenno suesposto. Nicolò Celega, nato a Polesella il 15 aprile 1844, morto a Milano nel 1906. Pianista e compositore, pubblicò numerose ed «leganti Trascrizioni, nonché molti pezzi originali, non privi di moderni intendimenti (V. Catal. Ricordi). Qustavo Tofano, nato a Napoli il 21 dicembre 1844, ove studiò 230 l'arte del pianoforte in ITALIA musica sotto la guida di valenti insegnanti. Corse dapprima l'Itali» dando concerti di pianoforte; Tu dicembre 1872 fu nominato in- segnante nel Liceo Musicale di Bologna, in sostituzione a Stefano Golinelli (V. Necrologia « Riv, Music. Ital. », anno VI, fase. 2°)^ Ernesto Becncci, nato il 29 aprile 1845 a Radicondoli (To- scana), morto a Firenze nel 190$ (V, « Musica e Musicisti », anno 1% n. 2). Paolo Canonica , nato a Milano il 29 febbraio 1846 , e ivi morto il 13 dicembre 1902 (V. « Musica e Musicisti », fase, gen- naio 1903. Giovanni Frojo, pianista, compositore e storico musicale, nacque a Catanzaro il i** giugno 1847. Studiò il pianoforte con Beniamine Cesi e il contrappunto con S. Pappalardo : dedicandosi in sèguito alla carriera del concertista sino al 1873 > ritiratosi in patria, attese con cura alla composizione ed all'insegnamento. V./waes/r/ di mu- sica italiani al secolo XIX, di Giovanni Masutto, e Cat. Ricordi. Pietro Abba^Cornaglia, nato in Alessandria di Piemonte il 20 marzo 1851, morto (?) nella stessa città. Completò i suoi studi nel R. Conservatorio di Milano sotto la guida dei maestri Angeleri, Almasio, Lauro Rossi ed Alberto Mazzucato, riportando il gran premio. I suoi pezzi per pianoforte, non privi, talora, di moderne intenzioni, risentono troppo, nella forma e nei disegni, l'influenza di un genere già sulla via avanzata del tramonto. V. Diz. Schmidl e Catal. Ricordi. EPILOGO Quell'influenza settentrionale, da cui abbiamo visto gravata la produzione italiana, ormai si estende, e si complica : V insegnamento e la tecnica del Liszt attrag- gono vittoriosi l'elemento pianistico europeo. Tutto quanto già notai intorno alle tendenze orchestrali della tastiera moderna, nel Liszt si riassume ed assoda : e l'esecutore formidabile, Tavvenirista convinto affascinano siffatta- mente gli spiriti, da imporsi alla stessa personalità degli artisti nostri maggiori. Considerata nella piena interezza, l'opera musicale del Liszt può suddividersi in quattro categorie fra loro distinte. Stanno nella prima i saggi pianistici con o senza accompagnamento d'orchestra; e in questa categoria i due Concerti (in mt bemolle e in la) e le quindici Rap- sodie ungheresi assumono importanza maggiore, affer- mando, in ispecie con le Rapsodie, la spiccata nazio- nalità dell'artista. Stan nel secondo gruppo i lavori orchestrali; degni di nota in ispecie per la Sinfonia Faust in tre quadri, la Sinfonia Dante, e i dodici Poemi sinfonici, destinati ad attrarre un fìtto stuolo di imitatori. Segue la terza sezione, in cui raccoglieremo le opere di genere sacro: ed essa si apre con la Leggenda di Santa Elisabetta (Die Legende von der heiligen Elisa- beth), cui uniremo, fra i lavori di maggiore importanza artistica, la Gran Messa, la Missa Coralis, e l'Oratorio Christus. Infine i Canti, troppo trascurati dai più, rive- 234 l'arte del pianoforte in ITALIA lane una intensità di sentimento che si espande in forme melodiche semplici e affettuose, piene di individuale attrattiva. Basterebbero il lied su tema poetico di Heine Du bist wie eine Blume, quello Es muss ein wunderbares sein, il canto vittorhughiano Comment disaient-ils^ o la semplice e commovente serenata di Goethe, Ueber alien Gipflen ist Ruh, per ammirare nel Liszt il poeta (i). L'attività artistica, fin dal Liszt, muove in quella se- conda metà del secolo XIX, che segna una crescente trasformazione nei mezzi espressivi, intesi a complicare le formole del passato a tutto benefizio del nuovo e del- l' impreveduto. Chi leggermente consideri la produzione musicale dell'epoca è tratto a credere in un croma- tismo così esagerato, da segnare addirittura un distacco assoluto dall'arte di Haydn, Mozart e dello stesso Bee- thoven. Eppure tale distacco, vero nell'apparenza, sorge nel fatto da una transazione abbastanza sensibile, ove un tratto si consideri il fondo e la linea armonica totale. Vediamo allora come il rispetto alla tonalità^ tanto cara ai padri nostri, tuttora permanga inviolato: solo, a na- sconderne l'eccessivo predominio, le note estranee agli accordi, le appoggiature j le note di passaggio cercate ad arte, i ritardi, costituiscono intorno ad essa un'atmo- sfera cangiante, ove per poco il senso primitivo della tonalità immutata s'annebbia ed intorbida. Il che non toglie ch'esso torni ad apparire nitido e sicuro, quando quelle deviazioni apparenti siano momentaneamente trascurate; ed allora, come il Rietsch ebbe a notare, il Parsifal del Wagner può portare l'indicazione " in la bemolle „ e il numero 8 negli Études d'exécution tra- scendante del Liszt, sulla IVilde Jagd, scritto nel 1852, (i) Un catalogo completo delle opere di Liszt, a cura di Francis Hueffer, si trova nel Dizionario del Grove, art. Liszt. Esso è compilato sul catalogo tematico del Breitkopf u. Hàrtel, n. 14.373. EPILOGO 235 ancora si connette per filiazione diretta alla scorsa tra- dizione. Questa discendenza diretta in lui, come negli Epigoni della nuova èra, facilita il successo, e rende più facile ai coetanei T accettazione dei nuovi principi. Ponetemi ora un uomo di così forte e caldo sentire, mirabilmente irrequieto e irrequietamente operoso, lan- ciato come meteora in mezzo alle scuole pianistiche europee^ già rotte ad ogni influsso del passato. Dategli siffatta maestrìa sulla tastiera, da scatenarne effetti nuovi, levandosi al livello di vero fenomeno nel campo dell'arte. Fate che Teclettismo della sua produzione, per la operosità stessa dell'autore e il singolare prestigio che il virtuosismo concede^ possa venire in possesso del pubblico acclamante. Avvicinate, per questo modo, i pianisti concorrenti al focolare del nuovo concertista, fino a convincerli del calore insolito che da esso emana. Accrescete ancora la suggestione col contatto diretto, facendo ch'egli concorra alla pratica educazione di qualche pianista ; e l'imposizione delle sue tendenze riuscirà quasi fatale, ed attraverso alla stessa persona- lità dei discepoli dovrà riapparire il Maestro per modo, da affievolire in quelli la personale importanza. In tale senso si può ritenere che ogni Grande, agisca esso nel campo sterminato e nobilissimo della pura intellettualità o in quello più ristretto del meccanismo, si manifesti dannoso ai superstiti. " È consuetudine in certi spiriti, — notava l'Emerson — di dare una pienezza esclusiva all'oggetto, al pensiero, alla facoltà su cui gettano luce, e di farne per un istante i rappresentanti del mondo intiero Ed è perciò che ogni opera del genio è il tiranno dell'ora presente, e sopra di sé concentra l'uni- versale attenzione „ (i). Ciò in ogni tempo abbiamo visto (i) // carattere e la vita umana. Gap. II: L'Arte. 236 l'arte del pianoforte in ITALIA verificarsi nella produzione pianistica; ciò con maggiore evidenza si riafferma nell'epoca contemporanea, ove per mille rivoli diversi la influenza dei grandi creatori e dei virtuosi eminenti lega, annebbia ed assorbe T indi- vidualità dell'ingegno stesso creatore. La classificazione prima esposta delle opere di Franz Liszt tende a ricordare con quale signorile larghezza egli abbia contemplato il quadro dell'Arte, vagheggian- done in ispecie, e tentandone con salita ardimentosa le vaste giogaie orchestrali. Ciò va tenuto presente quando si voglia penetrare con sicurezza il carattere che la scuola pianistica lisztiana acquista, e gli ideali eh' essa ingagliardisce ed afferma. Chi con tanto amore accarez- zava le falangi strumentali e, dominatore assoluto della tastiera, da essa quasi rifiiggiva, sprofondandosi nel sogno di nuove e formidabili sonorità d'orchestra, non poteva certo rinunziare al sogno, in lui costante, nello studio e nella tecnica del pianoforte. Se nell'intero ciclo pianistico vedemmo i pianisti aspirare a effetti, che dalla tastiera esorbitano, tanto più questi effetti dovettero ac- centuarsi per opera di chi, sapendo maneggiarli con arte nuova, era ancor tratto da forza prepotente di spirito a scatenarli nella compagine dei suoi grandi Poemi. E su questo punto non so tacere il pensiero di Ric- cardo Wagner, che dalle stesse risorse interpretative pianistiche del virtuoso faceva scaturire la fonte della sua orchestrazione. " Alla tua persona — scriveva il Wagner a Liszt — è congiunto quel nonsochè di nuovo, d' indescrivibilmente singolare e di raro, che non sussi- sterebbe senza la tua immediata personalità ; perciò chi ti ode, potrebbe lamentare che tali meraviglie svani- scano senza speranza di ricuperarle, e vadano perdute con te ; giacché è ridicolo credere che tu possa lasciare l'arte tua in eredità ai tuoi allievi... Ma la natura ado- EPILOGO 237 pera mezzi irresistibili per conservare ciò che produce così di raro e come anomalìa; essa ne addita il retto sentiero. Le meraviglie della tua interpretazione devi aver cercato di trasfondere in una maniera la quale le rese indipendenti dalla tua esistenza. Le cose che altra volta suonavi al pianoforte, non ti avrebbero giovato, poiché esse divenivano ciò che ci sembravano in grazia della tua particolare interpretazione.... Quindi, senza cercare, dovette venirti in mente di sostituire alla tua arte personale l'orchestra — cioè : composizioni che va- lessero a rispecchiare la tua individualità, mediante mezzi d'esecuzione inesauribili, e alle quali non facesse d'uopo in avvenire la tua personalità. Così i tuoi lavori per orchestra sono per me un simulacro della tua arte particolare „ (i). L'intero brano riportato e specialmente la conclusione segnata in corsivo, completa a meraviglia quanto notai sulla personalità pianistica del Liszt e sull'influsso ch'egli venne esercitando. Un'osservazione, soprattutto, deve esser presente allo spirito di chi brami rendersi conto della fase pianistica lisztiana e, in grandissima parte, dei saggi nostri, appartenenti all'ultima ora. Finché la diteggiatura imperfetta e l'imperfetta conoscenza delle risorse pianistiche ofìrivano al virtuoso un qualche an- golo inesplorato, la naturale tendenza alle innovazioni poteva esercitarsi a tutto vantaggio della sostanza rit- mica melodica e armonica, su cui convergevano gli sforzi dell'interpretazione. Tale fu il campo apertosi a Chopin, che nelle visioni sue potentemente personali non conosce precursori, e si erige a modello di imitatori infiniti. Ma quando la ricchezza dei mezzi tecnici ha raggiunto l'ec- (1) Epistolario Wagner-Liszty tradotto da AUegrina Cavalieri- Sanguinetti. Torino, Bocca, 1896: Lettera 217, volume II. 238 l'arte del pianoforte in ITALIA cellenza, allora gli sforzi del pianista privilegiato comin- ciano ad indugiarsi in sottigliezze di ricercata eleganza e di voluta originalità, ove il piacere di bravare un pe- ricolo già si eleva a sinonimo di bellezza. L'idea, che nel musicista dovrebbe germogliare libero d'ogni altra preoccupazione, e solo intimamente legata alle naturali doti della tastiera, comincia ora a sbocciare in vista di questa o quella difficoltà non ancora tentata, di questo o quell'effetto peregrino da raggiungere; e sotto il peso della troppa tecnica si affievolisce e declina. Non è più un fantasma pianistico, cantante libero d'ogni altra pre- occupazione nella giocondità dei ritmi o nell' armonia dei suoni; è un sogno complesso di tecnica raffinata, troppo superbo per degnarsi di battere la via della dif- ficile facilità, troppo soverchiato dai preconcetti per giungere a dire l' intero e schietto poema che in lui si concentra. A poco a poco questa stessa abitudine di ricercare il lato nuovo e prezioso, travia la vera inven- zione. Le dita prendono il sopravvento sulla fantasia o, forse più acconciamente, l'assorbono a proprio van- taggio. E attraverso alla indiscutibile ingegnosità e, spesso, alla vera genialità della condotta pianistica, l'os- servatore rimpiange la perdita della schietta invenzione musicale. * * Queste note generali facilitano il passaggio a dire dello speciale punto di vista, da cui l'arte di Giovanni Sgambati va considerata (i). Più che ad uno studio spe- (i) Nato a Roma il 28 maggio 1845. V. i Dizionari musicali: Per il giorno di nascita il Grove reca la data 28, il Riemann e, sulla sua scorta, il Pauer, 18. L'Eitner lo dimentica. Cenni stac- EPILOGO 239 ciale suir artista, in quest' ultima parte cui lo sguardo storico è giunto, riesce forse opportuno attenerci a breve commento, nel quale risulti il rapporto fra la persona- lità dell'artista e le tendenze, onde siamo circondati. La storia infatti di uomini e cose allora ha speranza di levare la voce sicura, quando il tempo abbia non sol- tanto fusi i giudizi parziali nel grande crogiuolo del- Tesperienza ed affermate le conseguenze dei fatti sin- goli, ma ancora con lungo ciclo di nuova produzione consenta di rilevare l'importanza reale di un artista, dandoci modo di investigarla nel patrimonio ch'egli ai successori legava. Quindi per gli scrittori della tastiera, la cui esistenza è da solo un mezzo secolo iniziata, li- miterò lo sguardo alle linee maggiori; assai lieto se, ritenendo lieve il giudizio, potessi sfuggire più tardi all'accusa di colpevole errore. Figlio di padre italiano e di madre inglese, Giovanni Sgambati assai per tempo rilevava le rare attitudini musicali. Ebbe dapprima a maestro Amerigo Barberi a Roma, cui successe a Trevi nell'Umbria il Natalucci, lasciando luogo all'Aldega, a quei giorni apprezzato; ed erano anni di studio , nei quali la giovane tempra del musicista si apriva ai sogni del nuovo periodo ita- liano^ ricco già dell'assorbimento dovuto alle opere dei classici, ma per ciò stesso inchinevole a minore indi- pendenza nelle affermazioni di un proprio carattere na- zionale. Frattanto verso il 1859, tornava da Parigi in Roma Tullio Ramacciotti che il culto dei classici aveva coltivato a Parigi ; e per sua iniziativa si aprivano delle cati nelle Riviste. Fra gli altri, Ehrlich A., Beriìhmte Klaviers- pieler der Vergan^enheit u. Gegenwart. Lipsia, A. H. Payne, 1893. (Comprende 116 biografie e 114 ritratti). Inoltre T articolo Lisztf firmato G. M, A. nella Rassegna italiana del 15 set- tembre 1886. 240 l'arte del pianoforte in ITALIA Mattinate musicali che dapprima ebbero luogo al nu- mero 50 di via dei Pontefici, poi vennero successiva- mente trasferite in via del Vantaggio presso la passeg- giata di Ripetta al numero i e nella Sala Dante. Pren- devano parte a questi Concerti il Pinelli. nipote al Ra- macciotti, che più tardi si perfezionò in Germania col Joachim, e Giovanni Sgambati che col Pinelli stesso succedette al Ramacciotti nella direzione di queste tor- nate. Era quivi apprezzato il nostro autore ; e quivi per l'appunto l'intese la prima volta il Liszt, giunto da poco in Roma, nella interpretazione del Septuor di Kummel. La valentìa del pianista diciannovenne impressionò il grande virtuoso che volle presso di sé l'esecutore; e la casa posta al numero 1 13 di via Sistina, ove il Liszt abitava, serba forse memoria di quell'incontro, ove fra lo studioso pressoché ignoto e il pianista celebre si ce- mentava una nuova e sincera simpatia. Franz Liszt finì col divenire il maestro dello Sgambati. Così tutto quanto dall'uno all'altro artista può trasfondersi, passò dall'au- tore delle Rapsodie nel pianista romano; e la fiducia riposta in quest'ultimo fu tale, che per espresso volere del Liszt la prima esecuzione della Sinfonia Dante venne affidata nel 1866, in Roma, al nostro autore. Egli ne serba ricordo nella bacchetta direttoriale di ebano, col nome suo e la data del concerto, che il Maestro gli donava (i). Nello stesso anno l'esecuzione dell' ^^o/c» di Beethoven e un suo Quartetto d' archi lo rivelava dotto conoscitore dell' arte classica e compositore di vaglia; e poiché un largo ciclo di concerti in Germania ne aveva assodato la fama, così era egli chiamato nel 1877 alla carica di insegnante di pianoforte m quel (i) La Sinfonia Dante fu eseguita per l'inaugurazione della sala dei Concerti, nel palazzo Poli. 243 opere ^ce per one del indo un rne edi- sso il Ri- ielle stra- oir intera il sulFele- > , salva il air arte di lità masse- di profumo •arisce nella , LI andò pure ), preferisce asi coetaneo •vanni Sgam- . riassumendo segnando un te germanica, . Intorno a lui di nota, varia- li che ci avvol- 11 a di poesia e la informa, ap- ppe Buonamici lite il nome alle rano le revisioni 2). E Giuseppe ci. quale p. e. venne ..ivierSy Vienna 1875. i)\z. cit. I Italia. 16* 242 l'arte del pianoforte in ITALIA del Liszt lascia in dote al pianista. La potenza orche- strale è subordinata a trama poetica troppo leggera e diafana, perchè questa ottenga il sopravvento. E così, fase interessante nel periodo nato dal romanticismo, 1^ forma ricomincia a prendere il sopravvento sull'idea, e la bellezza formale unita alla preziosità delle trovate pianistiche assorbe la preoccupazione estetica della composizione. Ciò sembra dirci, ad esempio, l'opera 12 del nostro autore, che sotto il titolo di Fogli d^ Album raccoglie tre momenti degni di attenzione. Un nonsochè di schuman- niano emana dal primo e, per alcuni punti, nella Can- zonetta susseguente ancora si rivela. Le sonorità, che quest'ultima sprigiona, assumono una pienezza che direi di quartetto d'archi, se l'arte del pianista non le distri- buisse con somma perizia alla tastiera. L'idea, in altri termini, è resa pletorica dal massiccio nella disposizione d'accordi che l'avviluppano: il pregio della condotta pianistica supera forse quello della schietta invenzione. Che se scendiamo alle opere 14 e 18 (Gavotta e Toc- cata)y notissime ai pianisti, queste stesse caratteristiche ancora si accentuano. Abbiamo talora una pienezza di sonorità, dianzi poco fra noi conosciuta. Si potrebbe dire che lo Sgambati sia stato fra i primi nostri a trapiantare sul pianoforte le strapotenti risorse dell'orchestra mo- dernissima; ed in ciò la scuola lisztiana riapparisce in tutta la sua rude pienezza, e rivela nel nostro autore la conoscenza formidabile d^i mezzi espressivi. Se poi dalla pura invenzione muoviamo in quel campo di studi, ove l'artista meglio afferma la tecnica sua, al- lora nuovo argomento di interesse ci viene fornito dal- l'opera IO. Siamo in essa di fronte a due bellissimi studi di Concerto, accolti nel " Metodo teorico-pratico per lo studio del pianoforte „ di Lebert e Stark, ove il volume quarto comprende uno studio del Sangalli, un EPILOGO 243 Ottimo Preludio e Fuga del Palumbo e queste due opere dello Sgambati. Ora, nel secondo studio apparisce per la prima, o per una delle prime volte, la notazione del pedale in valori ritmici ; affermando e volgarizzando un sistema che servi a Beniamino Cesi nelle moderne edi- zioni dei classici, da lui rivedute ed edite presso il Ri- cordi (i). L'irruenza dei disegni e, più spesso, delle stra- potenti sonorità risorge, come caratteristica dell' intera opera sua: Tinflusso straniero accusa forti studi sull'ele- mento germanico, che tuttavia, in compenso, salva il Maestro dalle sensualità e mollezze care all' arte di Francia. Siamo assai lontani dalla femminilità masse- nettiana, che presso molti contemporanei sa di profumo e di donna galante. Giovanni Sgambati ci apparisce nella maschia vigoria del solido compositore e, quando pure si abbandona alle risorse del virtuosismo, preferisce ancora la forza alla elegante dolcezza. Quasi coetaneo di Costantino Palumbo e Beniamino Cesi, Giovanni Sgam- bati chiude la prima metà del secolo XIX : riassumendo per l'Italia la schietta influenza lisztiana, e segnando un forte ritorno, per influsso diretto dell'arte germanica, al culto della bellezza pianistica formale. Intorno a lui si svolgono parecchie personalità degne di nota, varia- mente influenzate anch'esse dalle correnti che ci avvol- gono. L'arte di Costantino Palumbo, piena di poesia e di fìne sentire, per la passionalità che la informa, ap- parisce più serenamente italiana: Giuseppe Buonamici e Beniamino Cesi affidano vittoriosamente il nome alle opere di interesse didattico, fra cui figurano le revisioni di classici e le pubblicazioni di studi (2). £ Giuseppe (1) La notazione del pedale in valori ritmici, quale p. e. venne proposta da Hans Schmitt in Das Pedal des Claviers^ Vienna 1875. (2) V. per Giuseppe Buonamici il Pauer, Diz. cit. ■ L. A. YiLLANis, L'arte del pianoforte in Italia. 16* 244 l'arte del pianoforte in ITALIA Martucci, nato nel 1856, domina il campo delle nostre ricerche nell'ora presente: più polifonico, nella tratta- zione della tastiera, di quanto lo Sgambati non appa- risca: più profondo nella ricerca del pensiero: bramoso di sviluppare le sonorità, che la sua mente vagheggia, col ricco avvicendarsi di parti, non senza rischio di cadere, quando la genialità dell'interprete non soccorra, nel massiccio di noti artisti stranieri. L'eleganza aristo- cratica del sentire in questo artista ad ogni istante si rivela : e la voce accorata delle opere sue sembra par- larci ostinato di Schumann, non senza sfumature di cho- piniana dolcezza. Ma lo studio su questo artista e sui valorosi che l'ac- compagnano e lo seguono nello sviluppo dei tempi, esorbita dal piano tracciato all'opera nostra. Essi, nella piena vitalità delle forze, spingono ancora fiduciosi lo sguardo nell'avvenire. La lotta quotidiana li attira, le energie della vita per mille rivoli fluiscono nell' anima loro entusiasta, fecondando germogli 'e fiori novelli: e la personalità, che nell'opera degli scrittori nostri si riassume, continua a svolgersi fra le ansie e le ricerche dell'oggi, tentando giornalmente nuovi sforzi per appro- fondire l'impronta sul sentiero dell'arte. Dalla Germania li avvolge l'avvenirismo dei saggi wagneriani, il nuovo e crescente sviluppo della scuola modernissima: la let- teratura nordica ricanta intomo ad essi i dolci poemi fascinatori della steppa, e con sentimentalità derivata dall'arte di Federico Chopin addolcisce i ritmi bizzarrf nativi e le nenie popK>lari : la Francia infemminita e ga- lante si compiace in sonorità che sanno di carezze sen- suali, di réverie inconscia sotto la snervante influenza di un tiepido aroma. E l'ora che passa, imbevuta ormai di cosmopolitismo, livella fra noi le tendenze regionali, af- fievolisce le voci di razza e d'ambiente: abituandoci a grado a grado a riconoscere nel prodotto musicale quella EPILOGO 245 unità di patria, che moki filantropi sognano nelF avve- nire delle relazioni sociali. * • Giunti a questo punto nella storia del nostro paese, lo sguardo si rivolge a considerare il cammino percorso dall'arte pianistica nella restMite Europa. Intorno al 1780 il distacco fra la scuola di Vienna o mozartiana e quella del nostro Clementi, divide in modo chiaro e sensibile lo stile dei pianisti armonici, derivanti dal Mozart, da quello dei piMiisti brillanti, raggruppati intorno alle norme clementine. Le prime opere pianistiche di Bee- thoven, apparse fra il 1790 e il 1800, già segnano la conciliazione fra i due sistemi: elevandosi a eredi di- rette della passata coltura. Con Weber l'espressione ro- mantico-pittoresca, fremente nelle sue partiture orche- strali, pervade la tastiera: Schubert a grado a grado vi infiltra il lirismo e la piena poesia dell'anima, che già aveva cantato nell'opera di Beethoven e, con altezza insuperata, dominava l'intero Allegretto in la minoref nella settima Sinfonia. Così l'elemento romantico viene a riassorbirsi nella vera e schietta espressione, trascu- rando per essa la semplice descrizione del mondo este- riore o la suggestionante fantasia di fiabe e leggende. In questo romanticismo Mendelssohn accarezza sensibili ritorni alla forma purissima dei classici; Schumann con ardore profondo e genialità indiscussa si lancia nel pe- lago dell'espressione sentimentale; e Federico Chopin, anima squisita d'artista, affina la tecnica pianistica, ele- vando le opere della tastiera alla suprema fluidità dello stile cantante e suggestivo. Liszt ora e Thalberg, Rubinstein e Tausig sorgono. 246 l'arte del PIANOEORTE in ITALIA paladini della tecnica brillante e della poderosa esecu- zione. Tutto quanto si riferisce a rapidità fulminea di attacchi e pioggia vertiginosa di note che il pianista può scatenare nel l'unità di tempo, raggiunge ormai l'apogeo. L'obbedienza della tastiera e il complesso di forza mu- scolare, sviluppata su di essa dall'interprete che lungo esercizio ha allenato, sanno di meraviglioso. Alla loro volta, poi, questi singoli artisti hanno eser- citato all'intorno vasta influenza. Così, mentre in Italia per vario modo la suggestione delle opere avvince i nostri compositori, troviamo all'estero abbastanza sen- sibile l'influenza del Thalberg (già avvertita in Teodoro Dòhler), in Leopoldo von Mayer, Emilio Prudent, Enrico Ravina, Rodolfo Willmers, Vincenzo Wallace. Chopi- niani nella tecnica o nel sentire appariscono Stefano Heller, che per la scrupolosa venerazione della forma risente anche 1* influsso del Mendelssohn ; Jacob Rosen- hain, Edoardo Wolff, Giulio Schulhoff", Giuseppe Wie- niawski, Filippo e Saverio Scharwenka, Maurizio Mosz- kowski. Per contro, 1* influenza del Liszt attrae nella sua cerchia Hans von Biilow, Antonio Rubinstein^ Carlo Tausig, Carlo Valentino Aikan, Camillo Saint-Saéns ed Enrico LitolflF, mentre fra Mendelssohn e Schumann il danese Gade, William Sterndale Bennet, Carlo Rei- necke. Otto Goldschmidt e Guglielmo Kalliwoda par- teggiano per il primo: Voldemaro Bargiel, Teodoro Kirchner, Adolfo Jensen e Rodolfo Volckmann s'acco- stano piuttosto allo stile dell'ultimo. EPILOGO 247 Frattanto, mentre le correnti pianistiche fluiscono nelle nazioni sorelle, lo spirito contemporaneo sembra rischia- rarsi sotto nuove visioni. Nello stesso pessimismo mu- sicale, come alito precorritore della primavera, passa tratto tratto il bisogno di nuova gaiezza. Verso quali regioni questo spirito muova, ninno saprebbe ancor dire- certo esso si va accorgendo che ** La tristesse n*est pas le désespoir, et Dieu les a unis comme des frères, afìn que rune ne nous laissàt jamais seuls avec Tautre „. Chi rivede le opere per piano di Alfredo Catalani, di Niccolò Van Westerhout(i) 6 dei giovani compositori italiani vi- venti, fra l'eleganza, che non rifugge da leggera grazia francese^ intuisce tratto tratto una di quelle raffiche meri- dionali, che a Roberto Schumann , nell* analisi del- l'opera 81 di Cramer, ridordavano il calore e la schietta freschezza belliniana. Lo stesso Martucci, così profon- damente imbevuto di studi sull'arte migliore germanica, ha tratto tratto accenti nostri, e voci di sincera ed ita- liana freschezza. Così l'influenza straniera ed il sogno (i) Alfredo Catalani, nato a Lucca il 19 giugno 1854, morto a Milano il 7 agosto 1893. Studiò dapprima in patria col padre, dimostrando attitudini musicali prodigiose, poi a Parigi, e finalmente nel conservatorio di Milano col Bazzini. Le sue composizioni per pianoforte, editi prima dalla Lucca, poi riunite in Album dal Ricordi, racchiudono i momenti più felici della sua eletta ispirazione: fra esse Le Ronet, il Notturno in sol diesis minore, la Serenata a quattro mani. L'attività sua riguarda essenzialmente il campo ope- ristico. Niccolò Van Westerhont, nato a Mola di Bari nel di- cembre 1862, mori a Napoli il 21 (o 27) agosto 1898. Autore di eleganti e distinte composizioni per pianoforte, edite, la maggior parte, dal Ricordi, lascia inoltre due Sinfonie e parecchi lavori tea- trali (V. Necrologia « Rivista Music. Italiana », anno V, fase. 4**). 248 l'arte del pianoforte in ITALIA di altri modelli non spengono il sentire nazionale nel successore suo alla cattedra di Bologna; e Parte di Enrico Bossi accarezza aristocratica le memorie italiane, come in un giovanissimo fra i pianisti nostri, Amilcare Zanella, la lieta e chiara intuizione delle forme, sembra giocon darsi nel sorriso caro alla tempra italiana. L'ugual merito dovrebbe essere fatto ai valorosi che fra lo Sgambati e l'ultimo trentennio ebbero nascimento; i cui nomi sfuggono a questo studio, solo ristretto a consi- derare quelli che hanno ormai compiuto una piena vita di produzione, e sul cui materiale lo sguardo cri- tico può soffermarsi con la sicurezza di non aver nulla trascurato. Chi scriverà la storia di questi ultimi tempi pianistici, attraverso alla reale importazione di gusti e formole straniere, avrà forse agio di rilevare dolci luminosità di quella luce, che a Federico Chopin rendeva simpatico il nostro Bellini, e l'uno all'altro univa con rapporti di mutua influenza artistica, siffattamente connaturata con le anime loro, da riuscire ormai pressoché inafferrabile. Forse non è lontano il periodo, sognato da uno fra gli stessi romantici del primo ciclo musicale inquieto^ in cui una nuova corrente di fresca genialità riuscirà a strap- pare dal volto della poesia quella maschera di ironia, di cui essa si era ricoperta per celare le fattezze scon- volte dal dolore. Certo, ad ogni inodo^ non è più questo il tempo, né esso potrà risorgere dal silenzio degli anni, in cui Rossini ed i compagni minori termi- navano le loro pagine con un " vostro umilissimo servi- tore „. Franz Liszt, cui l'arguzia é dovuta, non oserebbe ripeterla dinanzi alle opere che si vanno svolgendo^ per lo meno nel campo pianistico. Mentre la scena lirica ita- liana tuttora tratto tratto bamboleggia, e nel facile ap- plauso del pubblico insofferente di profondo pensiero si allieta, la schiera dei musicisti da camera studia, sogna EPILOGO 249 e in nobili sforzi si ritempra. L'incontentabile Schumann rimproverava nel *4i allo Chopin il suo rinserrarsi nella piccola cerchia del pianoforte. Ciò davvero non vorrei ricordassero i nostri compositori, che nell'attuale ric- chezza delle risorse pianistiche e nello sviluppo formi- dabile, consentito anche sulla tastiera agli effetti d'or- chestra, hanno campo superbo per l'esplicazione dei loro ideali, mezzo sicuro per continuare la tradizione nobi- lissima. Lo spirito romantico oggi, come nei primi giorni del suo apparire sulle dècadi iniziali del secolo XIX, agisce ostinato sulle forme, tentando modificarle per meglio includervi il soffio pieno di nostalgie fantasiose^ di sogni evanescenti. Sotto questo punto di vista anche i pianisti contemporanei, ligi alla purezza della forma^ il Martucei non escluso, potrebbero ricevere il loro piccolo diploma di Davidsbundler: e l'ideatore del Dctvidsbund avrebbe ancora diritto di riconoscere il cenacolo così formato come una confraternita di spiriti romantici^ in- tesi al progresso dei nuovi ideali (i). Questi, nel complesso, esorbitano dalla tranquilla vi- sione del passato, e per la struttura meccanica degli stru- menti dalle pareti del piccolo studio si lanciano a volo in ambiente più vasto. Esecuzioni di opere concertanti per pianoforte, violino e violoncello, quali Haydn, Mozart e lo stesso Beethoven sognarono, riescono oggidì difficili assai, se non, come il Pauer pensava, addirittura im- possibili. L'equilibrio infatti fra le sonorità delle corde e delia tastiera è turbato; il degno rivale concertante del pianoforte modernissimo, è l'orchestra, nella piena e solenne espressione. I passi continui arpeggianti, nelle parti di Sonate ed altri pezzi concertanti affidati a piano- forte, divengono insopportabili, nelle risorse attuali : chi (i) Lettere di Roberto Schumann al Dorn. 250 l'arte del pianoforte in ITALIA si indugi sulle trascrizioni dei Capricci di Paganini, fatte dal Liszt, rinviene forinole pianistiche nuove ed inge- gnosamente trovate: le sue riduzioni delle Sinfonie di Beethoven e Berlioz giungono a disposizione lata di accordi, che per molti esecutori riuscirebbero inesegui- bili. Così quei disegni, che nelle opere di Mozart e Bee- thoven apparivano scritti in note semplici e singole, ora, per suggestione spontanea del nuovo strumento, tuonano in ottava. La forza alla leggerezza si è sovrapposta : la miniatura allarga le sue dimensioni nel quadro, che l'os- servatore contempla ammorbidita dalla distanza. E, per chiudere con una nota di Ernst Pauer," mentre nel pas- sato l'esecutore trattava lo strumento come un amico diletto, aperto alle sue carezze, molti fra i modernissimi lo considerano con l'occhio e l'animo di un nemico, su cui debbasi esercitare la forza e la conquista violenta del dominatore. Ciò procede sia per sviluppo diretto dei tempi e della costruzione pianistica ch'essi fomentarono, sia per un complesso di circostanze relative al bisogno di novità, proprio all'anima umana. Attraverso ai secoli questa ha cantato le gioie e i dolori che la inondano, ha cercato negli artisti l'espressione passionale del grande ente collettivo. Così d'anno in anno fiori e germogli si avvi- cendano, autunni pensosi e primavere innamorate nella storia dell'arte, come in quella della natura, meditano ed olezzano, per fatale sviluppo di uomini è cose. Il terreno della produzione nostra è ricco tuttora di gio- vanile energia, la sementa piove in esso, vagliata dallo studio, fecondata dalla tempra passionale italiana e da nobile emulazione di artisti. Il grande ciclo dementino, con cui la scuola pianistica si iniziava, da lungi sorride ed attende. Quah germoglieranno le spiche, nell'avvenire? BLENCO /;/ ordine cronologico (dal ijjo al i8jo) dei compositori italiani di musica per pianoforte^ particolarmente menzionati nella Parte Seconda del presente volume. Gio. Battista Qrazioli (1750 o 5^-1820) Amedeo Rasetti (1754- 1799) Maria Luigi Cherubini (1760-1842) Francesco Pollini (1763-1846) Bonifazio Asioli (1769-1832) P'erdinando Pfter (1771-1839Ì Francesco Lanza (17S3-1862) Antonio Fanna (1792-1845) Carlo Soliva (1792-1853) . Enrico Bertini (1798-1S76) Luigi Truzzi (i 799-1864) . Antonio Angeleri (1801-18S01 Ernesto Coop (1802-1879). Nicola Nacciarone (1802-1876) (jaetano Corticelli (1804-1840) Michele Cerimele (1806-1887) . Giuseppe Concone (1810-1861) Giuseppe Filiberto Marchisio (181 3-1895) Teodoro Dòhler (1814-1856) Gioachino Maglioni (1814-188HJ Giovanni Menozzi (1814-1885). Giuseppe Lillo (1814-1863) Francesco Ferraris (1816-... ) Adolfo Pescio (1816-1904) . . r.ì-. I20 » 131 » 129 II 139 » '55 II lÒI ^ If 162 >» .67 1» »75 » ivi » ivi '• .76 » ivi » 178 » ivi '> ivi II ivi >• •79 11 ivi • • " i8j »> ivi »> ivi » 184 II 197 252 ELENCO IN ORDINE CRONOLOGICO ECC. Teodulo Mabellini (1817-1897) Giuseppe Unia (1818-1871) Alessandro Sala (1818-1890) . Stefano Golinelli (1818-1891) . Alessandro Biagi (1819-1884) . Carlo Andrea Qambini (1819-1865) Angelo Fanzini (1820-1886) Francesco Tessarin (1820-...) . Raffaele Billema (1820-1874) . Filippo Fasanotii (1831-1884) Luigi Albanesi (1821-1897) Luigi Arditi (1822-1903) . Baldassare Qamucci (1822- 1892) Michele Tinto (1822-1899) Lucio Gampiani (1822- Vincenzo De-Meglio (1825-1883) Francesco Sangalli (1826- 1892) Disma Fumagalli (1826-1893) . Michele Ruta (1827-1896) Ferdinando Bonamici (1827-1905) Luigi Lnzzi (1828-1876) . Giovanni Foppl (1828- Luigi Vannnccini (1828- Carlo BoBsaro (1828-1878) Adolfo Fumagalli (1828-1856) Pietro Formichi (1829- Polibio Fumagalli (1830-1900) Filippo Filippi (1830-1887) Salvatore Qiannini (1830- Paolo Serrao (1830-1907) Matteo Luigi Fischietti (1830-1880) Giuseppe Enrico Marchisio (1831-1903) Vincenzo Antonio Petrali (1832-1889) Giuseppe Marcarini (1832-1905) Tommaso Benvenuti (1832-1906) Stanislao Favi (1833- Giuseppe Gariboldi (1833- Luigi Vespoli (1834- Cesare Sanfiorenzo (1834- Angelo Tessarin (1834- Giovanni Morganti (1835-1903) Guglielmo Andreoli (1835-1860) Ettore De-Ghamps (1835-1905) Pag. 198 » IVI » 185 » 186 » 198 » 201 ')! 198 9 ivi >• 201 » • • IVI » • • IVI » ivi » ivi » • « IVI » • « IVI » • • IVI n 197 » 213 >» 201 » 202 » « • IVI » • • IVI u 202 >» 204 II 212 t) 217 » 213 II 217 >> 218 II ivi II 219 1) 218 » ivi 1) • • IVI » ivi •) J19 » 218 i> • • IVI II 219 » • • IVI i> • • IVI ti • « IVI » 220 ELENCO IN ORDINE CRONOLOGICO ECC. 253 Michele Saladino (1S35- Vincenzo Saetta (1836- Giorgio Miceli (1836- Guglielmo Nacciarone (1837- Luca Famagalli (1837- Carlo Andreoli (18^0- Giusto Dacci (1840- Paolo Trazzi (1840- Giulio Ricordi (1840- Giovanni Rinaldi (1840-1895) Tito Mattei (1841- Giuseppe Menozzi (184 1 -1896). Giuseppe Pratesi (1841-1903) Edoardo Perelli (1842-1885) Francesco Simonetti (1842-1904) Ferdinando Goletti (1843-1876) Ernesto Sebastiani (1843- Giovanni Sgambati (1843- Ugo Errerà (1843- . Nicolò Celega (1844-1906) Gustavo Tofano (1844-1899) Ernesto Becncci (1845-1905) Paolo Canonica (1846-1902) Giovanni Froio (1847- Pietro Abbà Comaglia (1851-1894) Alfredo Catalani (1854-1893) . Niccolò Van Westerhont (1863-1898) Pagr. 219 n 220 n 219 11 • ■ IVI M 213 »> 220 » • • n • « IVI » 221 )» 224 » 228 II • • IVI II 229 » 228 »i 229 » • • IVI » • • IVI » 238 >i 229 » • IVI lì • • IVI » 230 1) • • IVI ■1 ivi 1) • • IVI n 247 • • IVI ELENCO dei più noti compositori italiani contemporanei, nati dopo il iSjOy che pubblicarono musica per Pianoforte, S. Alassio. C. Albanesi. F. Alfano. G. Andreoli. G. Anfossi. I. Azzoni. P. Bandini. G. Barbieri. U. Bassani. D. Bellando. G. Bonanno, E. Bossi. R. Brogi. A. Brugnoli. F. Busoni. A. Buzzi-Peccia. A. e C. Cajani. C. Cattanei. N. Cesi. S. Cesi. P. Chimeri. F. Cilèa. P. Clemente. S. Coppola. E. Coop (figlio). A. Crescentini. F. Da» Venezia. R. D'Atri. C. De-Crescenzo. E. De-Leva. C. DeNardis. G. De Sena. E. Del Valle de Paz. A. D'Erasmo. M. Esposito. A. Falconi. G. A. Fano. L. E. Ferraria. S. Ficcarelli. P. Floridia. P. Frontini. G. Frugatta. C. Galeotti. R. Cerosa. E. Giarda. L. S. Giarda. P. Gonzales. V. Grondona. L Guìlì. R. Leoncavallo. A. Longo. F. Marini. . G. Martucci. R. Matteini. G. Migliaccio. E. Mineo. B. Morasca. B. Mugellini. G. B. Nappi. S. Nasalli-Rocca. H. Oswald. A. Pellizzone. V. Pepe. A. Peroni. G. B. Piccio. E. Pirani. G. B. Polleri. C. Pollini. G. Pozzetti. E. Pozzoli. 0. Ravanello. A. Rendano. G. Ricci-Signorini. E. Rivela. V. Romaniello. L. Romaniello. G. Rosselli. F. Rossomandi. Gilda Ruta. A. Scontrino. L. Sinigaglia. M. Tarenghi. F. Trani. 1. Uguccioni. V. Vanzo. M. Vitali. E. Wolf- Ferrari. A. Zanella. APPENDICE BIBLIOGRAFICA Oltre alle opere del Baker, Eitner, Grove, Hipkins, Parent, Pauer, Prout, Prosniz, Riemann^ Schmidl, ecc., sovente citate nel corso del libro, non vanno dimenti- cati i seguenti lavori, fra i quali alcuni di notevole im- portanza, sulle Forme della musica istrumentale, sulla Storia, Costruzione e Letteratura del pianoforte. Alibrandi Gio., Manuale di musica. — Torino. Loescher. J. Di Gafifarelli, Gli strumenti ad arco e la musica da ca- mera. — Milano, 1894. Hocpli. Galli A., Estetica della musica. — Torino, 1900. F.lli Bocca. Parisotti A., Nozioni di acustica fisica^ fùcologia ed estetica. — Roma, 1905. Riemann Dr. H., Storia universale della musica, i" tradu- zione italiana del Dr. Enrico Bongioanni. — Torino, 1903. ìM. Capra. Torchi L., La musica istrumentale in Italia nei secoli XVI^ XVII e XVIII. - Torino, 1899. F.lli Bocca. Brenet M-, Histoire de la symphonie à orchestre^ depuis ses origines jusquà Beethoven inclusivement, — Paris, 1883. D'Indy Vincent, Cours de composition musicale. — Paris. A. Durand. \ Durand E., Traiti de composition musicale. — Paris. Leduc. Lavignac A., La musique et les musiciens. — Paris, 1895. Delagrave. Lobe J. C, Traiti pratique de composition musicale. Traduit de rallemand par G. Sanare. — Leipzig, 1889. Breitkopf und Hàrtel. Bagge S., Die geschichtliche Entvjickelung der Sonate. Bmyk C-, Die Enlwickelung der Klaviermusik von Bach bis Schumann. Helm I-f Die Formen der musikalischen Composition. — Leipzig, 190 1. G. Bòhme. Klauwel Dr. Otto, Die Formen der Instrumentalmusik. — Zurich. NohI Dr. Lndwig. Die geschichtliche Entwickelung der Kam- mermusik. — Braunschweig, 1885. Widmann B., Formenlehre der Instrumentalmusik. — Mer- séburger. 258 APPENDICE BIBLIOGRAFICA Hadow W. H., Sonata P'orm. - London. Novello. Paner E-, Musical Forms. — London. Novello. Peterson F., Pianìst's Handbooky parlo II". —London. Au- gener. Stainer I., ComposUion. — London. Novello. Vedi inoltre, ncW Arte del Clavicembalo {V .\\'\ ^occa, 1901), le pubblicazioni di Cummins, Prout, Colombani, Sincero ecc. Cerqnetelli G., Piccolo manuale per g^li esami di licenza e magistero al corso di Pianoforte, secondo il programma Ministeriale. — Firenze. Venturini. Qandolfi R., Appunti intorno al Pianoforte. — Firenze, 1895. Comettant 0.^ Histoire de Cent mille Pianos. — Paris, 1890. Fischbacher. Suberson G. M., Accordeur et réparateur de Piano, — Paris, 1891 . Encyclopédie Roret. Falkenberg Qt.,' Les Pèdales du Piano. — Paris. Hengel. Kòlher L., Der Clavier-Pedalzuo. — Behr. Knfiferath M*, Traile de la Pedale d'après Buschorzeff. Lavignac A., UÈcote de la Pedale. — Paris, 1889. Mackar. Schmitt H., Das Pedal des Claviers, — Doblinger. Vienna. Junod B., Dello insegnamento del Piano. Traduzione di Mo- Nici A. — Verona, 1889. Tedeschi e figlio. Eschmanil'Damar C, VaJe-mecum du professenr du Piano. — Firenze, 1888. Venturini. Marmontel A., Vade-mecum du professeur du Piano. — Paris. Hengel. Rapin E-, Hìstoire du Piano et des Pianistes. — Lausanne, 1904. Bridel. Fischhofif J-, Geschichte des Klavierspiels. "KxLOTt J., Filhrer durch Klavierunterricht. — Leipzig. Kahnt. Kòthe, Vade-mecum fUr Klavierspieler. — Leipzig, 1880. Molle. Riemann Dr. H., Kalechismus des Klavierspiels. — Leipzig, idem con testo inglese. Londra. Augener. Vedi altresì Oscar Bie, Krebs, Kòhler, Jacquart, Harde- mann, Marmontel, Komeu, Saglia, neW Arie del Clavicembalo, specialmente a pag. 592, e nel Quadro bibliografico a pag. 599 della stessa opera. I ■ ■ ■ « *i!''iÌ!"ai*'y*y'y'y* **M'yy'y'Mi** g **w**y*w* ^^"rwrr^rTTTi INDICE PARTE PRIMA Notizie Generali. Cap. I. • — Le premesse, le scuole, V indirizzo del periodo considerato .... Pcig: 3 IL — Le forme * « é • 27 PARTE SECONDA V Italia. . Cap. I. — Sguardo generale „ 89 „ IL — L'ambiente „ 99 „ IIL — Gli artisti „ 115 Epilogo „ 231 .^.. loo « :r^^ ■'n.% \ '-Vi , ^,'1 '^■y* -^ì ■ ■ -''<■■ j- -, sa ■"'^'ì -*!^ ^''^ :.-.V^' ^'U'N'-'JHH^^^^H^ '"^ f^ 1,^ ^'-''> ' -•■MiBW'iiMH^^WBMi^^^^^M .1 H^l iiiìH^^^^^^^ ■ ' ^ ^^'' M^HIikHIIKtl 3 2044 041 185 1S» ^1 - i'"; /i? V *~ ^1- l''''( >(7 ' , '«~ ?A^ , ^^ Z "^A >--J^'yC' , ~>« .'^>--^^ 'à^' . ÒV- .'^ ' ^ fV/V •VA 'S-''* ^v^ x'< 'VA '5' * -ì^'^ '•< ^^ inaili ■ i r ^ ^ .^'K.' 1^^"^^'' -^ V^" ^*'/K< ( '^' >,^.«Vr-^,,,r v^ >,^.^'|J "♦;,v. - f|?5 >mmm ^''-^ / *- V VI ')" ■ ^V-- / 1^ 1? vi 'J~^^ . ^ .^ '■Si*'/- •7~,r 'j^'fViVi A"- 'fm -5'5 r ^^< j'/- •^, wi i> '1,1 >^-s. ''-J^: ^-■^ \; kf -^li^.---: l^^^r^ ^..-t ^^ ^i'/ 'JT ti ^SISSSd ■^•(J "/- '* ^'/O — - . ' ^^^^^■<^~ A '-, '■'i.^'- k3H ^^■'^V/^V^'V - "■'^^ - . ' '~ ^^H ^^■^ ^>-